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CORRUZIONE: BERLUSCONI «CORRESPONSABILE». PDL: «DISEGNO EVERSIVO». TENSIONE ALLE STELLE

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«La Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da “perdita di chance” quantificato in circa 750 milioni di euro». Lo scrive una nota che fa capo al Gruppo De Benedetti riferendo i contenuti della sentenza del Tribunale di Milano nella causa civile promossa contro la Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del “lodo Mondadori”.

«Dopo quasi vent’anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro Gruppo la legittima proprietà della Mondadori, finalmente la Magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale la avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile» commenta Carlo De Benedetti. «Si tratta di un verdetto incredibile e sconcertante» dice Marina Berlusconi, presidente della Fininvest.

«La Fininvest – spiega la manager del gruppo – ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto». Se puo’ interessarti, in borsa si puo’ guadagnare con titoli aggressivi in fase di continuazione del rialzo e difensivi in caso di volatilita’ e calo degli indici, basta accedere alla sezione INSIDER. Se non sei abbonato, fallo ora: costa solo 76 centesimi al giorno, provalo ora!

Al centro della vicenda risolta dal cosiddetto «Lodo Mondadori» c’è lo scontro, avvenuto tra la fine degli anni Ottanta e l’ inizio degli anni Novanta, tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per assicurarsi il controllo di uno dei maggiori gruppi editoriali italiani, soprattutto dopo che nel 1989 la Mondadori aveva acquistato l’ Editoriale L’Espresso e il controllo di Repubblica, di una catena di quotidiani locali e di importanti settimanali come Panorama, L’Espresso, Epoca. Il lodo arbitrale sul contratto Cir-Formenton è del 21 giugno 1990.

La decisione fu presa dai tre arbitri, Carlo Maria Pratis, Natalino Irti e Pietro Rescigno, incaricati di dirimere la controversia tra De Benedetti e Formenton per la vendita alla Cir della quota di controllo della Mondadori, promessa a De Benedetti e poi venduta all’ asse Silvio Berlusconi/Leonardo Mondadori. Il lodo è favorevole alla Cir e dà a De Benedetti il controllo del 50,3% del capitale ordinario Mondadori e del 79% delle privilegiate. Berlusconi perde la presidenza, da poco conquistata, che va al commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribunale, gestore delle azioni contestate.

Il 24 gennaio 1991, la Corte d’Appello di Roma presieduta da Arnaldo Valente e composta dai magistrati Vittorio Metta e Giovanni Paolini dichiara che, dato che una parte dei patti dell’ accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir era in contrasto con la disciplina delle società per azioni, era da considerarsi nullo l’intero accordo e quindi anche il lodo arbitrale. La Mondadori sembra così tornare nelle mani di Berlusconi. Dopo alterne vicende di carattere legale e dopo l’ approvazione della legge Mammì, nell’aprile 1991, con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, Fininvest e Cir-De Benedetti raggiungono un accordo: la transazione in sostanza attribuisce la casa editrice Mondadori, Panorama ed Epoca alla Fininivest di Belusconi, che riceve anche 365 miliardi di conguaglio, mentre il quotidiano La Repubblica, il settimanale l’Espresso e alcune testate locali a Cir-De Benedetti.

Questa transazione è al centro della richiesta di risarcimento ottenuta oggi in sede civile dalla Cir, alla luce della sentenza penale definitiva arrivata nel 2007: Fininvest è stata condannata dal giudice Raimondo Mesiano a versare alla controparte quasi 750 milioni di euro per per danni patrimoniali.

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Il premier: vogliono aggredire il mio patrimonio Pdl: azioni per manipolare la vittoria del 2008

di Adalberto Signore

«È un assedio ad orologeria». È metà pomeriggio quando ad Arcore arriva la notizia della sentenza con cui il Tribunale di Milano dà ragione alla Cir di Carlo De Benedetti, condannando in primo grado la Fininvest a un risarcimento danni – immediatamente esecutivo – di 750 milioni di euro. E per Silvio Berlusconi la notizia è del tutto inattesa, nel merito e soprattutto nei tempi. Mentre a piazza del Popolo va in scena la manifestazione per la libertà di stampa voluta da Repubblica, infatti, nello stesso giorno il Tribunale di Milano decide di depositare la sentenza che dà ragione a quello che di Repubblica è l’editore, un pronunciamento che rischia di mettere in ginocchio la Fininvest. Circostanza, questa, sottolineata non a caso dal vicepresidente dei senatori del Pdl Francesco Casoli.

