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CRISI IMMOBILIARE: QUEL BLUFF AMERICANO SUI MUTUI

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(WSI) – Per gli standard dell’amministrazione Bush, il segretario del Tesoro Henry Paulson è sicuramente una brava persona. Non è visibilmente incompetente, non sta cercando di portarci in guerra fraudolentemente, non giustifica la tortura, non protegge contrattisti corrotti. Le sue iniziative però riflettono le priorità dell’amministrazione per la quale presta servizio. E’ questo ciò che non va del suo piano di salvataggio ideato per risolvere la crisi dei mutui. Secondo un editoriale del New York Times, il piano è «troppo poco, troppo tardi e troppo facoltativo», ma teniamo presente che dal punto di vista dell’amministrazione queste non sono pecche ma tratti caratteristici.

Tra gli osservatori finanziari cresce infatti il consenso su un punto: il piano di Paulson non è concepito più di ogni altra cosa per dare risultati concreti. Suo intento, piuttosto, è creare l’illusione di un intervento, minando in tal modo il supporto politico ai tentativi concreti di aiutare le famiglie nei guai. In particolare, il piano di Paulson è con ogni probabilità un tentativo di togliere supporto a Barney Frank, presidente democratico della Commissione della Camera per i Servizi Finanziari, sostenitore di una proposta di legge che nei casi di bancarotta concederebbe ai giudici il potere di riscrivere i termini dei mutui ipotecari. Ma, come scrive il Congress Daily, «le banche sperano che il piano di Bush per la crisi dei subprime mandi all’aria la proposta della Camera».

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Elizabeth Warren, esperta in bancarotta a Harvard, dice: «Il piano per i mutui subprime dell’Amministrazione è il sogno della lobby delle banche» e, considerati i trascorsi della stessa Amministrazione Bush, ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto. Ci sono infatti tre precise preoccupazioni legate all’ondata crescente di pignoramenti in America. La prima è la stabilità finanziaria: se le banche e gli altri enti subiscono enormi perdite per i loro investimenti legati ai mutui, è l’intero sistema finanziario nel suo complesso a risentirne e traballare. La seconda è la sofferenza in termini umani: centinaia di migliaia, probabilmente milioni, di famiglie americane perderanno la loro casa.

Terza, infine, è l’ingiustizia: il boom dei subprime ha comportato prestiti da avvoltoi – prestiti ad alto tasso di interesse rifilati a sottoscrittori che si qualificavano per tassi molto inferiori – su scala spettacolare. Il Wall Street Journal ha scoperto che più del 55 per cento dei prestiti subprime concessi all’apice della bolla edilizia “sono stati erogati a persone con punteggi creditizi abbastanza alti da qualificarsi spesso per prestiti convenzionali a termini di gran lunga migliori”. E nel mercato edilizio in forte calo, queste vittime si ritrovano ora nei guai, impossibilitate a rifinanziare.

Questi, dunque, i tre problemi. Il piano di Paulson – altrimenti detto, con il suo nome ufficiale, il “Piano Alleanza di Speranze” – si concentra invece esclusivamente sulla riduzione delle perdite per gli investitori. Qualsiasi minimo aiuto possa fornire ai mutuatari è chiaramente del tutto marginale. E in più non offre assolutamente nulla alle vittime dei prestiti capestro. Il piano prospetta linee guida facoltative in virtù delle quali alcuni mutuatari – e soltanto alcuni – le cui rate del mutuo sono destinate ad aumentare potrebbero ottenere un sollievo temporaneo.

Si presume che ciò debba aiutare invece gli investitori, perché il pignoramento di una casa ipotecata è costoso: ci sono enormi spese legali da affrontare e la casa in genere si vende in seguito a un valore nettamente inferiore a quello del prestito. «Il pignoramento non costituisce un vantaggio per nessuno» ha detto Paulson nel corso di un forum interattivo della Casa Bianca. «Ho sentito dire che da alcune stime risulta che gli investitori dei mutui perdono dal 40 al 50 per cento del loro investimento, se si arriva al pignoramento».

Ma non avrebbero anche da guadagnarci? Non se gli ideatori del piano riescono a evitarlo. Gli aiuti sono limitati ai mutuatari il cui indebitamento dovuto al mutuo sia pari almeno al 97 per cento del valore della casa – il che significa che in molti casi, forse nella maggioranza dei casi, coloro che riceveranno aiuti saranno i debitori che posseggono più di quanto vale la loro casa. Questi soggetti praticamente starebbero altrettanto bene in termini finanziari se, molto semplicemente, lasciassero perdere tutto.

E che dire di coloro che avendo un buon credito sono stati malconsigliati a sottoscrivere pessimi accordi per il mutuo, e che avrebbero invece dovuto essere indirizzati a prestiti con condizioni migliori? Non otterranno niente: il piano di Paulson esclude specificatamente i mutuatari con buoni punteggi creditizi. Anzi, il piano in realtà fornisce ad alcune persone un incentivo a saltare qualche rata del mutuo, perché questo farebbe di loro soggetti a grave rischio creditizio e pertanto diverrebbero candidati ad accedere al piano di aiuti.

In realtà, il tentativo di Paulson di aiutare gli investitori facendo poco o nulla per i mutuatari nei guai e defraudati, potrebbe aver senso se il suo piano riducesse almeno le perdite degli investitori in misura tale da poter seriamente migliorare la situazione finanziaria nel suo complesso.
Ma soltanto una minima percentuale di mutuatari subprime si qualificherà per gli aiuti e molti di loro alla fine dovranno comunque affrontare il pignoramento.

Pertanto il piano nel suo complesso è inverosimile che possa ridurre le perdite complessive connesse alla crisi dei mutui, se non di pochi punti percentuali al massimo, non abbastanza quindi per fare granché differenza per la stabilità finanziaria. Effettivamente, gli aumenti dei tassi di interesse che stanno evidenziando una crisi di fiducia nel sistema finanziario non si sono assolutamente contratti all’annuncio del piano.
Certo, si potrebbe sempre affermare che il piano di Paulson è meglio di niente. Ma l’alternativa più interessante non è propriamente “niente”: è un piano che – come la proposta di Barney Frank – di fatto aiuterebbe concretamente le famiglie dei lavoratori. Ed è questo che l’Amministrazione sta cercando in ogni modo di impedire.

(Traduzione di Anna Bissanti)

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