(WSI) – In un articolo famoso del 1970 Amartya Sen innovava il famoso teorema dell’impossibilità delle scelte collettive di Kenneth Arrow, e a propria volta produceva l’altrettanto noto «paradosso del liberale paretiano». Per tale paradosso, un sistema decisionale maggioritario può rispettare il dominio illimitato delle preferenze individuali, ma non contemporaneamente altre due condizioni, cioè una decisione su coppie di alternative che rispecchi l’eventuale unanimità su una alternativa, e insieme il rispetto da parte della società di una coppia di alternative che valgono per ciascun individuo, condizione quest’ultima in cui dovrebbe consistere il vero liberalismo.
Di qui infinite variazioni combinatorie sui sistemi elettorali e su come indurre l’elettorato a esprimere correttamente le proprie preferenze, l’intero impianto della teoria delle scelte collettive e dell’individuazione dei livelli ottimali di produzione dei beni pubblici.
La premessa ha la sua importanza per capire che cosa unisca le recenti elezioni americani e il “sabato italiano”, a Venezia e Milano, delle due coalizioni che si contrappongono in Italia. Siamo a un contestuale tramonto della teoria dell’elettore mediano, e all’affermazione di quella che in un paper sul numero di ottobre della rivista dell’Harvard Institute of Economic Research il grande economista Edward Gleaser ha definito «estremismo strategico».
Gleaser lo spiega naturalmente alla luce della realtà americana. «In presenza di due piattaforme elettorali che si bilancino nelle preferenze dell’elettorato, l’estremismo strategico che devia dalle preferenze dell’elettore mediano può risultare essenziale alla vittoria». A patto però che si registrino due condizioni. La prima è che vi siano fasce consistenti di elettori su posizioni radicali che non siano altrimenti invogliate a votare: su di esse ha puntato Karl Rove, e ha vinto facendole portare alle une a migliaia dagli attivisti repubblicani.
La seconda condizione è quella di un’accentuata asimmetria informativa, perché per funzionare l’estremismo strategico ha bisogno di media rivolti solo a fasce precise e di preferenze definite, negli Usa per esempio Fox News per i conservatori e Air America per i liberal. I mainstream media, dice Gleaser ed è intuitivo, servono alla teoria dell’elettore mediano e non all’estremismo strategico di cui istintivamente fanno risaltare gli eccessi.
La suggestione è appena stata sviluppata da un interessante convegno di 45 accademici e giornalisti a Princeton, sul tema «Polarizzazione della politica: mito o realtà?». Anche qui il materiale prodotto si riferisce alla realtà americana, ma in taluni casi è interessantissimo alla luce dei possibili riferimenti con le vicende di casa nostra. David Brady, professore a Stanford, è convinto che le democrazie moderne tendano a vivere del mito dell’elettore mediano ma in realtà procedano per strappi di estremismo strategico, ed è difficile dargli torto pensando a quanto il crinale anticomunista abbia innervato in realtà mezzo secolo di storia italiana.
Diana Mutz della Pennsylvania University ha spiegato come gli spot televisivi siano volti alla polarizzazione rispetto alle campagne giornalistiche tendenzialmente mediane, mentre David Rohde ha spiegato quanto lunga sia già la lista dei «polarizzatori» bruciati sull’altare delle loro effimere vittorie su entrambe le ali, da Newt Gingrich per i repubblicani a Tom Daschle per i democratici.
La conclusione dei politologi americani è che la polarizzazione sia venuta per restare. Nel caso nostro, il serrate le fila di Berlusconi e «l’Italia è da rifare» di Prodi rispondono a uno schema analogo. Elettori astensionisti a destra ce ne sono sono più che a sinistra, e su questo il premier sta recuperando. Quanto ai media «partigiani», il modello di quotidiano omnibus albertiniano non favorisce la polarizzazione, mentre la tv pubblica e privata sì.
Conclusione: si annunciano mala tempora per i terzisti, e anche i liberali se vogliono che le proprie posizioni contino devono essere disposti a radicalizzarsi di conseguenza. Chi sogna meno imposte deve alzare la voce e tagliarle senza guardare troppo per il sottile, chi pensa che il pubblico sia totem da difendere abbracci i forestali calabresi. Entrambe le cose insieme, è contraddizione italica. Pensare di poter non solo fare con successo nelle urne «polarizzazione strategica», ma di farla insieme sia a destra che a sinistra.
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