(WSI) – L’uscita da Mentana dal Tg5 assomiglia tanto al granello che sblocca un ingranaggio enorme, e non solo per il giro di poltrone nelle direzione dei giornali e dei tg. Apparentemente dentro Mediaset non è cambiato granché, lo ribadiscono in azienda e ci crede il mercato, che non ha reagito all’uscita di Mentana. Però è indubbio che un’era si chiude anche dal punto di vista finanziario.
Tornano sotto i riflettori i destini di Mediaset, con il Berlusconi-imprenditore chiamato a sfogliare la margherita sul futuro del suo impero e delle sue partecipazioni.
Lasciare la tv significherebbe considerare l’ipotesi che ci sia una terza fase nella vita del premier, fuori dalla politica: la Fininvest diventerebbe così una holding differenziata con interessi in molti settori e il suo azionista sarebbe chiamato a ricoprire un ruolo di perno nel sistema capitalistico finalmente in grado di realizzare i sogni proibiti – forse dimenticati – che nutriva da imprenditore. Un ruolo simile a quello dell’Avvocato, per intenderci.
Scenari futuribili e accattivanti, più concreti sono i dossier su un’imminente vendita di Mediaset e su questo fronte i lavori non si erano certo interrotti. La considerazione che fanno tutti è che vendere ora significherebbe spuntare una valutazione altissima. E se i figli di Berlusconi dovessero cedere all’idea l’affare sarebbe praticamente fatto. I piani commissionati e proposti dalle banche d’affari ci sono e considerano diverse possibilità: vendita a Murdoch attraverso l’uscita definitiva della famiglia dal business della televisione, disimpegno soft attraverso la liquidazione di pacchetti consistenti.
Quest’ultima ipotesi si ricollega con altre voci legate alla questione famigliare del premier con Veronica Lario, decisa a veder garantiti i diritti dei sui figli. Proprio un pacchetto 10-15% di Mediaset sarebbe la contropartita individuata mesi fa. Ma soprattutto c’è il capitolo su come utilizzare la liquidità derivante dalla vendita. E da qui potrebbe venir fuori anche la soluzione all’altro grande ostacolo che finora ha impedito al cavaliere di abbandonare le tv: l’opposizione dei figli maggiori.
Proprio Marina potrebbe essere allettata da una Fininvest con tante liquidità che possa diventare il braccio operativo del nuovo baricentro del capitalismo italiano. E per Silvio Berlusconi, si aprirebbe il ruolo di nuova guida, culturale e carismatica della finanza italiana. Come appunto succedeva all’Avvocato, primus inter pares, nei grandi salotti negli anni ’80 e ’90 come Mediobanca e Rizzoli.
Un riconoscimento tra l’altro che da imprenditore non ha mai avuto, quando appunto era tenuto ai margini dell’establishment e fu respinto con perdite quando osò accarezzare l’idea di entrare nel capitale delle Generali, il tesoro meglio custodito dai poteri forti. E per mantenere il parallelo con la dinastia Agnelli, il punto più importante del processo di differenziazione operato attraverso la Ifil fu proprio la privatizzazione di Telecom. Il progetto, mal gestito da Umberto Agnelli, fu scombinato dall’intraprendenza di Roberto Colaninno e della Razza Padana.
Ora proprio Telecom – con la Fininvest pronta ad affiancare Tronchetti e Benetton in Olimpia o a comprare direttamente una quota dell’ex monopolista – è l’obiettivo più nominato da chi racconta i progetti del premier.
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