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Corriere della Sera: vendite -14% Nessuno legge piu’ i giornali controllati dai “poteri forti”

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(WSI) – Prosegue l’emorragia di copie del Corriere della Sera, mentre il debito di Rcs sale ancora alla vigilia del termine per le disdette del patto che controlla via Solferino. Meno 14,3 per cento a 475.000 copie medie diffuse. Questo il bilancio di metà anno del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli che attraverso un ormai storico accordo tra azionisti fa capo tra gli altri a Mediobanca, Fiat, Generali, Intesa San Paolo, Pirelli, la famiglia Pesenti, Diego della Valle e la Premafin dei Ligresti.

Sull’andamento ha influito anche il calo del 5 per cento delle vendite in edicola registrato in concomitanza con l’aumento del prezzo di copertina. Meglio è andata alla Gazzetta dello Sport, che complessivamente ha perso il 2,7 per cento a 321.000 copie, mentre in edicola le vendite sono salite del 4,1 per cento. La rosea ha battuto il Corriere anche sul web, con una crescita della raccolta pubblicitaria del 90,6 per cento contro il +37,4 per cento registrato dall’area internet dell’ammiraglia. Complessivamente, poi, la divisione Quotidiani Italia di Rcs, che dallo scorso aprile è guidata direttamente dai rappresentanti dei soci Giovanni Bazoli, Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Cesare Geronzi, Giampiero Pesenti e Marco Tronchetti Provera accanto al presidente Piergaetano Marchetti e all’amministratore delegato Antonello Perricone, ha chiuso il semestre con ricavi in calo dell’1,2 per cento a 324,5 milioni di euro e margini in crescita a 56,2 milioni dai 17,7 milioni del 2009.

Peggio è andata alla Periodici, che nel consiglio di amministrazione annovera da qualche mese il vicepresidente ad hoc Massimo Pini, rappresentante dei Ligresti e che ha registrato una flessione del fatturato del 4,85 per cento a 115,8 milioni, con una diminuzione della raccolta pubblicitaria del 3,4 per cento, e margini ancora in negativo per 1,4 milioni (-3,5 milioni nello stesso periodo del 2009). E proprio sulla divisione che gestisce settimanali e mensili sono accesi i fari del mercato e del sindacato.

Quest’ultimo la settimana scorsa aveva chiesto lumi all’azienda sulla cessione, totale o parziale, della Periodici, che indiscrezioni di mercato avevano davano per imminente già mesi fa, indicando, nonostante le ripetute smentite, nella Mondadori della famiglia Berlusconi il principale candidato all’acquisto. Lumi che però ieri non sono arrivati, se non in modo estremamente sibillino. Licenziando i conti, infatti, l’azienda ha precisato che “l’elaborazione del piano triennale in atto, focalizzato anche sulla valorizzazione del portafoglio prodotti con particolare attenzione alla situazione finanziaria, non esclude – come noto – la valutazione di revisioni del perimetro di gruppo (o di singoli comparti), compatibilmente con l’andamento del mercato, rispetto alle attività ritenute non core, anche alla luce delle prospettive dei rispettivi settori”.

Revisione che andrà valutata abbastanza rapidamente, visto che nonostante Rcs abbia complessivamente chiuso la prima metà dell’anno con risultati in miglioramento rispetto all’annus horribilis che era stato il 2009, il saldo finale è rimasto negativo per 9,8 milioni di euro (contro la perdita di 65,1 milioni di giugno 2009) e i ricavi si sono praticamente fermati a 1,096 miliardi (1,092 miliardi l’anno prima).

Ma, soprattutto, il debito del gruppo è salito di una cinquantina di milioni rispetto alla fine del 2009 e ha raggiunto a quota 1,1 miliardi. Una zavorra che se non alleggerita potrebbe costringere i grandi soci del gruppo a mettere mano al portafoglio ovvero ad aprire la porta agli azionisti rimasti fuori dal patto come Giuseppe Rotelli. E l’occasione è alle porte, con la scadenza per le disdette del patto in calendario per prossimo 15 settembre.

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