Società

Crisi politica in mano a Napolitano. Tutti i partiti convocati al Quirinale

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla fine si muove, convocando al Quirinale un vertice formale di emergenza con i capigruppo di tutti i partiti politici presenti in Parlamento. Non era mai successo prima, nella storia della Repubblica Italiana. Una convocazione dei partiti al Colle, modalita’ da crisi di governo.

Come WSI sostiene da mesi, per evitare il totale collasso economico, politico e sociale dell’Italia – in accelerazione per fattori concomitanti e recenti come il tentato golpe di PdL e Lega sul processo breve, la pessima politica estera di Roma in Libia, il mediocre show da piazzista/ottimista del premier a Lampedusa, di fronte alla tragedia dei migranti dal nord Africa – realisticamente il paese non ha altra soluzione se non quella di mandare a casa questi mascalzoni (ma quale Casta? una gang indegna…) che siedono al Parlamento e al governo curando i loro sporchi interessi.

In che modo? Dopo aver compiuto nei prossimi due giorni il suo sondaggio con i capigruppo dei partiti Napolitano dovrebbe trovare il coraggio umano e politico di sparigliare la scena e girare pagina. Per non lasciar logorare il paese dovrebbe prendere atto della profondissima crisi istituzionale dando l’incarico ad un governo “tecnico” di emergenza nazionale (un “commissario straordinario” ci vorrebbe) che porti a elezioni politiche entro sei mesi, dopo aver cambiato in fretta e furia la legge elettorale. Il tutto sarebbe piu’ facile se l’opposizione trovasse un minimo di decenza annunciando le dimissioni coordinate e in blocco di tutti i parlamentari di Pd, Sel, Idv piu’ il Terzo Polo. Ma figurarsi se quelli si schiodano. (l.c.)

Per evitare il declassamento e l’espulsione dall’Europa e’ l’ora di uno shock istituzionale. L’opinione del direttore di WSI Luca Ciarrocca.

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Stralci dell’Opinione di Luca Ciarrocca

“L’opposizione deve salire sull’Aventino. Senza alcun riferimento all’episodio storico che non si concluse bene, e’ la metafora che qui conta: uscire dal Parlamento in blocco, tutti, non rientrare piu’, stoppare i lavori di Camera e Senato, creare un terremoto istituzionale, tracciare questa linea nella sabbia”.(…)

“L’opposizione deve puntare ad un atto veramente rivoluzionario, nei limiti consentiti dalle leggi di un paese democratico, un’azione politica estremamente forte, dirompente. A quel punto il Quirinale dovrebbe finalmente prendere atto della degenerazione del quadro politico, facendo scattare, al momento opportuno, la previsione dell’articolo 88 della Costituzione, e quindi lo scioglimento anticipato delle Camere”.(…)

“Se l’intera opposizione uscisse in questa legislatura dal Parlamento, se PD, Idv, Sel, Casini e Terzo Polo si ritirassero sull’Aventino affinche’ il plateale conflitto di interessi del premier in stile Zimbawe finisca sotto gli occhi del mondo civile, allora qualcosa di cui storicamente si sente il bisogno potrebbe davvero accadere. E’ utopistico tutto cio’? Esatto. Ma e’ proprio quel di cui c’e’ urgenza in Italia. E detto da un sito di Economia letto da tutta la comunita’ di business, e’ il colmo”. (…)

“L’Italia fa parte dell’Unione Europea e il ritiro di una fetta pari a circa il 50% dei parlamentari dal corpo legislativo della Repubblica Italiana sarebbe un evento cosi’ clamoroso e sconvolgente da attirare finalmente l’attenzione dell’Europa e dei nostri alleati: le enormi anomalie messe in atto dall’attuale potere esecutivo e dalla peggiore maggioranza di governo della storia italiana, diventerebbero di nuovo centrali. Si parlerebbe allora di politica e non soltanto del vecchio e ricco presidente del consiglio malato di sesso e di potere”. (…)

