Investimenti

Coop fallite, situazione più grave di quella delle 4 banche salvate

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La situazione è ritenuta da alcuni più grave di quella delle quattro banche regionali fallite e salvate con i soldi di investitori e correntisti. La bolla dei “prestiti sociali” delle cooperative rischia di essere assai più devastante di quella di Banca Etruria e Banca Marche, secondo il quotidiano La Verità.

Le analogie sono evidenti: i risparmiatori si sono fidati e dopo la liquidazione o il default di molte realtà, centinaia di famiglie e lavoratori hanno subito perdite ingenti. È un altro esempio italiano del fenomeno del ‘risparmio tradito‘. “Ma, soprattutto, che nessuno ha protetto e che nessuno sa più come proteggere”, scrive Mario Giordano.

La Coop si è difesa dalle accuse ricordando che l’istituto del prestito sociale sia “regolamentato da precise norme” su cui Banca d’Italia e cooperative “sono intervenute a vantaggio e tutela dei soci prestatori“, ma per le associazioni a tutela dei consumatori la situazione deve essere evidentemente sfuggita di mano e così “le coop si sono trasformate in banche, senza poterlo essere”.

Già l’anno scorso Federconsumatori aveva lanciato l’allarme chiedendo che Bankitalia monitorasse da vicino la situazione per impedire che i soci perdessero i loro soldi a causa dell’apertura di una crisi o di un fallimento. I casi sono diversi e spalmati su tutto il territorio nazionale. L’unico in ordine di tempo è quello del Friuli.

“Molti lo ricorderanno: la CoopCa, che gestiva una quarantina di supermercati in Carnia, e le Coop Operaie di Trieste avevano trascinato nel fallimento i risparmi di circa 20.000 soci, per un totale di quasi 130 milioni di euro . Nell’occasione il sistema delle cooperative era intervenuto per restituire una parte dei soldi e cercare di fermare l’ondata di panico presso gli altri prestatori sociali, cioè gli altri soci che hanno affidato i risparmi alle coop. Per lo stesso motivo Lega coop ha rimborsato anche ìl 40 percento delle somme depositate nelle prime due cooperative saltate a Reggio Emilia: la Coop Muratori di Reggiolo (su 49 milioni di prestiti ne sono stati rimborsati 19, gli altri 30 sono andati in fumo) e la Orion (su 5 milioni di prestiti ne sono stati rimborsati 2, gli altri 3 sono andati in fumo). Ma durante l’ultima riunione, pochi giorni fa, alla presenza della Federconsumatori che sta seguendo tutta la pratica nazionale, Legacoop è stata esplicita: i soldi sono finiti. Rien ne va plus”.

Coop trasformate in banche senza poterlo essere

“Alla cooperativa di costruzioni Di Vittorio di Fidenza si sono visti proporre un rimborso del 25 per cento. Troppo poco”, racconta il quotidiano. “Alla Coopsette e alla Unieco di Reggio Emilia stanno ancora aspettando,ma con sempre meno speranze. Le hanno già perdute tutte, invece, a Varese, dove gli 800 soci della Cooperativa Nuova (che ha realizzato oltre 3.500 immobili in tutta la provincia) da settembre è in mano a un liquidatore. «I 7 milioni di euro che abbiamo depositato lì non sono più disponibili per noi», dice Franca Centofanti, del comitato soci. E non lo saranno mai. I soci prestatori, infatti, sono creditori chirografari, gli ultimi a essere rimborsati’ dopo le banche, dopo i fornitori, dopo tutti gli altri. «È ovvio che per noi non resterà nulla», chiude sconsolato Franco Montali, della coop Di Vittorio di Fidenza, che sta cercando di organizzare il comitato nazionale dei risparmiatori beffati“.

Ma come è stato possibile arrivare a questo punto? “Il sistema è degenerato. Forse le coop si sentivano troppo forti, c’è stato delirio di onnipotenza“, spiega al giornale Giovanni Trisolini, della Federconsumatori di Reggio Emilia. “In effetti, è stato così: le coop si sono trasformate in banche, senza poterlo essere. Ma non essendo formalmente banche hanno potuto ignorare tutti quei parametri di bilancio che invece le banche devono avere. Per esempio: vi pare possibile avere 11 miliardi di raccolta credito su un fatturato complessivo di 12 miliardi di euro? Voi direte: qualcuno dovrebbe pur vigilare. Infatti, dovrebbe”.