Che il Cavaliere non la prenda affatto bene è piuttosto scontato. Intanto – ripete in diverse telefonate che fa nel tardo pomeriggio – perché si tratta di una sentenza profondamente ingiusta e poi – ragiona con più interlocutori – perché a questo punto è difficile non vedere un timing perfetto negli avvenimenti degli ultimi mesi. E via a mettere in fila il processo Mills con il Noemigate, la querelle sui voli di Stato, le foto di Villa Certosa, il caso D’Addario e la campagna di Repubblica.

Oggi – è il ragionamento di un Berlusconi di pessimo umore – si è passati alla fase due e nel giorno della manifestazione sulla libertà di stampa arriva una sentenza assolutamente inattesa. La convinzione del premier è una sola: dopo averci provato prima con la magistratura e poi con il gossip, ora sono arrivati ad attaccare le aziende e il patrimonio. E se è vero che la Fininvest ricorrerà in appello e che lo spazio per un ribaltamento della sentenza sembra esserci, una valutazione strettamente politica della tempistica del pronunciamento del Tribunale di Milano non può certo tranquillizzare Berlusconi.

Lo dice chiaro la figlia Marina, presidente di Fininvest: «Non posso non rilevare che questa sentenza cade in un momento politico molto particolare e dà ragione ad un gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti». Ma il ragionamento va oltre e il punto viene probabilmente affrontato nella lunga telefonata tra il premier e Niccolò Ghedini. Perché nella logica dell’assedio «a orologeria» è chiaro che la sentenza di Milano rischia di pesare anche sulla Corte costituzionale che la prossima settimana si pronuncerà sul Lodo Alfano. È, per dirla con le parole di un ministro molto vicino al Cavaliere, «una sorta di chiamata alle armi». Un segnale alla Consulta per invitarla a «completare il lavoro».

Già, perché è chiaro che un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità del lodo aprirebbe strade imprevedibili ed è soprattutto per questa ragione che il Cavaliere – forte della maggioranza parlamentare di Pdl e Lega – nel caso di sommovimenti pericolosi potrebbe decidere la via del voto anticipato.

La sentenza del Tribunale di Milano, insomma, segna in qualche modo il passo. E tanto era inattesa che fino a pochi minuti prima Berlusconi si occupava di organizzare la visita di questa mattina sui luoghi della tragedia di Messina («Voglio incontrare gli sfollati») e seguiva da Villa San Martino senza troppa preoccupazione la manifestazione di piazza del Popolo. Un po’ – era il suo ragionamento – perché era già tutto scritto da giorni e un po’ perché la percezione che ne hanno gli italiani è di una mobilitazione contro il Cavaliere e non certo a sostegno della libertà d’informazione.

Considerazione, questa, avvalorata dalle ultime rilevazioni di Euromedia Research. «Tutta gente – spiega Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl – caricata sui pullman dalla Cgil…». Anche per questo durante tutta la giornata non si registra da parte del centrodestra il consueto fuoco di fila di dichiarazioni che in casi del genere serve a fare da contraltare alla piazza. Non solo il premier sceglie di non intervenire, ma persino Paolo Bonaiuti – più che titolato in quanto sottosegretario con delega all’editoria – resta tutto il giorno in silenzio.

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Lodo Mondadori, Cicchitto e Bondi: «Serve una manifestazione popolare»

L’accusa: «Attacco concentrico nei confronti del premier, anche a colpi di gossip ed evocazione di attentati»

«È evidente che l’attacco al Presidente Berlusconi di precisi settori politici e finanziari è concentrico e lungo più direttrici che vanno dal gossip, all’evocazione degli attentati di mafia del ’92, ad altro ancora che si prepara e, adesso, a questa sentenza civile dalle proporzioni inusitate ben studiata anche nei tempi»: così Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, a proposito della sentenza civile sul Lodo Mondadori. Di fronte a questa situazione, Cicchitto ipotizza una «grande manifestazione popolare». «Ovviamente – aggiunge Cicchitto – il beneficiario è De Benedetti, il vero leader della sinistra editoriale e finanziaria. Infatti, la debolezza della sinistra politica è surrogata dalle iniziative giudiziarie, finanziarie e editoriali».

