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CRONACHE DELLA DELOCALIZZAZIONE

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(WSI) – Uno degli aspetti più evidenti della globalizzazione dei mercati è il processo di delocalizzazione delle industrie, che tendono a spostare i centri produttivi dove il costo del lavoro o il carico fiscale sono minori. In Germania, dove questo fenomeno ha investito soprattutto l’industria automobilistica, si è assistito a una serie di contrattazioni sindacali che, in cambio del mantenimento della produzione nelle sedi tradizionali, hanno ridotto retribuzioni e benefici accessori. L’ultimo caso è quello della Opel, del gruppo General Motors, che minaccia di spostarsi in Polonia. Il sindacato ha controproposto una diluizione nel tempo della riduzione di dieci mila addetti e buste paga alleggerite fino al 15 per cento. L’azienda di Detroit si è riservata di decidere se accettare il patto.

La delocalizzazione assume anche altre forme, fino a pochi anni fa inimmaginabili, come la cessione da parte della Ibm del settore dei personal computer a una compagnia cinese. Non è il primo marchio storico americano a finire in mani cinesi: anche la Rca ha da tempo gli occhi a mandorla. Quello che è interessante notare è l’atteggiamento diverso in Europa e in America. Negli Usa, che già negli anni ‘70 fronteggiarono l’espansionismo industriale giapponese, si punta a spostare le produzioni domestiche su settori a più alta tecnologia. In Europa si difendono con le unghie le catene di montaggio, in cui cresce l’impiego di mano d’opera d’immigrazione, mentre si investe pochissimo nei settori più avanzati, dove potrebbero trovare lavoro i giovani europei con una maggiore formazione scolastica.

L’idea che resta prevalente è che contrastando la delocalizzazione si difende l’occupazione, anche a costo di ridurre i redditi, come in Germania, o di perdere competitività industriale come in Italia. A ben vedere però le cose non stanno proprio così. Le imprese che hanno praticato la delocalizzazione degli impianti produttivi sono quelle che hanno poi assunto più personale qualificato in patria, anche in Italia, secondo uno studio del Formez, presentato, ma sarà un caso, a Torino.

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