(Teleborsa) – “Il calo di fiducia non è il solo segnale negativo – sottolinea Marco Venturi Presidente Confesercenti – in quanto ad esso si aggiunge il fatto che la gran parte degli italiani non crede che la crescita nel 2011 sarà significativa e vigorosa.Si deve elevare la qualità del confronto politico e sociale se non vogliamo sprecare altri preziosi mesi: Confesercenti ha proposto cinque mosse per rilanciare lo sviluppo: taglio coraggioso delle spese, meno pressione fiscale, investire in infrastrutture, autonomia energetica, lotta alla criminalità.Va usata in particolare la leva fiscale: si parla di aumenti consistenti delle addizionali per l’anno prossimo, mentre chiedono che essi vengano bloccati se non si vuole provocare una nuova gelata dell’economia e dei consumi.Si taglino altri sprechi e spese inutili piuttosto. Così come in attesa della riforma fiscale servono segnali immediati entro l’anno che riducano il peso delle imposte nei confronti di imprese, lavoro dipendente e pensioni”. Preoccupazione per la crisi. Scende lentamente grazie sopratutto al giudizio degli elettori di centro e centro destra.Scende molto lentamente la preoccupazione degli italiani per la crisi economica, ma scende. Dopo il picco dell’88% di persone che a maggio negavano che il peggio era passato ora si è giunti all’80% del campione. E dall’insieme dei dati raccolti si comprende che secondo gli italiani il culmine delle difficoltà è stato toccato proprio nella primavera del 2010. Ora l’allarme scende, gradino dopo gradino, e si riduce soprattutto grazie alla percezione degli elettori di centro (dal 95% di maggio 2010 al 73% di settembre) e di centrodestra (dall’84% al 74%). Naviga invece ancora al 91% il pessimismo degli elettori di sinistra e di centrosinistra. Un po’ più ottimisti anche gli “apolitici” che passano da un tetto negativo del 91% all’82%. Del resto che il disagio sociale sia consistente lo dimostra anche la risposta che chiama in causa la preoccupazione per la situazione economica italiana: il 93% resta molto o abbastanza preoccupato. Lo sono soprattutto gli abitanti del centro (94%) e del sud (95%) In leggero calo invece le percentuali al nord ovest (dal 92% al 91%) e al nord est (dal 94% al 90%). Ma se si va a guardare la situazione delle realtà regionali più prossime alla vita quotidiana della gente scopriamo che nel nord-ovest la preoccupazione sale dal 78% all’87% e, fatto sorprendente, nel nord est dal 76% all’86%. Un segnale di forte inquietudine nelle aree più sviluppate del Paese che, probabilmente, è legato alla durata della crisi che mette a dura prova imprese e famiglie ed alle incertezze sul futuro. Migliora il giudizio sulle prospettive. L’attesa è per il 2011. Un lembo di sereno invece si apre quando si affronta il tema delle prospettive. Le speranze si concentrano sul 2011. Per il 56% del campione la situazione economica sarà positiva. In minoranza questa volta i pessimisti che si attestano al 42% fra i quali coloro che vedono proprio nero sono il 20%. Solo il nord ovest resiste alla suggestione di un futuro migliore (le attese positive scendono dal 44% al 40%). Il nord est vede un balzo di 10 punti (dal 37% al 47%) mentre centro e sud segnalano un +7%. Anche il lavoro, apprensione quotidiana per tante famiglie, registra comunque qualche mutamento positivo nelle attese: la perdita del lavoro attestata al 16% è comunque inferiore di 2 punti rispetto a maggio 2010. Migliore anche il dato della cassa integrazione che “indietreggia” di tre punti percentuali dal 14% all’11%. Ma una famiglia su 5 rimane direttamente coinvolta dalla crisi anche se in termini percentuali si passa dal 23% di maggio al 21% di settembre. Fatto singolare è che il numero delle famiglie coinvolte dalla crisi diminuisce in tutte le aree geografiche del Paese tranne che al Centro. E questo coinvolgimento si attenua in particolare nei grandi comuni. Il lavoro resta la priorità da affrontare Quanto sono preoccupati gli italiani per il loro posto di lavoro? Il 61% si dichiara molto o abbastanza preoccupato. Cresce leggermente in particolare il numero di coloro che si dicono molto allarmati (dal 28 al 31%). Un’ansietà che tormenta soprattutto imprenditori, dirigenti e liberi professionisti ma anche quel lavoro dipendente dalla basse qualifiche. Paradossalmente però sono i diplomati e laureati a dormire sonni meno tranquilli di coloro che hanno conseguito solo la licenza elementare o media. E naturalmente in prima fila fra coloro che mostrano preoccupazione ci sono i giovani fra i 18 e i 34 anni, mentre finisce pari il confronto fra uomini e donne. Altra singolarità si nota nella distruzione della preoccupazione più alta per aree geografiche: in questo caso sale di ben 11 punti nel nord est (dal 21% di maggio al 32% di settembre 2010) mentre ad esempio nel sud sale solo di un punto (dal 36 al 37%). La famiglia. Grandi preoccupazioni per l’oggi, meno per il domani.Resta ancora alto anche il livello di preoccupazione per la situazione familiare: era al 71% nell’ottobre 2009, tocca poi il 72% a maggio 2010 ed ora sale ancora di un gradino a settembre al 73%. Se però si invita a guardare oltre il 2010 lo scenario si tinge di speranza: il 67% si aspetta una situazione positiva per i bilanci familiari ed in particolare chi spera in un netto miglioramento tocca il 30%.