“Lo scioglimento delle Camere potrebbe pero’ avvenire in un secondo momento. (…) una strategia politica di puro buon senso suggerirebbe di costituire con l’avallo del Presidente della Repubblica un piano di emergenza, una sorta di Grande Coalizione Nazionale, che comprenda tutti i gruppi politici interessati al ripristino della grammatica democratica elementare, a partire dalla destra intendiamoci, quegli esponenti ancora sani nelle file del PdL al governo e al Parlamento”. (…)

“Il primo passo obbligato che dovrebbe precedere lo scioglimento delle Camere è il cambio della legge elettorale definita “porcata” dai suoi stessi autori, che consenta agli italiani di tornare ad esprimere le preferenze e impedisca a chi vince di avere una schiacciante maggioranza in Parlamento anche se rappresenta a stento un italiano su quattro (è il caso del Popolo della Libertà) magari con un uninominale a doppio turno di ballottaggio. Un governo di emergenza a tempo per riportare a una corretta dialettica le regole del gioco e per spersonalizzare la lotta politica, ridare dignita’ e decoro al discorso pubblico e ovviamente affrontare la crisi dell’economia e quella, in arrivo, del debito pubblico italiano”. (…)

Wall Street Italia che e’ molto “tecnocratica” e parla a una fascia di persone competenti e piu’ “attrezzate” della media, propone una soluzione poco popolare nel paese reale degli ideologizzati e politicizzati (sia a destra che a sinistra) e cioe’ un esecutivo tecnico di emergenza nazionale, un “governo di guerra” per evitare la guerra civile di due fazioni che si odiano, un esecutivo guidato da un tecnico illuminato o da un politico moderato (i nomi in concreto possibili sono pochi). (…) Il Presidente della Repubblica, come dice la Costituzione, tra le sue prerogative puo’ dare l’incarico ad un altro premier presentando un nuovo programma al Parlamento senza che si parli di golpe, come sostengono i piu’ faziosi fan del cavaliere. Dopo, verranno sciolte le Camere e si tornera’ a votare”. (…) Leggi tutto l’articolo del direttore di WSI Luca Ciarrocca.

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I timori di Napolitano: “Così non si va avanti”

Convoca i capigruppo per lanciare l’allarme: e c’è chi paventa lo scioglimento delle Camere

di PAOLO PASSARINI – La Stampa

Per Giorgio Napolitano «è chiaro che non si può andare avanti così». Il Presidente della Repubblica lo ha detto apertamente ai capigruppo parlamentari convocati ieri al Quirinale con un’urgenza che denota la sua «estrema preoccupazione» per quella che considera una vera e propria «crisi politico-parlamentare». Ne consegue, per lui, la necessità di ricordare a tutti quanto fece già presente in una nota di meno di due mesi fa, e cioè che, se non cambiano le cose, «la stessa continuità della legislatura è a rischio».

Appena rientrato dal suo viaggio negli Usa, dove aveva spiegato agli studenti della New York University i guasti provocati dal clima di permanente «guerriglia politica» dominante in Italia, Napolitano ha avuto soltanto poche ore di sonno prima di trovarsi tra le mani i giornali italiani con i resoconti delle intemperanze parlamentari del ministro Ignazio La Russa, con tutto quello che gli è girato intorno. Atteso da un’agenda indifferente al suo «jet lag» (la visita a una mostra patriottica al Vittoriano nel pomeriggio e un concerto in serata), Napolitano è stato colto da un misto di indignazione e sgomento quando, sul finire della mattinata, è stato informato dei nuovi disordini nell’aula di Montecitorio, con tanto di lanci di oggetti cartacei da parte di membri del governo.

