George Soros contro George Bush. A colpi di milioni di dollari. Il finanziere di origine ungherese, che negli anni ottanta aveva impegnato le sue enormi risorse per combattere il comunismo nell’Europa dell’Est e per promuovere la democrazia in Asia e in Africa, ha trovato adesso una nuova crociata da combattere. «Sconfiggere il presidente Bush è ora l’obbiettivo centrale della mia vita», ha raccontato ieri il settantaquattrenne Soros al Washington Post, «è una questione di vita o di morte». «Quando sento Bush dire “con noi o contro di noi”, mi ricorda i tedeschi. Le esperienze sotto i nazisti e sotto il dominio sovietico mi hanno reso sensibile», ha aggiunto.
Per rimandare a casa un’amministrazione che considera «un pericolo per il mondo» e colpevole di cercare di diffondere «un’ideologia suprematista», il finanziere ha promesso di utilizzare l’arma più potente che si ritrova in mano, i soldi. 5 milioni di dollari, per l’esattezza, che andranno a MoveOn.org, un’organizzazione di sinistra creata per aggirare i limiti imposti al cosidetto soft money dalla nuova legge McCain-Feingold sul finanziamento ai partiti; e che si aggiungeranno ad altri dieci milioni già promessi al gruppo Act, America Coming Together.
La confessione al quotidiano di Washington, in realtà, non è stata del tutto una sorpresa. Già nelle elezioni passate, infatti, Soros aveva sempre previlegiato i candidati democratici, con la sola eccezione di John McCain nel 2000. I suoi contributi, però, erano sempre stati modesti.
L’estate scorsa, invece , Soros ha invitato nella sua casa di Southampton l’ex capo dello staff della Casa Bianca di Clinton, John Podesta, e un gruppo di altri attivisti democratici per studiare una mobilitazione a favore del partito in diciassette stati. E ha garantito, oltre ai suoi contributi personali, anche quasi 14 milioni promessi da un gruppo di altri finanziatori.
Adesso, per di più, il controverso uomo d’affari ha alzato il tiro, incurante delle polemiche.
«Le politiche dell’amministrazione Bush e dell’amministrazione Sharon contribuiscono alla crescita dell’antisemitismo in Europa», ha denunciato in una rarissima apparizione di fronte a un gruppo di filantropi ebrei riuniti pochi giorni fa all’Harvard Club di New York.
La nuova crociata di Soros, come era prevedibile, non è piaciuta al partito di George Bush.
«E’ paradossale che Soros cerchi di creare una società più aperta servendosi di gruppi non regolamentati che agiscono nell’ombra», ha dicharato Christine Iverson, portavoce del Comitato Nazionale Repubblicano. Che poi ha accusato: «Ha comprato il partito democratico». Altrettanto sospettosi, però, si sono mostrati i gruppi che si battono per una maggiore trasparenza dei fondi elettorali, come Democracy 21.
Per i candidati democratici, che da mesi osservano impotenti la ben oliata macchina elettorale di George Bush intenta a ammassare miliardi, i soldi di George Soros sono invece un graditissimo regalo, che potra’ servire a mobilitare l’elettorato più distaccato e riottoso, e a diffondere l’idea che un cambiamento alla Casa Bianca è possible.
Dopo la clamorosa rinuncia ai fondi pubblici di Howard Dean, anche John Kerry , che ieri ha licenziato bruscamente il manager della sua campagna elettorale, Jim Jordan , sta a quanto pare per seguirne l’esempio. Al posto di Jordan, adesso, ci sarà Mary Beth Cahill, ex collaboratrice di Ted Kennedy: col compito di spostare più a sinistra la travagliata campagna elettorale del senatore del Massachusetts.
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