(WSI) – È in Ossezia il primo cimitero di bambini del nuovo secolo. Di nuovo quelle immagini che sembrano venire dal fondo più oscuro del Novecento, piccoli corpi insanguinati, madri che abbracciano un cadavere, sguardi innocenti che hanno già visto, e per sempre, tutto il male del mondo.
E invece non bisogna cedere alla suggestione della memoria che cerca di dare forme e significati già conosciuti all’orrore. Tutto è nuovo ciò che stiamo vivendo, ciò di cui stiamo morendo, ciò che fatichiamo a comprendere nelle vecchie categorie della nostra cultura politica sfidata nella sua essenza: la normalità civile, la democrazia quotidiana, la semplice libertà, due grattacieli a New York, un treno a Madrid, una scuola a Beslan.
È nuova la sfida di questo terrorismo islamico che si carica in Ossezia di significati ceceni, uccide Quattrocchi e Baldoni in nome dell’Iraq, minaccia la Francia per il velo. Ma ovunque, replica la stessa condanna totale e definitiva al nostro modo di vivere, ad un sistema di regole, di valori e di diritti che chiamiamo Occidente, a ciò che ha saputo vincere i totalitarismi europei: la democrazia.
Guai a non comprendere che questa è la sfida, e dunque è mortale, perché non è minacciato uno Stato ma un mondo con i suoi valori e a causa di questi. E se quel mondo della democrazia si chiama Occidente, guai a non capire che Europa e Stati Uniti sono uniti per sempre, al di là delle singole volontà, nella buona e nella cattiva sorte, come i terroristi dimostrano di sapere più di noi.
Proprio per questo abbiamo il diritto di contestare fino in fondo la scelta unilaterale di George Bush di ridurre l’Occidente ad un sistema di delega, portando la guerra in Iraq con ragioni false e sbagliate, incrementando il terrorismo dopo aver cacciato il dittatore. Ma possiamo farlo soltanto se insieme con gli Usa – invece di lasciarli soli dopo l’11 settembre – ci facciamo carico della sfida islamista, ripudiamo il terrorismo, condividiamo la necessità per le democrazie di difendersi, restando se stesse.
La vicenda francese, in ogni caso, dimostra che l’Europa può aprire un canale di interlocuzione con l’Islam moderato, separandolo dall’Islam più radicale e assassino, per isolarlo e condizionarlo. Tutto questo, senza cedere ai ricatti e senza ambiguità, sapendo che nessuna cultura politica, nessuna furbizia statuale, e tantomeno nessuna connivenza colpevole ci metteranno al riparo.
Questa globalizzazione del terrore – con dieci arabi trovati tra i terroristi ceceni – ci porta comunque al centro della sfida, ognuno di noi, coinvolti per forza in un teatro di morte lontano come l’Ossezia per un’identità storica, civile e culturale comune. Quella che manda i bambini a scuola, riunisce i parlamenti, crede nella democrazia delle istituzioni e dei diritti. Qualcosa a cui non vogliamo rinunciare, e che dobbiamo imparare a difendere.
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