La crescita dell’inflazione nell’Eurozona deve essere monitorata attentamente e i banchieri centrali di tutto il mondo devono assicurarsi che i rialzi dei prezzi alimentari ed energetici non prendano possesso dell’economia globale. Parola del numero uno della Bce, Jean Claude Trichet che, qualche giorno prima dell’apertura dei lavori del World Economic Forum che si svolgerà questa settimana a Davos, in Svizzera, ha rilasciato un’intervista al Wall Street Journal.
L’allarme di Trichet arriva in un momento in cui, a partire dalla Cina e dal Brasile, lo spettro dell’inflazione torna a essere temuto pressoché ovunque: e a livello globale i timori sono giustificati proprio da queste due economie, che con la richiesta continua di risorse di base, hanno scatenato il trend rialzista dei prezzi materie prime.
Trichet sottolinea di conseguenza che “tutte le banche centrali, in periodi come questo, caratterizzati da minacce inflazionistiche che provengono dalle commodities…devono essere certe che non ci siano effetti di second round” sui prezzi domestici.
Di fatto le parole di Trichet arrivano in un momento in cui l’inflazione dell’Eurozona, lo scorso mese in particolare, ha registrato un balzo al 2,2%, attestandosi per la prima volta in più di due anni al di sopra del target di inflazione stabilito dalla Bce, che è pari ad un valore appena inferiore al 2%. E quel che è peggio è che alcuni economisti ritengono che l’inflazione arriverà a superare anche il 2,5% nell’arco dei prossimi due mesi.
Trichet non è rassicurato inoltre dal fatto che l’inflazione core, ovvero il tasso di inflazione depurato dalle componenti dei prezzi energetici e alimentari, rimanga in Europa ancora contenuta all’1,1%. (dato sempre di dicembre).
Se “negli Stati Uniti – ha precisato, infatti – la Fed considera l’inflazione core un elemento capace di prevedere bene l’andamento futuro dell’inflazione, nell’Eurozona, l’andamento dell’inflazione core non è necessariamente un buon elemento di predizione”.
Con queste parole Trichet non fa altro che portare il mercato a scommettere sull’arrivo, prima o poi, dell’adozione di una politica monetaria restrittiva. Ma in un momento in cui l’economia europea non versa certo in buone condizioni, è proprio il caso di alzare i tassi di rifinanziamento?
In una intervista a Class Cnbc Gianmarco Salcioli, responsabile cambi per la clientela istituzionale italiana di Citigroup, ammette che effettivamente questo è un bel dilemma, a cui è difficile trovare una risposta, visto il binomio di bassa crescita, sì, ma anche di rialzo delle spinte inflattive. Ma è vero che “alcuni paesi dell’Eurozona, come la Germania, potrebbero permettersi un rialzo dei tassi, mentre altri non ancora”.
Detto questo, soltanto le aspettative hanno “fatto già alzare i tassi di mercato, e forse questi rialzi sono troppo ottimistici e dovrebbero essere rivisti al ribasso”, precisa Salcioli.
L’analista non manca poi di affrontare l’argomento Fed, che sarà al centro dei riflettori questa settimana con la riunione del Fomc di mercoledì.