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Corea del Sud: Hyundai tiene in Borsa

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Il presidente della Hyundai, la maggiore industria automobilistica sudcoreana tra le prime sei a livello mondiale, viene condannato ieri a tre anni di reclusione senza condizionale per corruzione e appropriazione indebita. Chung Mongkoo, 68 anni, è arrestato lo scorso aprile con l’accusa di essersi appropriato di 90 miliardi di won (80 milioni di euro). Un giudice di primo grado dichiara Chung colpevole di avere stornato in breve tempo l’ingente somma a fini personali, con un comportamento criminoso che causa perdite per altri 210 miliardi di won (185 milioni di euro). Il giudice tuttavia decide di non riordinare l’arresto del presidente, scarcerato a giugno dopo il pagamento di una notevole cauzione, allo scopo di consentirgli di preparare al meglio la difesa in secondo grado e ridurre al minimo le ripercussioni della sentenza sull’economia del Paese, di cui la Hyundai rappresenta una delle industrie principali. Mentre l’accusa chiede una pena di sei anni di reclusione, la difesa si appella alla clemenza della corte, imperniando la propria strategia difensiva sulle disastrose conseguenze che a suo dire avrebbe avuto, sul gruppo Hyundai e sull’economia sudcoreana stessa, una condanna al carcere per Chung. La sentenza di ieri prende in contropiede la maggior parte degli analisti finanziari, presso i quali erano diffuse le aspettative per una condanna con la condizionale, anche alla luce di altri casi giudiziari simili a carico di manager di spicco sudcoreani. In Borsa Hyundai tuttavia tiene alla notizia della condanna del proprio presidente: andato sotto di oltre 3 punti immediatamente dopo la lettura della sentenza, il titolo della casa automobilistica gradualmente riguadagna nel corso della seduta, arrivando a chiudere sostanzialmente invariato a 69.800 won, contro un indice generale a più 0,34 per cento fatto registrare a fine giornata dalla piazza di Seul. Il gruppo Hyundai, che con la sua affiliata Kia Motors copre il 70 per cento del mercato automobilistico interno e il 7 per cento delle esportazioni complessive sudcoreane, sta attraversando un periodo non facile dal punto di vista manageriale: oltre allo scandalo che coinvolge il presidente Chung, l’azienda è alle prese con un sensibile calo delle vendite, vertenze sindacali aperte e, complice anche la debolezza del dollaro americano sulla divisa sudcoreana, il fiato sul collo della concorrenza aggressiva proveniente dal vicino Giappone. Chung è considerato uno dei cinque maggiori imprenditori sudcoreani: è a capo della Hyundai dal 1999, quando costringe alle dimissioni il padre Juyung, che ne è il fondatore. Lo scorso maggio il padre della seconda industria automobilistica del Paese, la Daewoo, è condannato in primo grado a dieci anni di carcere per corruzione e bancarotta fraudolenta. Kim Woochong, 70 anni, è arrestato nel giugno 2005, al rientro in patria dopo essere fuggito all’estero del 1999 dinanzi all’incalzare dei debiti.