IL CASO D ‘ADDARIO – Il presidente dei deputati Pdl accusa: «Lo scandalo reale della Regione Puglia è tenuto coperto usando le D’Addario di turno. L’obiettivo è sempre quello: manipolare con manovre di palazzo la vittoria elettorale del 2008, che evidentemente non è accettata da una serie di ambienti». Quindi lancia l’idea della manifestazione: «Il governo e la maggioranza devono svolgere il loro ruolo sostenuto dal consenso della maggioranza dei cittadini. La libertà di dibattito interno non deve comunque portarci a rinchiuderci in noi stessi, anzi bisogna cominciare a esaminare l’opportunità di una grande manifestazione popolare».

BONDI: «HA RAGIONE» – Con Cicchitto si schiera subito il coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi: «Ha ragione: di fronte al nuovo attacco concentrico nei confronti del Presidente del Consiglio, occorre che il nostro partito e l’intera maggioranza che sostiene l’attuale governo prendano in esame con urgenza la necessità di organizzare una grande manifestazione popolare con l’obiettivo di difendere la democrazia e la libertà nel nostro Paese».

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Aggiornamento 5 ottobre ore 13:08 (Corriere.it)

Sentenza Cir-Fininvest: «Berlusconi corresponsabile della vicenda corruttiva»

Le motivazioni della sentenza: «È da ritenere che ai soli fini civilistici Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva».

MILANO – Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è «corresponsabile della vicenda corruttiva» alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest (il cosiddetto Lodo Mondadori). Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. Sentenza contro la quale peraltro la Fininvest presenterà ricorso.

MOTIVAZIONI – «È da ritenere – scrive il giudice -, “incidenter tantum” e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede». La «corresponsabilità» di Silvio Berlusconi, scrive il giudice Mesiano, comporta «come logica conseguenza» la «responsabilità della stessa Fininvest», questo «per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell’attività gestoria della società medesima».

«Si è dimostrata la ingiustizia della sentenza Metta (il giudice che fu corrotto da Cesare Previti ndr) e la sua derivazione causale dalla corruzione del giudice Metta, argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all’obiezione della collegialità della sentenza. «Ciò posto – aggiunge il giudice Mesiano – deve rilevarsi che se è vero che la Corte d’Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso».

CONTI – Il giudice di Milano scrive anche che «vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile – scrive Mesiano – che un bonifico dell’importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse». «In altre parole – conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). È, come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto».

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Aggiornamento (Corriere.it)

Bossi: «Voto anticipato? Non penso, ma comunque siamo pronti»

Il ministro: «È la mafia che se la prende con Berlusconi». L’Udc: «Elezioni? A noi non dispiacerebbe».

MILANO – Il Pdl fa quadrato attorno a Berlusconi: dopo la sentenza sul maxi-risarcimento da 750 milioni dovuti dalla Fininvest alla Cir di De Benedetti, e alla vigilia della sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano (la sentenza è attesa per mercoledì), i ministri Bondi e La Russa puntano il dito contro «l’attacco concentrico dei poteri forti» per far cadere il governo e lanciano la proposta di una «grande manifestazione di piazza» di sostengo al premier. Ma non è l’unica ipotesi ventilata negli ambienti della maggioranza. È la Lega, infatti, ad avanzare l’ipotesi del voto: «Macché cortei – afferma al Corriere della Sera il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli – si torni a votare». Un modo, spiega l’esponente leghista, «per dare una lezione ai “viscidoni” che anche all’interno del governo mantengono ambigue connivenze con i poteri forti».

