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CRISI: IL MONDO CROLLA MA IL ‘VALUE’ COMPRA

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(WSI) – La recessione è dietro l’angolo. E sui listini è corsa a scaricare titoli: il timore è che il crollo degli utili possa essere più grave del previsto. Ma non solo: è pieno di vendite forzate prodotte dai riscatti. E così c’è chi va controcorrente: apre il portafoglio e compra. La storia dei mercati dice infatti che è nei momenti più bui che si creano le opportunità migliori. Lo sanno bene i 31mila azionisti di Berkshire Hathaway che ogni anno affollano l’arena di basketball di Omaha per l’assemblea della società del guru Warren Buffett. E lo sanno bene anche i fondi sovrani. L’ultima mossa? La Banca centrale di Libia è salita al 4,2% di Unicredit ed è pronta a mettere un’altra fiches da 500 milioni. E il discorso vale anche per chi è molto liquido, come Francesco Gaetano Caltagirone, che nelle ultime settimane ha acquistato titoli Generali per circa 19 milioni di euro.

LARGE CAP. E i money manager che fanno? Secondo quanto emerge da un sondaggio di Borsa&Finanza, diversi hanno riaperto la borsa. Come Valerio Salvati, responsabile europeo fondi di fondi di Jp Morgan Am, dopo essere rimasto sottopesato per diversi mesi. «Nell’ultima settimana – afferma – siamo tornati a comprare, in particolare large cap Usa, area su cui ora sono sovrappesato. Ma in settori non ciclici come i consumer staple, eccetto gli alimentari, oppure in società farmaceutiche medio-piccole». Un approccio che, comunque, si mantiene prudente evitando i titoli più sensibili alla congiuntura. Salvo guardare anche ai finanziari quando si tratta di situazioni meno incerte e a realtà con vaste reti commerciali. Salvati è tornato a riaccumulare qualcosa anche in Europa e sui mercati emergenti. Per il momento niente Cina, però. «Non siamo ancora convinti – afferma – Le valutazioni erano arrivate alle stelle e il momento negativo potrebbe continuare». Anche perché, afferma categorico, «la logica del decoupling non esiste, sostanzialmente non è mai esistita».

Certo, l’area asiatica ha il vantaggio di essere la prima beneficiaria di un calo del petrolio che è un forte elemento di allentamento delle pressioni sui consumi. «Ma allora – dice – preferiamo Hong Kong e Singapore. Qui però l’approccio deve essere fatto nome per nome».

GRANDE SELETTIVITÀ. Insomma, tranne alcune indicazioni di massima, la regola è: stock picking e ancora stock picking. Come fa anche Carlo Gentili, fondatore di Nextam Partners, che sta sfruttando i ribassi per tornare a investire su quelle storie che da tempo giudica interessanti: «Singole società che conosco e che mi piacciono, dove le quotazioni permettono di entrare a prezzi convenienti», dichiara. Da Enel, comprata in settimana a 5,01 euro, alle banche italiane, al pharma inglese Shire. «La selezione dei titoli – afferma – deve essere mirata: oggi è importante vedere se hanno debito, obbligazioni in scadenza o necessità di funding a breve». Perché, si sa, nel lungo periodo ci sono vincitori e vinti.

Non è un caso che tanto i fondi comuni quanto i singoli investitori seguano con religiosa meticolosità le scelte di Warren Buffett. L’obiettivo è replicare il successo: uno studio calcola che aver usato questa strategia per 31 anni avrebbe voluto dire avere un il 25% di ritorno annuale. D’altra parte Buffett, famoso per scovare società sottovalutate con vantaggi duraturi sui concorrenti, ha aperto il portafoglio anche nella bufera delle ultime settimane, comprando Goldman Sachs e Ge. «È in un contesto come questo che un abile processo di stock picking può dare buoni frutti – commenta Giles Worthington, gestore del fondo M&G Paneuropean Fund – Le opportunità saranno offerte da una volatilità che continuerà a rimanere alta e da prezzi azionari che oscilleranno significativamente».


Di fronte a crolli del 10% la selettività può però essere accantonata, anche se solo per un momento. «Nella fase di crolli così pronunciati la selettività è meno importante e si cerca di comprare in maniera allargata», afferma Giordano Martinelli, responsabile investimenti azionari di Anima, che sta accumulando con calma, senza euforia, ma con disarmante sistematicità su tutti i fondi. «Questa – dice – diventa più importante nelle fasi successive al rimbalzo».

STRATEGIA BOTTOM UP. Non solo. Martinelli segue un approccio bottom up comprando quello che gli piace in giro per il mondo, senza vincoli settoriali o geografici. Criterio di scelta? Scovare situazioni controverse. «Vale la pena di comprare dove ci sono problemi – afferma – se il prezzo sconta la presenza di storie più interessanti rispetto a quelle dove i nodi sono già stati risolti». Non sorprendetevi, quindi, se afferma che è proprio in questi momenti come questi che si trova a suo agio. «È un modello di lavoro che funziona meglio nei periodi di crisi – afferma – È più difficile trovare opportunità differenziali dopo che il mercato è salito per diversi anni».


Attenzione, però, ci tiene a ribadire, l’ottica di un portafoglio totalmente azionario è di almeno dieci anni. Poi, al contrario di quanto si potrebbe pensare, dal sondaggio emerge che i titoli finanziari sono ora ben comprati dai gestori value. «Nel fondo che gestisco, il New Star European Value Fund – afferma Nick Sheridan della società inglese indipendente New Star – non ci sono settori o Paesi preferiti ma la scelta avviene sui singoli titoli. In questo momento sto comprando proprio i finanziari, Bnp e Ubs». Al riguardo, il gestore Worthington sottolinea con lucidità che «le banche continueranno a registrare perdite legate al credito che ridurranno la loro capacità di generare profitti», ma non rinuncia a individuare alcune storie come Turkiye Vakiflar, Credit Suisse, Vienna Insurance e April.

È chiaro, però, non tutti amano le sfide. Così dal sondaggio emerge che chi nei mesi passati si è orientato su settori prudenti ha continuato sulla stessa strada, sfruttando i ribassi per continuare a comprare i titoli che avevano accumulato in precedenza. È il caso di Patrick Moonen, senior strategist di Ing, che ha continuato a investire in healthcare, settore giudicato economico rispetto ai livelli storici e dai bilanci solidi, poi energetici, utility e telecom. Attenzione, però, a farsi ingannare da settori genericamente «difensivi». Lo strategist, infatti, non ha voluto indicare i titoli scelti ma, è chiaro, anche qui è fondamentale lo stock picking.


Martinelli, per esempio, ritiene che commodity e petroliferi siano aree meno interessanti, perché hanno appena iniziato a smaltire un quinquennio di super-crescita e preferisce attendere prima di comprare. «Il settore dell’energia – commenta anche Salvati – è una value trap: presenta valutazioni basse su bilanci con forte crescita ma alla luce dei dati macroeconomici le nostre valutazioni ci inducono a pensare che rallenterà».

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