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CREDIT CRUNCH: BERNANKE NON VIDE IL PERICOLO

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(WSI) –
Inflazione e rallentamento della
produttività. Erano questi gli unici
fantasmi per Ben Bernanke ancora
agli inizi di agosto, cioè alla
vigilia del terremoto creditizio
che ha fatto tremare le borse
mondiali.Lapesante sottovalutazione
della bufera emerge dai verbali
della riunione del 7 agosto
della Fed.

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I documenti, infatti,
mostrano che la Federal Reserve,
a 18 mesi dalla nomina di Bernanke
alla presidenza dell’istituto, era intenta a proteggere
la propria credibilità di baluardo contro l’inflazione. Solo
una decina di giorni più tardi, però, la banca centrale ha
tagliato il tasso di sconto (il 17 agosto). E gli investitori
ora pensano che i policy makers abbasseranno di un quarto
di un punto a quota 5% il benchmark rate nel loro incontro
del 18 settembre, se non prima. Secondo alcuni economisti,
a questo punto la preoccupazione per l’inflazione
potrebbe scoraggiarli dal decidere un taglio maggiore. O
dissuaderli dal segnalare una serie di tagli. Ma il taglio
«sarà difficile da evitare in settembre», dicono analisti comeBrian
Sack, vicepresidente Macroeconomic Advisers.

È il 17 agosto, dunque, il giorno simbolo della retromarcia
della Fed. Bernanke ha del tutto abbandonato il suo
riferimento all’inflazione quando ha tagliato il tasso di
sconto e ha dichiarato che «i rischi di ribasso della crescita
sono aumentati in modo sensibile». Le registrazioni della
videoconferenza nel corso della quale i policy makers
hanno cambiato rotta, però, non saranno disponibili prima
di ottobre. Ancora all’inizio di agosto, la banca centrale
vedeva lo sconvolgimento nei mercati del credito come
concentrato nei mutui subprime, con «un piccolo net change
nel costo del credito per le attività investment-grade»,
come mostrano i verbali.

Questa conclusione non rilevò i crescenti segnali di
stress in diversi mercati, sostengono gli analisti. Eppure
ai tempi del meeting del 7 agosto, il mercato azionario
aveva perso circa 1.300 miliardi di dollari di capitalizzazione
dopo che, in luglio, gli indici benchmark avevano raggiunto
livelli record. Il 24 luglio Countrywide Financial, il
numero uno americano nei prestiti per le case, aveva annunciato
il suo terzo trimestre consecutivo con profitti in
calo e tagliato le stime per l’intero bilancio 2007, dal momento
che anche i mutuatari di primordine faticavano a
rimborsare i prestiti. Il bilancio ha mostrato come le insolvenze
si stessero allargando ai prestiti meno rischiosi.

«I verbali Fed indicano che hanno sottostimato quanto il
problema nel mercato del credito fosse diventato profondo
», ha commentato Scott Minerd, responsabile degli investimenti
della Guggenheim Partners di Santa Monica, California,
dove contribuisce a gestire 24 miliardi di dollari.
«Prima della riunione, il mercato stava chiaramente scollando
».

Dal quel momento, i policy makers hanno tentato di alleggerire
la morsa con una serie di strumenti. Anzitutto,
hanno fatto la maggiore iniezione di fondi sui mercati monetari
dall’11 settembre 2001. Poi hanno tagliato il tasso
richiesto dalla Fed alle banche per i prestiti diretti. Inoltre,
Bernanke aveva autorizzato le banche a convogliare
discount-window borrowings (finestre di credito speciali) alle
proprie sussidiarie per migliorare l’accesso dei clienti
al capitale.

Il finanziamento per i prestiti e i valori mobiliari a rischio
rimane ancora costoso o vincolato. I tassi d’interesse
sui mutui jumbo, o su quelli più alti di 417.000 dollari,
sono lievitati a 106 punti base più del costo di mutui più
piccoli, contro i 39 punti base dell’inizio del mese.Un punto
base è 0,01 un punto percentuale.
«Vista la situazione del mercato, credo che sarebbe molto
difficile» per laFedtagliare il tasso-obiettivo il prossimo mese,
ha detto John Silvia, capo economista
della Wachovia di Charlotte,
Carolina del Nord. «La Fed
andrà avanti e in settembre ridurrà
di 25 punti base e quindi starà a
vedere quello che succederà dopo
».

I rendimenti sulle note biennali
del Tesoro sono oltre un punto
percentuale al di sotto del tasso
di riferimento della Fed che è del
5,25%, indicando che gli investitori
anticipano una serie di tagli.
Resta comunque quello spettro
inflazione che aveva annebbiato
Fed a inizio agosto. I verbali mostrano
che gli strateghi non erano
ancora persuasi del fatto che i
prezzi avevano rallentato abbastanza da poter abbassare la
guardia. La Fed ha detto che parte della moderazione nei
quattro mesi fino a giugno era dovuta a categorie «volatili»
comel’abbigliamento.Ele stime sull’inflazione per il prossimo
anno sono rimaste «immutate» anche se i prezzi del petrolio
sono crollati.LaFed hasottolineato che«i partecipanti
sono rimasti preoccupati per i fattori che potrebbero aumentare
la pressione sull’inflazione», incluso un più lento
tasso di crescita della produttività. Gli economistihanno anche
citato gli alti livelli di «utilizzo delle risorse», riferendosi
al tasso di disoccupazione che rimane storicamente basso.

Secondoil ministero del Lavoro, nel2006la produttività è
cresciuta del 1%, il più piccolo guadagno dal 1995. Nel tagliare
le loro stime sulla crescita economica del 2007 e del
2008, gli economisti della Fed hanno tenuto conto del rallentamentodella
produttività. «Se haiunacrescita della produttività
più lenta – c’è scritto nei verbali – i mercati fermi la
traducono in maggiore inflazione, ecco perché c’è un’estremaattenzione
all’inflazione», ha detto Robert Eisenbeis, ex
capo della ricerca alla Federal ReserveBankof Atlanta.Aggiungendo
che un tagli dei tassi al meeting di settembre
non è un esito scontato. Ma faceva le sue analisi senza accorgersi
dei cicloni in arrivo. Che, peraltro, parevano tutt’altro
che invisibili.

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