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DAVID CONTRO GOOGLE

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(WSI) – In uffici tutti nuovi con una stanza da giochi ancora vuota e abbastanza spazio da potersi permettere di triplicare i dipendenti, ora una trentina, un trio di imprenditori nella Silicon Valley della California è alla guida di Powerset, una start-up internettiana che sa tanto di New Economy. La sua missione? Sfidare e detronizzare Google con un nuovo sistema di ricerca elettronica. «Forse pensano che siamo pazzi, ma nel 2000 si diceva così anche dei fondatori di Google», dice Charles Moldow, partner della Foundation Capital, la società di venture capital che è tra i principali finanziatori di Powerset.

Il sogno di Steve Newcomb, Coo (Chief Operatine Officer) di Powerset è far diventare la sua azienda la prossima Google. O renderla abbastanza appetibile per un altro concorrente, così da farsi comprare e diventare milionario. Non è un ragazzino: ha 37 anni e alle spalle diverse start-up di successo. Lo stesso vale per il Ceo Barney Pell, 38 anni, un passato alla Nasa. Il più giovane è Lorenzo Thione, esperto di computer linguistica, 28 anni, di origini italiane: ha già registrato 13 brevetti. Il loro obiettivo: mettere a punto e lanciare sul mercato entro la fine dell’anno un motore che dia risposte migliori di qualsiasi altro – Google incluso – permettendo agli utenti di fare domande dirette, senza costringerli a usare parole chiave.

Oggi i principali motori di ricerca indicizzano i contenuti Web utilizzando parole chiave, senza avere idea del loro senso e delle relazioni reciproche. Un motore di ricerca basato sul linguaggio naturale, invece, può accettare frasi o domande di senso compiuto. Ci credono gli investitori della Silicon Valley, che hanno visto in questo progetto «The next big thing», una delle prossime grandi novità per Internet. Dopo aver assunto diversi esperti di ricerca e linguaggio naturale, tra cui un ex capo linguista di Ask Jeeves, il motore predecessore di Ask.com, il salto di qualità è arrivato il mese scorso quando Powerset ha stretto un accordo con il Palo Alto Research Center (Parc) della Xerox, che porta un’esperienza di ricerca trentennale nel campo del linguaggio naturale al computer. Powerset ha assunto come Chief technology and scientific officer Ron Kaplan, che era alla guida del team Parc. Oltre alle licenze Powerset detiene anche i brevetti sulla tecnologia. In cambio Parc riceve quote di Powerset e diritti sui guadagni della società. E Powerset finanzia la ricerca del Parc.

«La nuova economia di Internet assomiglia a un sistema planetario in cui tutto orbita intorno alla ricerca in generale, e a Google in particolare», scriveva qualche settimana fa il New York Times. Una cosa è certa: nei centri tecnologici della Silicon Valley è tornato l’ottimismo e sta alimentando un nuovo boom. Il business primario delle start-up è farsi comprare da Google. O anche da Yahoo o da Microsoft. «Google uguale soldi uguale ricerca uguale pubblicità sui motori di ricerca: è questo l’ultimo grande modello di business e tutti vogliono farne parte» dichiara Esther Dyson, nota investitrice e esperta in previsioni sulla Net economy, che ha investito recentemente anche in Powerset.

Google oggi vale 141 miliardi di dollari, ma non occorre essere il numero uno per arrivare a tanto. Quando Larry Page e Sergey Brin hanno cominciato con Google, dominavano altri motori di ricerca: AltaVista, Lycos, Excite. Poi hanno diversificato, si sono distratti. E si sono fatti soffiare il primato. Può accadere a Google. «Amo Google» commenta Dyson. «Ma non è la fine dalla storia».

Da oltre due anni a questa parte, i venture capitalist hanno investito quasi 350 milioni di dollari in un’ottantina di start-up che hanno a che fare con la ricerca su Internet. Molte puntano a farsi comprare da Google, ma il boom attuale permette di sperare che ci siano soldi anche per chi vuol fare di meglio. Powerset non è l’unica. I nuovi motori si chiamano Hakia, ChaCha e Snap e cercano tutti di battere Google nella ricerca. C’è Brainboost, ora parte di Answers.com, basato su una tecnologia simile a quella di Powerset. E Wikia Inc., la start-up di un fondatore di Wikipedia, intende sviluppare un motore che, come la popolare enciclopedia on sul Web, sia costruito da un comunità di utenti e programmatori.

Powerset ha ricevuto 12,5 milioni di dollari in finanziamenti. Hakia, che pure punta sul linguaggio naturale, ha avuto 16 milioni di dollari. Altri 16 sono arrivati a Snap, che si concentra per presentare risultati di ricerca più attraenti e sperimenta un nuovo modello pubblicitario. E ChaCha, che utilizza ricercatori pagati come bibliotecari virtuali per fornire la risposta alle domande degli utenti, ha ricevuto 6,1 milioni di dollari e conta fra i suoi finanziatori Amazon, che investe anche in Wikia.

In realtà gli esiti finora non sono stati positivi: A9, il motore di ricerca lanciato da Amazon due anni fa dallo specialista Udi Manber, per quanto innovativo, malgrado l’iniziale successo ha catturato una quota minima di mercato. E ora Manber lavora per Google, dove è diventato vice-presidente dell’ingegneria. Ma questo non impedisce ai nuovi fondatori di motori di ricerca di sognare. Il sogno americano, nella Silicon Valley, non muore mai.

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