BOSSI – E Bossi? Il Senatùr sembra allontanare l’idea di un ricorso alle urne («Non penso che si andrà a votare»), ma assicura che in ogni caso «la Lega è pronta». Alla domanda se ci sia un complotto contro Berlusconi, il ministro per le Riforme replica: «È un problema di mafia. Abbiamo fatto leggi fortissime contro la mafia, quindi il rischio era che se la pigliassero con Berlusconi. Le prostitute le muove la mafia». Andrà alla manifestazione che il centrodestra vuole organizzare dopo la sentenza sul lodo Mondadori? «Non ho ancora parlato con Berlusconi» risponde Bossi.

IL GIORNALE – Alla questione dedica ampio spazio anche il “Giornale” di Vittorio Feltri. La foto è di un premier pensieroso, di umore cupo. Il titolo è ancora più eloquente: «Questo è un golpe. Difendiamoci». L’editoriale del direttore detta la linea: «Berlusconi è stato attaccato al portafogli affinché capisca con le cattive ciò che non ha afferrato con le buone: deve abbandonare la politica». «Berlusconi ha tenuto duro su tutta la linea», sottolinea Feltri, ed ora deve versare 750 milioni di euro per la vicenda del Lodo Mondadori: «la qual cosa significa ammazzare Mondadori, Fininvest, e ferire a morte Mediaset».

RUTELLI – Il direttore del “Giornale” fa anche riferimento alle recenti dichiarazioni di Francesco Rutelli. L’esponente centrista del Pd è tornato a parlare di «governo del presidente» nell’ipotesi di una crisi: «Per evitare prove di forza, più che un governo politico serve un governo che affronti i problemi economici e istituzionali e faccia le riforme».

CESA – E l’Udc fa sapere che un eventuale voto anticipato non dispiacerebbe. «Che la maggioranza, invece di governare, perda tempo ad organizzare manifestazioni, equivale ad una dichiarazione di impotenza politica – scrive in una nota Lorenzo Cesa. – Questo nervosismo dei coordinatori del Pdl ed in generale della maggioranza rischia di essere le campane a morte della legislatura, il che all’Udc non dispiace».

CAPEZZONE – Il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, risponde a stretto giro di posta: «È necessario che gli italiani siano messi nella condizione di vigilare contro il tentativo, ora più che mai evidente, di rovesciare il responso delle urne attraverso torbide operazioni di salotto, di tribunale e di Palazzo. Silvio Berlusconi, il governo e il Pdl hanno un rapporto saldo con i cittadini: e una larghissima maggioranza di elettori non consentirà che il proprio voto sia umiliato e sovvertito».

Roma, 5 ott. (Apcom) – “La tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualità, rafforzano l’opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano. Mentre il governo Berlusconi affronta con energia e consenso largamente maggioritario la realizzazione degli impegni assunti con gli elettori e ogni emergenza, si tenta, vanamente, di delegittimarne l’azione. Siamo certi che questo disegno non troverà spazio nelle Istituzioni e, ciascuno nella sua diversa responsabilità, agiscano partendo dal presupposto del rispetto della legalità e della sovranità popolare”.

Lo affermano in una nota i presidenti del gruppo Pdl al Senato ed alla Camera Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, ed i vicepresidente vicari, Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino. “Gli attacchi che fuoriescano dai canoni dell’opposizioni democratica, dura ma rispettosa delle Istituzioni, ci portano ad assicurare che, in Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e più volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguirà nella politica del fare e del governare, che nessun disegno eversivo potrà sconfiggere”, concludono.

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di Peter Gomez – Il Fatto Quotidiano

(WSI) – Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Altro che libera concorrenza. Altro che libero mercato. Negli anni Ottanta le aziende del premier Silvio Berlusconi facevano fuori gli imprenditori avversari pagando mazzette. Dietro l’impetuoso sviluppo del più grande gruppo multimediale italiano c’è infatti un’impressionante storia di corruzione giudiziaria che ha permesso al presidente del Consiglio di mettere le mani sulla Mondadori.

E’ questo il senso politico della sentenza con cui, ieri mattina, il giudice Raimondo Mesiano della decima sezione civile del tribunale d Milano, ha stabilito che Fininvest risarcisca la Cir di Carlo De Benedetti con quasi 750 milioni di euro. Una decisione meditata, che arriva ad oltre due mesi e mezzo dalla chiusura dell’istruttoria e a quasi tre anni dal verdetto con cui, in sede penale, la Corte di Cassazione aveva reso definitive le condanne contro gli avvocati del Cavaliere, Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico, colpevoli di aver corrotto il giudice di Roma Vittorio Metta.

