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CORPORATE BOND: ITALIA ‘MAGLIA NERA’ IN EUROPA

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Il Duemila sara’ ricordato da molti investitori come un anno decisamente grigio. A fine anno il Nasdaq, il tabellone dei titoli tecnologici, infatti accusava una secca perdita superiore al 60%.

A fine dicembre 2000, il listino elettronico si attestava sui 2.470 punti: un risultato alquanto deludente se rapportato al picco di agosto quanto era stata oltrepassata la soglia dei 4.200 punti.

Parafrasando un detto popolare, tuttavia, non tutti i mali sono venuti per nuocere.

La fuga in massa dai titoli azionari ha infatti spinto molti investitori a rivolgersi a un mercato fino allo scorso anno poco considerato dal grande pubblico ma in grado in realta’ di regalare non poche soddisfazioni: le obbligazioni societarie.

In base a un rapporto della Merrill Lynch sul mercato dei bond, il “Size & Structure of the World Bond Market”, si e’ evinto che un grande salto in queso senso e’ stato compiuto dall’Europa.

Davanti a una crescita globale dell’1,8%, i corporate bond europei hanno registrato nel 2000 una vigorosa crescita del 29%.

Un dato, questo, significativo soprattutto se rapportato al modesto incremento dei bond statali che, se su scala mondiale sono cresciuti appena dello 0,5%, in Eurolandia sono lievitati dell’8% rispetto al 1999.

Con una crescita annuale pari al 7%, il mercato italiano non costituisce un’eccezione, anche se a fronte di un incremento del 9% rispetto a due anni fa delle obbligazioni emesse da societa’ private, fa da contraltare una forte l’incidenza dei titoli di stato.

Il Bel Paese sconta infatti un elevato debito pubblico italiano al punto da rappresentare nel contesto europeo il piu’ grande mercato dei titoli di stato ($932 miliardi).

La ragguardevole entita’ del debito pubblico non e’ tuttavia il solo problema che il mercato nostrano dei bond si trova difronte.

“Quando parliamo di mercato italiano e mercato europeo per forza di cose dobbiamo adottare due pesi e due misure”, spiega a Wall Street Italia Luigi Stella di Banca di Roma.

Secondo Stella, infatti, se e’ vero che il mercato europeo delle obbligazioni si sta spostando anno dopo anno sempre piu’ in favore dei corporate bond, e’ pur vero che l’Italia nel contesto dei Quindici rappresenta la “maglia nera”.

Questo perche’, fa capire Stella, ci sono molte societa’ emittenti italiane che, in quanto non esposte ai rating delle agenzie internazionali, presentano una autovalutazione alterata rispetto ad altre societa’ europee dello stesso. “In questo modo – sottolinea l’operatore – le obbligazioni aziendali italiane tendono a costare di piu’ rispetti a quelle delle colleghe d’oltralpe”.

Sempre secondo Stella questo ritardo, se sommato al fatto che la maggior parte delle emittenti italiane danno vita a emissioni di piccola entita’ (150 mln di euro), non attrae i grandi investitori “che come minimo investono per cifre minime di 400 mln di euro”.

Stella, tuttavia, si dice ottimista per quelle che saranno le prospettive del mercato italiano ed europeo piu’ in generale per la fine dell’anno.

Tra i fattori che, a suo guidizio, incideranno sulla crescita del mercato per la fine di quest’anno, l’abbassamento europeo dei tassi d’interesse e l’assestamento del mercato dell’equity.

“Visto che spesso le societa’ emittenti sono quotate – conclude l’analista di Banca di Roma – una ridotta volatilita’ dei mercati azionari, come quella che stiamo vivendo ora, non puo’ che far bene al sentiment degli operatori che intendono investire nelle emissioni delle societa’”.

Non esprime lo stesso attegiamento ottimista Riccardo Morelli di Banca Aletti: “francamente, non vedo un grande sviluppo del mercato europeo dei bond. Esso infatti rimane ancillare rispetto a quello americano in quanto ancora molto sottile e dotato di pochi strumenti e altrettanto poche emissioni”.

Fermo restando l’adesione in linea di massima al trend espresso dal report di Merril Lynch, Morelli ritiene che un gran limite del mercato obbligazionario europeo non sia solo nella quantita’ ma soprattutto nella qualita’.

“Credo che vi sia ancora molta strada da fare da questo punto di vista. Il mercato americano e’ superiore 15 volte al mercato europeo, ma non e’ questo il punto. Cio’che a mio avviso rappresenta un freno – evidenzia Morelli – e’ il mediocre ventaglio di scelta a disposizione dell’investitore”.

“Il mercato europeo dei bond si presenta ingolfato dalla pioggia di emissioni delle societa’ europee di telecomunicazioni – conclude Morelli – e cio’ la dice lunga sullo stato di salute dei corporate bond nel Vecchio Continente”.