«Siamo in una situazione difficile di politica estera – è sbottato con un collaboratore – c’è l’allarme immigrazione, si aggrava lo scontro sulla giustizia e l’aula di Montecitorio sa solo dare spettacolo». «Uno spettacolo – ha subito aggiunto con amarezza – a cui non si può più assistere». La situazione è grave, ai cittadini si richiede un grande sforzo di coesione, e la classe dirigente della Repubblicaèattivamenteimpegnata in uno sforzo di autodelegittimazione. Inaccettabile, non solo per la «forma», ma anche, e soprattutto, «per la sostanza». E la sostanza è che siamo nel pieno di una paralisi dell’organo più importante della Repubblica, il Parlamento, che si configura, appunto, come una «crisi politico-istituzionale». Della forma si possono occupare gli organi preposti a far osservare la disciplina parlamentare. Sulla sostanza, il garante della Costituzione deve intervenire.

E così, già a tarda mattinata, Napolitano ha fatto disdire la sua partecipazione al concerto della serata e ha dato disposizioni perché venissero convocati al Quirinale tutti i capigruppo parlamentari. Un gesto eccezionale: di fatto consultazioni di tutto l’arco parlamentare come quando c’è una crisi di governo, anche se i collaboratori del Presidente respingono questo termine.

Se l’ufficio-stampa del Quirinale avevailcompito di buttare acqua sul fuoco, spiegando che il Presidente, appena rientrato dall’estero, intendeva soltanto svolgere «una ricognizione a tutto campo» di quanto era successo e che ogni valutazione era rinviata «alla fine di questa ricognizione», i rappresentanti di Pdl, Pd e Udc, ricevuti nel tardo pomeriggio (gli altri seguiranno questa mattina) hanno incontrato un Napolitano agitato come non lo avevano mai visto.

A Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri (Pdl), a Dario Franceschini e Anna Finocchiaro (Pd) e a Gianpiero D’Alia e Pier Ferdinando Casini dell’Udc il Presidente non ha taciuto nessuna delle sue considerazioni sullo «spettacolo» e sulla gravità della situazione. Lo stesso farà questa mattina coi rappresentanti della Lega, dell’Idv e degli altri gruppi minori, non nascondendo a nessuno che, in una situazione di paralisi parlamentare e crisi istituzionale, l’articolo 88 della Costituzione gli impone di considerare l’ipotesi di uno scioglimento delle Camere. Quando, il 12 febbraio scorso, prendendo a pretesto la necessità di correggere il resoconto di un giornale sul suo incontro del giorno prima con Silvio Berlusconi a proposito della vicenda Ruby, aveva prospettato le necessità di interrompere una legislatura diventata improduttiva, qualcuno scrisse che Napolitano aveva dato a Berlusconi un mese di tempo per tentare di riaggiustare la sua maggioranza e riportare la situazione alla normalità. Adesso di mesi ne sono passati quasi due e, a dispetto delle tante emergenze, aumentano la conflittualità e la paralisi.

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IL RETROSCENA

L’ira del Cavaliere sul Colle. “Non mi butteranno giù”

Il premier sospetta di Napolitano e sfida Luca Cordero: “Qualcuno spera a nuove idi di marzo anche se siamo già ad aprile”

di FRANCESCO BEI – La Repubblica

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

SI ADDENSANO nuvole nere sopra Palazzo Grazioli. Non ci fossero a sufficienza problemi, dalla guerra in Libia allo «tsunami umano» dalla Tunisia, è dal fronte interno che il Cavaliere vede arrivare i nemici più insidiosi per il suo governo. L´ultimo è Luca Cordero di Montezemolo, che ai suoi confida di aver rotto gli indugi e di essere pronto «a scendere in campo non appena il campo ci sarà: alle prossime elezioni politiche». Insomma, Silvio Berlusconi si sente di nuovo accerchiato.