Cioè uno dei magistrati che nel 1991, con una storica decisione, avevano tolto la casa editrice di Segrate dalle mani di De Benedetti per metterla in quelle di Berlusconi. Metta infatti era relatore della causa con cui gli avvocati del Cavaliere avevano chiesto lo scioglimento di un precedente lodo che assegnava la casa editrice di “Panorama” all’Ingenere. Dietro la decisione di Metta, che allora tutti gli osservatori avevano considerato del tutto imprevista, però, c’erano le tangenti. “Almeno 400 milioni di lire” incassati dal magistrato per scrivere delle motivazioni ricopiate di sana pianta da una “minuta” poi ritrovata durante una perquisizione nello studio dell’avvocato Pacifico.

Già in sede penale era stato stabilito che il mandante dell’intera operazione, destinata a mutare profondamente gli equilibri nel mondo dell’informazione, era Silvio Berlusconi. Il Cavaliere non era infatti finito sotto processo solo perchè salvato dalla prescrizione. A pagare erano stati così solo gli avvocati, gli esecutori materiali del delitto. Nel luglio del 2007 la Corte di Cassazione, rendendo definitive le condanne di Previti &C., aveva aveva riconosciuto alla Cir il diritto a ottenere un risarcimento per i danni morali e patrimoniali patiti.

Le parole della Cassazione aprivano la strada alla causa civile, sottolineando «tanto il danno emergente quanto il lucro cessante, sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari». Per mesi la causa, che ha visto sfilare sul banco dei testimoni big della Fininvest, come Fedele Confalonieri e il cugino di Berlusconi, Giancarlo Foscale, si è così giocata non solo sulla ricostruzione dell’accaduto ma anche e soprattutto sulla quantificazione del danno.

Dopo la sentenza Metta del ‘91, tra Berlusconi e De Benedetti, era stato raggiunto un nuovo accordo propiziato dall’intervento dell’attuale deputato del Pdl (ma allora uomo di Giulio Andreotti), Giuseppe Ciarrapico. La Dc, preoccupata che Berlusconi, legato al segretario del Psi Bettino Craxi, si ritrovasse in mano di fatto tutta l’editoria italiana, dalle tv private fino ai giornali, aveva fatto sentire il suo peso. E alla fine Berlusconi aveva restituito a De Benedetti “L’espresso”, “La Repubblica” e un gruppo di quotidiani locali.

Oggi in casa Cir, ovviamente, c’è euforia. La società che è ancora impegnata per ottenere pure il risarcimento dei danni non patrimoniali, con un comunicato, “esprime soddisfazione” per la decisione del giudice civile, che dopo quello penale, “porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni”. De Benedetti invece rimpiange la grande occasione perduta più di 18 anni fa. “La sentenza”, dice, “non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano, ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l’hanno impedito”.

Come dire: se Berlusconi e i suoi avvocati non avessero tenuto in pugno molti giudici di Roma versando tangenti estero su estero, o foraggiandoli con bustarelle cash, la storia sarebbe stata diversa. I 750 milioni in contanti che Cir incasserà presto, a meno che il prevedibile appello della Fininvest con richiesta di sospensiva immediata, abbia successo, sono comunque in grado di dare una bella spinta al business dell’Ingegnere, proprio in un momento in cui i conti del Gruppo Espresso sono in grande difficoltà per il crollo dei mercati pubblicitari.

La causa civile è stata una battaglia di memorie, scandita da pochissime testimonianze: oltre ai big berlusconiani in aula si sono visti Ciarrapico, Corrado Passera (all’epoca collaboratore di De Benedetti) e l’avvocato Sergio Erede. Inizialmente gli avvocati di De Benedetti, Elisabetta Rubini e il professor Vincenzo Roppo, avevano quantificato il danno in 468 milioni di euro che, una volta rivalutati con gli interessi, sarebbero diventati circa un miliardo. Poi le pretese sono scese. Ma di poco.

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