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CREDETE CHE NON CI SIANO RISCHI SE LA FED TAGLIA?

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*Alfonso Tuor e’ il direttore del Corriere del Ticino, il piu’ importante quotidiano svizzero in lingua italiana. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –
I mercati finanziari danno per scontato che oggi la banca centrale statunitense tagli i tassi almeno di un quarto di punto, portando i Fed Funds al 4,5%. I mercati ritengono anche che la Federal Reserve ridurrà ulteriormente i tassi nei prossimi mesi. La prima «vittima» di queste aspettative è il dollaro, che alcuni scommettono scenderà fino a quota 1,50 contro la moneta unica europea e che quindi stabilirà un nuovo minimo storico rispetto al franco svizzero, scendendo sotto 1,11 franchi, ossia il livello già toccato nel 1995. Nei prossimi giorni e nei prossimi mesi potremo giudicare la bontà di queste previsioni, ma oggi cercheremo di ipotizzare quali sono, da una parte, gli imperativi della politica monetaria americana e, dall’altra, i pericoli da sventare. Questa analisi non può che partire dalla crisi dei mutui subprime che ha già costretto la Fed (così come la Banca centrale europea ed altre banche centrali) ad iniettare decine di miliardi nei mercati per scongiurare una crisi del sistema finanziario internazionale e che ha già spinto lo scorso mese di settembre la banca centrale americana a ridurre i tassi di mezzo punto.

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Gli imperativi della banca centrale americana sono strettamente connessi con la crisi dei mutui subprime. In primo luogo, tagliare il costo del denaro per evitare l’aggravarsi della crisi del mercato immobiliare americano e per evitare che la discesa dei prezzi dei valori immobiliari incida in modo significativo sui consumi delle famiglie provocando un forte rallentamento della crescita economica. In secondo luogo, tagliare i tassi per alleggerire il costo delle perdite dei titoli legati al mercato subprime che solo ora il sistema bancario americano comincia a contabilizzare.

Questi obiettivi devono essere perseguiti evitando alcuni pericoli. Il primo rischio è una crisi del dollaro. Come noto, il biglietto verde, «appesantito» dal disavanzo estero americano, è stato sostenuto finora dal differenziale tra i tassi statunitensi e quelli europei. Con il taglio dei tassi americani questo differenziale si assottiglia sempre di più e spinge al ribasso il dollaro. Finora la discesa del biglietto verde è stata rapida ma ordinata. La Federal Reserve deve dunque evitare che il deprezzamento del dollaro, che comincia ad avere effetti positivi sulla bilancia commerciale statunitense, si trasformi in una caduta disordinata che potrebbe produrre effetti pericolosi. Quest’ultima eventualità è comunque altamente improbabile. Infatti mentre un calo del dollaro è considerato da tutti ineluttabile, una sua caduta non converrebbe a nessuno. Quindi, tutti interverrebbero in suo sostegno.

Vi sono invece altri pericoli cui la politica espansiva della Federal Reserve potrebbe prestare il fianco. Il primo e più importante è l’inflazione. Questa «malattia», scomparsa dall’orizzonte negli ultimi anni, rischia di ricomparire. I motivi sono presto detti: il prezzo del petrolio è alle stelle, i prezzi delle altre materie prime e delle derrate agricole sono in forte rialzo, così come il prezzo dell’oro che è un buon indice delle aspettative inflazionistiche. In Europa e in Svizzera l’aumento di questi prezzi è attutito dall’indebolimento del dollaro, negli Stati Uniti invece si scarica completamente sull’acquirente finale. Questa ipotesi viene contraddetta ricordando che il tasso di inflazione americano (calcolato escludendo i prezzi dei generi alimentari e dei prodotti energetici) non dà chiari segni di rialzo. Si sostiene dunque che i rialzi di questi prezzi non stanno producendo effetti tangibili nel complesso dell’economia americana. Questa situazione potrebbe però rapidamente cambiare. Molti fattori spingono in questa direzione: l’indebolimento del dollaro favorisce l’importazione di inflazione, l’effetto calmieratore sui prezzi delle importazioni dalla Cina si sta affievolendo ed infine l’economia americana non dà ancora chiari segnali di rallentamento, come invece inducono a pensare le attuali manovre monetarie della Federal Reserve. Inoltre, ed è l’altro pericolo molto concreto, una politica monetaria espansiva che si aggiunge alla forte crescita della massa monetaria degli ultimi anni può produrre solo due risultati: inflazione oppure una nuova bolla finanziaria o ancora ambedue. Ed è questo il vero pericolo.
Dunque la Federal Reserve è costretta ad agire in base alle esigenze di un sistema finanziario americano, che vuole alleggerire e spalmare nel tempo il costo delle perdite della crisi dei mutui subprime. E per raggiungere questo scopo si è disposti a correre il rischio di far resuscitare l’inflazione e/o di creare una nuova bolla speculativa.

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