“Sono i soliti rumori di fondo – minimizza il sottosegretario Andrea Augello, che ieri lo è andato a trovare – ma, se evitiamo di farci male da soli, andrà tutto bene”. E tuttavia al premier non è affatto piaciuta l’iniziativa di Napolitano di convocare per chiarimenti al Quirinale tutti i capigruppo di Camera e Senato, “dando così l’impressione che fossimo vicini a una crisi di governo”. Rivelatrice la battuta pronunciata dal Cavaliere nel corso di uno dei numerosi incontri di ieri a via del Plebiscito: “Anche se siamo già ad aprile questi sperano di nuovo nelle idi di marzo”. Poi, come a esorcizzare il pericolo mortale, buttandola a ridere: “Si illudono se sperano di farmi fuori. Più insistono e più vado avanti con il bunga bunga”.

Eppure il ghiaccio su cui il Cavaliere sta pattinando si fa sempre più sottile. Lo dimostra proprio la procedura eccezionale messa in atto dal capo dello Stato appena sbarcato da New York. Delle consultazioni informali durante le quali tutti i “convocati” hanno confermato al Presidente le incognite e i dubbi che serpeggiano sulla durata della legislatura. Non c’è solo Montezemolo infatti. Anche Pier Ferdinando Casini è tornato a parlare di elezioni anticipate e di “un governo diverso, per cui è necessario uno sforzo di unità nazionale”. E anche se al momento non si vedono i segnali di una crisi imminente, il caos che regna in Parlamento costituisce il brodo di coltura perfetto per ogni tipo di soluzione. Non a caso a uno dei capigruppo ricevuti al Quirinale, Napolitano ha consegnato una frase sibillina, che suona come un ammonimento: vediamo cosa combinano la prossima settimana.

Per questo il Cavaliere ha iniziato a studiare le contromisure. Anzitutto “l’imperativo categorico” è pacificare il partito di maggioranza, dilaniato dalla guerra tra ex forzisti ed ex-aenne. Come dice Gaetano Quagliariello, “dobbiamo imporre una “no-FLI-zone” e non imitare dinamiche rivelatesi fallimentari”. Un rimprovero rivolto anzitutto a Claudio Scajola, tentato da una scissione in chiave azzurra. Ma è sulle amministrative di maggio che Berlusconi cerca la sua rivincita e prova a costruire quel pilastro su cui poggiare i prossimi 24 mesi di legislatura. “Ci basta strappare alla sinistra qualche città – ha spiegato il premier – per poter dire che abbiamo vinto. Così vanificheremo qualsiasi tentativo di ribaltone. In giro per il mondo, dal Canada alla Francia, per non parlare del disastro della Merkel, chi sta al governo perde le elezioni. Noi invece le vinceremo”. A quel punto, prosegue il ragionamento, “nessuno potrà più aprire bocca, dovranno tutti rassegnarsi al fatto che il governo andrà avanti fino alla fine”. Per Berlusconi infatti scavallare maggio significa già proiettarsi nel 2012 e, a quel punto, non ci saranno più ostacoli fino alla scadenza naturale della legislatura. “Ma – è il suo timore – se invece le amministrative vanno male, allora proveranno ancora a farmi fuori”.

Intanto, già dalla prossima settimana, i reclutatori del Pdl prevedono altri 2 o 3 arrivi in maggioranza. “Se arriviamo a 330 voti alla Camera – ragiona una delle teste d’uovo di palazzo Grazioli – voglio proprio vedere Napolitano come farà a sciogliere le Camere, ammesso che lo voglia”. Ma dal Quirinale in questi giorni filtra un certo scetticismo su questi numeri, visto che finora, nelle votazioni calde, la maggioranza si è sempre fermata intorno a 304-305.

In ogni caso, a Berlusconi in questa fase conviene fare buon viso a cattivo gioco. E dare l’impressione di condividere l’inquietudine del Colle per l’eccesso di rissosità in Parlamento. “Noi siamo una forza di governo – spiega il ministro Gelmini – e dunque siamo i primi ad essere svantaggiati dalla lite continua. Quello è il terreno di gioco ideale dell’opposizione”.

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