Bankitalia nel frattempo ha tentato di intervenire, ma con troppo colpevole ritardo e senza quindi ottenere risultati soddisfacenti. Il 9 novembre 2016 sono state pubblicate le “disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche”, in cui si chiedevano alle coop garanzie patrimoniali e si introducevano obblighi di trasparenza.

Giordano ha l’impressione che sia soltanto “l’inizio di una catastrofe” annunciata. Di quegli 11 miliardi depositati alle coop, pochi sono al sicuro, secondo il giornalista. “Le prime a crollare sono state le cooperative di costruzioni e quelle abitative, perché la crisi ha colpito duro innanzitutto lì. Ma ora sono a rischio anche le coop di consumo. Anzi, sono ancora più a rischio perché, come notava Il Sole 24 Ore qualche mese fa, esse «hanno scelto la strada della finanza spesse volte arrischiata o meglio indotta da intrecci politico-corporativi come proprio modus vìvendi»”.

Più che supermercati, insomma, holding finanziarie: come documenta R&S Mediobanca il margine operativo dalle vendite alla cassa è pari allo zero e quel 2 per cento di utili netti sul fatturato che il sistema produce arrivano proprio dalla finanza. Ma sono al sicuro i soldi dei soci prestatori nelle mani dei gestori di supermercati che sono diventati all’improvviso banchieri per necessità, furbizia, senso di onnipotenza o «intrecci politico-corporativi»?”

La bolla sta per esplodere e gli effetti saranno devastanti

Dopo le coop abitative e di costruzioni, la crisi rischia di coinvolgere anche le coop di vendita, un settore il cui fatturato è in calo. Alcuni colossi come Unicoop Tirreno (109 negozi) sono andati in crisi con un buco di 100 milioni. In questa vicenda la Banca d’Italia è intervenuta con forza, facendo notare come quei 930 milioni (930 milioni) depositati dai soci prestatori di Unicoop Tirreno non potevano considerarsi per nulla al sicuro.

La Legacoop è corsa in aiuto, ma “se i soldi di Legacoop sono finiti che succederà al prossimo caso?” si chiede retoricamente Giordano. “Quante altre situazioni del genere ci sono in giro per l’Italia? Quante rischiano di esplodere come è successo a Varese, a Fidenza, a Bollate e a Reggio Emilia? E il governo che farà? I comitati dei soci, ovviamente, chiedono di essere tutelati. «Come i risparmiatori delle banche», dicono. Ma i risparmiatori delle banche non sono stati affatto tutelati. E poi: quanti soldi pubblici si potranno versare alle coop senza suscitare l’ira degli italiani? La bomba sta per esplodere. E i danni saranno devastanti”.

Oltre 150 soci sovventori e prestatori delle coop fallite, provenienti da tutta Italia, si erano riuniti il 18 maggio a Roma in un presidio per testimoniare anche a Montecitorio la gravità della situazione di coloro i quali hanno perso i risparmi, il lavoro e persino la casa. L’iniziativa promossa da Federconsumatori si è andata ad aggiungere a quelle che in in Emilia-Romagna si sono susseguite davanti alla prefettura di Reggio Emilia, e alla sede regionale di Legacoop a Bologna.

Anche la Cgil, con una delegazione regionale e una reggiana, ha aderito alla manifestazione. A ricevere i rappresentanti delle coop e di Federconsumatori è stato il deputato Guglielmo Epifani, presidente della commissione Attività produttive alla Camera, a cui sono state inoltrate le richieste di maggiori garanzie e tutele per i risparmiatori delle cooperative. Tra queste, in particolare, quella di un fondo che imponga a tutte le cooperative di salvaguardare e rinfondere in caso di necessita’ i risparmi dei soci.

“È stato rimarcato che il fondo non deve riguardare solo il futuro ma anche il pregresso. Sono decine di migliaia i risparmiatori delle cooperative coinvolti nei fallimenti e l’ammontare del risparmio perduto riguarda diverse centinaia di milioni di euro”, spiega il presidente provinciale della Federconsumatori di Reggio Giovanni Trisolini.

Epifani, spiegava Trisolini, “si è impegnato a promuovere con la presidenza della Camera la discussione delle interpellanze presentate in questi giorni sul tema, intervenire con il governo per promuovere una iniziativa legislativa a favore della costituzione del fondo e di maggiori garanzie e vigilanza sul risparmio cooperativo ed a proporre un tavolo che riunisca cooperazione, Governo e parti sociali, in seno al ministero dell’Economia”.

