L’ennesima capriola verso il basso della borsa “tecnologica” con particolare riferimento al Nuovo Mercato impone una lettura critica dei suoi protagonisti.
Ma la New Economy, in quanto tale, non è e non può essere negativa, così come non era la panacea dei mercati economici e finanziari un anno e mezzo fa.
Perché non esiste, non c’è mai stata. Le aziende che figurano nel Nuovo Mercato non sono né necessariamente moltiplicatori di ricchezza né società a rischio. Anzi, non c’è niente di più sicuro che la tecnologia; sono le applicazioni e non gli applicativi che possono essere sbagliati.
Le società del Nuovo Mercato sono soprattutto società che vendono servizi di informatica e di telecomunicazioni. Le società della New Economy, invece, sono società che utilizzano anche la rete per operare.
Parimenti, non esiste neanche la paventata recessione dei “tecnologici” americani. L’America e in parte l’Europa sta solo digerendo una capitalizzazione dei mercati di gran lunga superiore al prodotto interno lordo (quindi all’aumento di produttività reale), la sovrapproduzione di cellulari e Personal Computer e dei relativi microchip di Intel in USA, StMicroelctronics e Infineon in Europa.
Ma già arrivano in loro soccorso Internet mobile lanciato dalla tecnologia GPRS (Global Racket Radio Service: connessione alla rete permanente, molto più veloce di quella GSM, con trasmissione di dati a pacchetto), senza contare le tecnologie “wireless” (Bluetooth) e la diffusione di DataCenter e Application Service Provider destinati a rilanciare la domanda di server.
I tagli operati dai grandi delle telecomunicazioni sono appunto per prepararsi a “Internet 2”. Il mercato italiano, inoltre, non è ancora saturo di PC e “devices” multimediali (per una volta il suo storico ritardo è provvidenziale): sta infatti ancora distribuendo connettività e solo cominciando a parlare di E-business e Application Service Providing.
In altre parole, va tutto bene, meno bene di quanto eravamo abituati o ci aspettavamo (ma anche la ripresa sarà conseguentemente moderata).
Se ci fosse una vera recessione strutturale (senza per questo assomigliare a quelli che fischiano nel buio per farsi coraggio) il saggio governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, non abbasserebbe nemmeno i tassi per evitare inflazione e crollo totale. Anche se, paradossalmente, queste precauzioni, in Europa, sono state interpretate all’incontrario, come il mare prima della tempesta.
La new economy, è un’economia accelerata dall’uso di tecnologie informatiche e di telecomunicazione come ad esempio Internet. Questi mezzi, per quanto non rivoluzionari, consentono di razionalizzare ulteriormente i processi di acquisto, produzione e vendita (E-business). Nel caso dei beni intangibili (musica, editoria, il cosiddetto Bitcommerce) addirittura annullano i costi di magazzino.
La diffusione simultanea (o quasi) di conoscenza all’interno di un dato mercato permette teoricamente ai venditori di produrre ciò che serve e agli acquirenti di trovare il prezzo migliore. Il valore in eccesso che ne deriva ancora non si vede: primo perché è stato clamorosamente sopravvalutato (per un certo periodo Internet significava sconto, un po’ come prometteva il multilevelmarketing, l’altra grande novità del marketing, insieme al franchising, del dopoguerra; secondo perché l’offerta, su Internet, si è solo ingenuamente esposta e non organizzata. Tale valore, presumibilmente dopo un medio periodo di vistosa competitività, è comunque destinato ad essere assorbito dalle normali dinamiche dell’economia di mercato.
Per tornare al “disastrino” annunciato, l’impressione è che si faccia regolarmente coincidere l’intero settore TMT con qualche suo operatore maldestro, sopravvalutato per decine e decine di volte il fatturato o finanziariamente performante.
Ma le varie aziende quotate al Nuovo Mercato, come per le altre 2000 e passa categorie merceologiche esistono i player TMT sani e quelli malati e non perché tecnologici.
A fare la differenza sono infatti i modelli di business, i piani industriali, il timing di mercato, la forza finanziaria, commerciale, la capacità di fare “lobby”, i partners, non in ultimo, il buon senso e la buona fede del management.
Churchill diceva che un buon politico è colui che riesce a trovare ragionevoli spiegazioni per qualunque cosa accada. Lo stesso vale per l’analisi finanziaria (tranne che per questo intervento): modelli di busines come la pubblicità, lo sconto sul traffico, la profilatura degli utenti, l’accesso gratuito ecc., su cui si basano con successo alcuni operatori, per altri non sono bastati; ad altri ancora sono serviti per spiegare qualunque fallimento (quando l’unico grande equivoco della rete era quello di pensare che potesse accelerare i tempi di costituzione delle relazioni tra parti economiche che prime si ignoravano).
*A questo articolo introduttivo seguiranno vari pezzi su titoli del Nuovo Mercato.
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*Ettore Iannelli è un analista di marketing strategico del settore telecomunicazioni.