L’euro resta debole con il dollaro che arriva a guadagnare il 5,6% negli ultimi tre mesi. Il biglietto verde scommette sulla ripresa dell’economia Usa e su un prossimo rialzo del costo del denaro da parte della Fed spingendo la moneta unica europea attorno ai minimi di seduta a 1,2060 dollari dai 1,2093 degli ultimi scambi di venerdì scorso.
In una giornata condizionata da scambi ridotti per la chiusura dei mercati europei in occasione delle festività pasquali, il mercato sembra voler accantonare il rischio terrorismo e i timori per gli sviluppi della crisi irachena privilegiando il miglioramento del quadro congiunturale statunitense. I segnali di ripresa dell’occupazione lasciano ben sperare sulla crescita dei consumi, che rappresentano il 70% del Pil americano. E, a questo proposito, sono positive le previsioni sull’andamento delle vendite al dettaglio negli Usa (in calendario domani) che a marzo dovrebbero registrare un nuovo incremento con un +0,7%.
L’ottimismo sull’espansione dell’economia a stelle e strisce rafforza l’attesa di una stretta monetaria da parte della Federal Reserve che, anche in vista di un aumento dell’inflazione, potrebbe accorciare i tempi per un ritocco all’insù dei tassi di interesse a tutto vantaggio del dollaro. A suffragare una tale ipotesi è il presidente della Fed di San Francisco, Robert Parry, il quale ieri ha detto che l’inflazione potrebbe salire tra l’1-1,5% nei prossimi sei mesi e che di conseguenza i tassi potrebbero anche arrivare al 3,5%.
Per di più, l’ampliarsi del divario tra la crescita Usa e quella dell’area Euro, induce gli operatori a mettere in conto una riduzione del costo del denaro da parte della Bce nel tentativo di riossigenare i debolissimi consumi interni e sostenere l’export. Quanto allo yen infine, torna a rafforzarsi sul dollaro a 105,8 (da 106,4 di venerdì scorso) dopo il record del surplus delle partite correnti balzate a febbraio a 1,69 trilioni di yen. Rispetto all’euro la divisa nipponica passa di mano a 127,7 (128,6).