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DATE RETTA, QUESTO PAPA
CI SORPRENDERA’

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Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Dopo un nemico del comunismo, un disertore del nazismo. Dopo un continuatore nel nome dei predecessori ma innovatore senza precedenti, un innovatore nel nome ma che del predecessore estenderà fermezza ed energia. Diranno che ha scelto il nome Benedetto perché l’ultimo era il nemico dell’ «inutile strage», e anche Benedetto XVI non si è smarcato un millimetro dalla dura condanna della guerra in Iraq pronunciata da Wojtyla.

Ma chi del nuovo Pontefice conosce l’opera sa che è al Codex juris canonicis emanato nel 1917 che va il suo omaggio, con la formula che indica il primato dell’infallibilità definita dogmaticamnente nel 1870 dal Vaticano I. Diranno che è un papa eletto per la guerra contro il mondo. Come l’altro Benedetto fu eletto mentre i tedeschi entravano a Bruxelles nel 1914 così la sua guerra, scriveranno oggi, è quella contro gli -ismi secolari che «sballottano la piccola barca del pensiero di molti cristiani», come ha detto in quei due testi straordinari che sono le riflessioni sulla via crucis della settimana santa e l’omelia funebre per Wojtyla. A bassa voce dico: evitiamo la trappola.

Guardiamoci dai riflessi condizionati di decenni di polemica laicista nei confronti dell’ex prefetto della congregazione per la dottrina della fede. E’ vero, è il custode dell’ortodossia che nel 1986 non presenziò al primo grande incontro interconfessionale ad Assisi voluto da Wojtyla. Lo spinse ad aggiustare il tiro con la Redemptoris Missio, in cui si levava alta la condanna contro l’indifferentismo.

Nel 1996, in Messico, con la sua condanna del relativismo interreligioso pone lo spartiacque della ruggine che il progressismo alimenta nei suoi confronti, e della svolta rigorista, del procedimento contro il gesuita “del pluralismo religioso” Dupuis, delle scomuniche di religiosi “indifferentisti” come Tissa Balasuriya cingalese e il gesuita indiano Anthony de Mello.

Fino alla Dominus Jesus del 2000, la dichiarazione con la quale Giovanni Paolo II gli dà completa soddisfazione riaffermando in maniera incontrastata la Chiesa come custode della Rivelazione e la condanna ferma di ogni concordismo. Quel documento suscita le critiche di prelati come Kasper e Lehman, del cardinale Cassidy presidente del Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Parlerà alle menti. Ma Ratzinger tornerà ad Assisi nel 2002 per un meeting simile a quello del 1986 col papa. Come il predecessore, considera i movimenti come le sentinelle nell’Occidente scristianizzato contro lo smantellamento di strutture di fede bimillenarie. Lo vedrete quest’estate alle giornate della gioventù in Germania, di che carisma straordinario sarà capace. Ma chi ne teme l’integralismo ha un’idea della Chiesa da pret a porter.

Benedetto XVI su temi come la povertà, il mercato, la globalizzazione e i poveri del mondo nutre convinzioni sconosciute a chi le cerca solo nei documenti sulla liturgia, ma ancor più vibranti di condanna verso il materialismo e lo sfruttamento umano del suo predecessore. La sua lettera sulla donna del 2004 non piacque molto alle femministe.

Ma prima di condannarlo senza conoscerlo, ricordate che Ratzinger ha scritto nella sua “Introduzione al cristianesimo” che «la dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand’anche fosse nato da un normale matrimonio umano. Perché la filiazione divina di cui parla la fede è un fatto ontologico, non biologico». Non è solo un Papa dell’eskaton e della parusìa negata extra ecclesiam, Benedetto XVI. Chi fonda la fede sull’abolizione della distinzione biologica parla al futuro più di quanto vi diranno in tanti, oggi. Anche se non ci farà sconti, parlerà alle nostre menti di credenti e non credenti, non solo ai nostri cuori per chi crede.

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HABEMUS. IL CONCLAVE FINISCE IN QUATTRO FUMATE, IL NUOVO PONTEFICE SCEGLIE IL NOME DEL PATRONO D’EUROPA

Benedetto sia Ratzinger, il panzer-papa
Una vittoria costruita nella via crucis in un crescendo di geometrica potenza

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(WSI) – Sono trascorsi tre quarti d’ora tra la fumata bianca e l’annuncio che il nuovo papa è Joseph Ratzinger. Per eleggerlo sono bastate quattro votazioni, solo Pio XII nel 1939 fu scelto con maggiore rapidità. Ma la candidatura è stata costruita in un crescendo impressionante e per certi versi inedito, si potrebbe dire sotto gli occhi del mondo prima e più ancora che sotto gli affreschi della cappella Sistina.

L’ultima, dolorosa fase della lunga malattia di Giovanni Paolo II, aveva visto protagonista il suo braccio destro, l’uomo che Wojtyla aveva chiamato accanto a sé avendolo conosciuto durante il concilio Vaticano II e al quale aveva affidato l’arduo ruolo di capo del sant’Uffizio, poi nominato Congregazione per la dottrina della fede. Il teologo tedesco avrebbe mostrato presto di che stoffa era fatto.

Nel 1984 aveva rotto lo storico silenzio del «santo inquisitore» per pubblicare un libro intervista con Vittorio Messori, intitolato Rapporto sulla fede, vero breviario della sua dottrina. Per la Chiesa progressista sancì la fine dell’era conciliare e venne definito un «manifesto della reazione». Quei temi sono tornati con forza icastica a vent’anni di distanza. Ratzinger ha dato il tono della settimana santa, la prima senza il papa. Con parole apocalittiche si è scagliato contro il male e contro «la sporcizia della Chiesa».

C’era in esse l’emozione di chi stava vivendo gli ultimi giorni di Wojtyla, ma anche la lucida enunciazione di un’agenda per il prossimo pontefice. Da allora in poi è stata una escalation di presenza fisica e di immagine simbolica, grazie al ruolo di cardinale decano.
Ratzinger ha guidato tutti i riti (la morte, i funerali, l’apertura del concilio) con maestria e determinazione.

L’ultimo clamoroso messaggio l’ha lanciato lunedì con l’omelia alla messa «per l’elezione del romano pontefice», vero e proprio manifesto di una battaglia «contro il relativismo», in realtà contro il secolarismo. Ha riproposto l’immagine di una Chiesa assediata da eserciti del male. Ha evocato le paure. Mentre una delle frasi più ricorrenti di Wojtyla era «non abbiate paura».

Alla prima seduta del conclave si è presentato con un pacchetto di voti (si dice una cinquantina) che non bastava certo a eleggerlo, ma creava una prima massa critica. E non era certo il cardinal Martini, anche se altrettanto potente sul piano intellettuale, l’uomo che avrebbe potuto batterlo. Ciò ha convinto cardinali che, con poche eccezioni, non avevano mai partecipato a un concilio e che, senza dubbio, non potevano negare il fascino e la forza di Ratzinger.

Con in più un’altra considerazione: a 78 anni, con problemi di cuore, può essere considerato un papa di transizione. Una scelta che molti considerano meno impegnativa (in mancanza di unità sugli uomini e sull’agenda della Chiesa) rispetto ad altre. O non conoscono bene il teologo tedesco o si illudono. Perché Benedetto XVI lascerà non una traccia, ma un solco. Lo vedremo già domenica all’insediamento e nella prima messa del pontificato.

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