
Tanti tuoni, e poi nemmeno una goccia di pioggia: come al solito. Gli incontri tra Berlusconi e Tremonti alternano bisticci e schiarite. Ieri, che ci si aspettava chissà cosa, invece i due si sono addirittura mostrati a passeggio insieme, la manina di Silvio amorevole sulla spalla di Giulio, una «smentita itinerante» a tutte le voci di discordia.
L’idea pare sia stata del premier, che giura: «Tra noi regna un’assoluta concordia». In privato, ragionando con i suoi, Berlusconi chiarisce: «E’ che non possiamo rinunciare a Tremonti», tanto vale dunque andarci d’accordo. Traguardo non facile perché, accusa il ministro Galan, «quello pensa di essere al centro dell’universo»; «non sa cosa sia la collegialità», rincara il governatore lombardo Formigoni.
Il Cavaliere ci prova ugualmente, insieme tengono un mini-vertice alla Camera cui partecipa Bossi, poi si chiudono in una stanza e discutono dei tagli ai ministeri, Tremonti strappa un sì di massima alle relative tabelle. L’umore del prof, ieri sera, era piuttosto buono. Né gliel’ha guastato la decisione del premier di promuovere sul campo Romani (titolare dello Sviluppo) a collettore delle misure sulla crescita che verranno inglobate nell’apposito decreto. Il ruolo di coordinamento risarcisce Romani dallo «scippo» di Tremonti, che ha dirottato su Carabinieri e Polizia, quanto ricavato dalla vendita delle frequenze tivù.
Lo sviluppo ritarda
Il decreto verrà approvato dopo il 20 ottobre, anziché il 15, perché un giorno non può Tremonti, un altro è impegnato Berlusconi (tutti appuntamenti internazionali), e comunque c’è bisogno di tempo per inquadrare il da farsi. Idea di Romani è di puntare su trequattro grandi filoni, dall’energia alle infrastrutture, dalla internazionalizzazione delle imprese alle telecomunicazioni, anziché collezionare una miriade di micro-interventi dallo scarso effetto mediatico. Parlerà con i ministri interessati, poi riferirà a Tremonti, insieme valuteranno. Ma non c’è da attendersi grandi sorprese.
Berlusconi stesso ne è consapevole: «Il problema per tutti i governi è che non si possono fare le nozze coi fichi secchi», mancano i soldi. E proprio sui soldi, sorride Tremonti, «abbiamo idee diverse…». Dove trovarli? Il Cavaliere ne ha ragionato a pranzo coi fedelissimi. Cicchitto, capogruppo alla Camera, insiste per misure di finanza straordinaria tipo mini-patrimoniale, vendite di beni al sole, riforma delle pensioni, ma soprattutto pronuncia una parola che (dicono) manda in sollucchero Berlusconi: «Condono». Fiscale e pure edilizio. A Palazzo Chigi ci stanno pensando.
L’idea di Bossi
Consiste nel vendere l’oro di Bankitalia, «dentro i caveau c’è ancora pieno di lingotti» non fa che ripetere da giorni. A proposito di via Nazionale: il Senatur insiste per nominare Grilli governatore, «altrimenti c’è il pericolo che lasci l’Italia».
Ai suoi occhi Berlusconi tentenna troppo («provvederò entro il 1 novembre», promette solennemente il premier, sebbene ancora non sappia che pesci prendere e qualcuno gli attribuisca l’intenzione di ripescare Amato). Il leader della Lega torna scettico sulla durata della legislatura, «arrivare al 2013 è obiettivamente complicato», prima si fa la legge elettorale nuova e poi magari si va alle urne… Grande agitazione nel Pdl, dove Scajola sostiene che bisogna «mettere insieme le forze migliori» del Paese e Pisanu ipotizza formule di unità nazionale proprio nel giorno in cui Napolitano commemora Pella e il suo governo di tregua, «utile al Paese».
Berlusconi finge olimpica indifferenza: «Un nuovo governo? Mi fanno ridere, arriva un altro al posto mio ma poi cosa fa?». Gli risponde caustico Prodi: «Qualunque altro governo sarebbe meglio di quello attuale…».
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