Per il gruppo Cragnotti lo spettro del fallimento si avvicina: il peggio si è verificato quando il Trustee delle obbligazioni Cirio ha emesso il suo verdetto: default.
Ovvero, inadempimento nel pagamento del prestito obbligazionario di 150 milioni di euro. E’ stato lo stesso «Law Debenture Trust Corporation» a confermare alla Cirio Finanziaria l’estrema decisione, dopo frenetici contatti informali con la società di Cragnotti nella speranza che qualcosa si sbloccasse.
A questo punto il sistema finanziario e bancario trema. E con esso il mondo calcistico che teme un coinvolgimento della Lazio nella bufera. Spetta alla magistratura ordinaria dichiarare l’insolvenza ed eventualmente la bancarotta ma basta che una parte degli obbligazionisti faccia scattare una denuncia per aprire un processo dagli esiti incalcolabili.
La clausola del cross default, una sorta di effetto domino che si estende anche agli altri bond, non è automatica, ma necessita di una extraordinary resolution, cioè di un atto formale da parte del Trustee, il rappresentante degli obbligazionisti, o di almeno il 20% dei portatori dei bond.
Le prime manovre sono già in corso. Ieri Law Debenture Trust Corporation ha chiesto «ai detentori di bond di contattare urgentemente il Trustee per consentirgli di accertare quali misure vogliano adottare gli obbligazionisti».
I garanti anglosassoni non parlano ancora di azioni giudiziarie per non aprire una fase di panico finanziario e quindi un peggioramento della situazione ma è evidente che se la Cirio non troverà il modo di onorare il debito, almeno per la parte che gli spetta, non si potrà che finire davanti ai giudici. L’allarme maggiore è per la Lazio e i suoi destini.
Dirigenti calcistici, tra cui Carraro, si sono affrettati a dire che la Lazio non c’entra nulla con la Cirio, sperando di poter separare i destini della squadra di calcio dall’arcipelago finanziario di Sergio Cragnotti, ma in questi casi tutti si muovono con grande cautela: se si andasse verso l’insolvenza nessuno potrebbe sfilare la Lazio dal gruppo fino al pagamento dei creditori perché altrimenti si alimenterebbero i pericoli di bancarotta.
Sergio Cragnotti ha lanciato un appello alle banche e si è impegnato a ristrutturare il gruppo ma fino a questo momento pare che si tratti soltanto di parole al vento. Se la Cirio Finanziaria avesse trovato linee di finanziamento per rimborsare gli obbligazionisti, lo avrebbe già fatto.
La situazione del sistema bancario italiano, tra l’altro, è tutt’altro che florida. L’indebitamento Fiat non gioca a favore di Cragnotti, ma anche se non ci fosse la voragine torinese l’esposizione del gruppo che fa capo al padrone della Lazio (circa 1,2 miliardi di euro) è ormai su limiti invalicabili.
Non è un caso forse che ieri in Borsa il sistema bancario ha sofferto più del consueto. «E’ scoppiato un bubbone che da tempo aleggiava sul mercato e che coinvolge vari istituti di credito esposti con il gruppo Cirio – commenta un operatore – che stavolta hanno evidentemente deciso di non rifinanziare più il gruppo senza un risanamento finanziari».
Pesante in particolare all’inizio della giornata il ridimensionamento di Capitalia a Piazza Affari che in mattinata, sull’onda di un coinvolgimento nel caso Cragnotti, lasciava sul terreno oltre il 6%, tornando verso i livelli di inizio novembre.
Durante la giornata le cose sono andate meglio anche se fonti non ufficiali di Capitalia hanno fatto sapere al mercato che l’esposizione del gruppo Capitalia nei confronti di Cirio è «rientrato in un livello fisiologico».
Le stesse fonti indicano una cifra di 135 milioni di euro circa di esposizione complessiva tra Cirio e la controllata S.S. Lazio. I finanziamenti, si sottolinea, sarebbero tutti garantiti.
Singolare e sintomatico il fatto che tutti gli istituti bancari si siano premurati di prendere le distanze dal gruppo Cirio. «Abbiamo pochissimo», sostiene l’amministratore delegato del San Paolo-Imi, Alfonso Iozzo. Gli impieghi Bnl verso il Gruppo Cirio sono «molto contenuti» e «poco rilevanti sotto il profilo del rischio», dice invece un portavoce dell’istituto di credito romano.
La banca, si fa notare inoltre da Via Veneto, non ha partecipato al consorzio di collocamento del bond da 150 milioni di euro scaduto lo scorso 3 novembre. L’esposizione del Gruppo Mps verso il Gruppo Cirio è «irrilevante, molto molto limitata» aggiunge un portavoce del gruppo bancario. Insomma, nessuno ne vuole sapere e già si sentono le campane a morto.
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