Federconsumatori, conclude Trisolini, “esprime soddisfazione per la grande partecipazione e per l’impegno assunto dalle istituzioni ma con la consapevolezza che il percorso è solo all’inizio. In tal senso la mobilitazione non si arresta”. Altre azioni sono infatti previste con i soci in tutt’Italia, ma come già evidenziato sopra, potrebbe essere troppo tardi.

Coop e prestiti sociali: numeri e indagini in corso

In un primo momento Bankitalia ha richiamato all’ordine le cooperative, spiegando che a esse “come a tutti i soggetti diversi dalle banche non è consentito effettuare raccolta rimborsabile a vista” e che “le modalità commerciali con cui tale strumento viene presentato possono ingenerare nel pubblico l’idea di una sostanziale equiparazione di questa forma di raccolta rispetto a quella effettuata dalle banche”.

Dopo il duplice default friulano di Coop Operaie a Trieste e di CoopCa nella regione della Carnia, la banca nazionale ha detto anche che “in considerazione delle problematiche emerse in occasione di alcuni episodi di crisi d’impresa, si sono sviluppati interventi sulla raccolta presso i soci effettuata dalle cooperative con basi sociali ampie”. Nel frattempo sta prendendo piede l’ipotesi di ricorrere a un’iniziativa legislativa: a fine giugno Federconsumatori ha proposto di istituire un fondo a protezione dei prestatori sociali, che sia indipendente dalle cooperative e che tuteli i soci in caso di fallimenti.

Per molti risparmiatori l’intervento delle autorità di vigilanza e dei legislatori è però arrivato troppo tardi. L’ammontare dei risparmi in bilico tocca diverse centinaia di milioni di euro, come ha comunicato il presidente provinciale della Federconsumatori di Reggio Giovanni Trisolini. I soci Coop che hanno paura di vedere i propri risparmi depauperati chiedono alle autorità di essere tutelati, come se fossero i risparmiatori di una banca tradizionale.

I magistrati intanto stanno indagando su possibili ipotesi di illecito. Sedici persone, tra ex presidenti, consiglieri, sindaci e direttore, sono finite nel registro degli indagati per il crac di CoopCa. L’accusa è triplice: di bancarotta, fraudolenta e non, di attività di raccolta del risparmio abusiva e di truffa rispetto all’acquisto di una serie di titoli azionari. Anche del fallimento delle Coop operaie di Trieste si discuterà in tribunale dopo che 222 soci hanno intentato una causa civile contro la Regione per omessa vigilanza. L’ente si è difeso sostenendo che sono i soci “a non aver tutelato per primi i propri interessi”.

In Italia esercitare abusivamente l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico è considerato un reato penale. I casi di istituti abusivi segnalati sinora sono diversi ma nessuno si è ancora concluso. In un paio di occasioni le verifiche da parte dell’autorità inquirente sono scattate su segnalazione di Bankitalia dopo un esposto di Elio Lannutti, presidente di Adusbef, società a tutela dei consumatori, risalente addirittura al 2013. L’impressione è che, se le autorità si fossero mosse con maggiore anticipo, una buona parte delle perdite si poteva evitare.

I casi di Coop costrette a chiudere sono molteplici e spalmati su tutto il territorio nazionale, dalla Lombardia al Friuli, dall’Emilia Romagna al Lazio:

  • Reggio Emilia (Orion, Coopsette, Unieco, in totale persi 25,5 milioni)
  • Reggiolo (Coop Muratori, massima somma saltata: 30 milioni)
  • Trieste (crac di Coop Operaie ha coinvolto 16 mila risparmiatori con 102 milioni di euro di depositi)
  • Milano (Unacoop, interessati risparmi per 16 milioni)
  • Varese (Cooperativa Nuova, 7 milioni in fumo)
  • Roma (Deposito – Locomotive, 1,5 milioni persi)
  • Piacenza (Indacoo, 2,8 milioni)
  • Fidenza (Di Vittorio, persi 12,5 milioni, proposto rimborso del 25%)
  • Udine (Dopo che CoopCa, la quale gestiva una quarantina di supermercati nella Carnia, ha chiuso i battenti, 27 milioni di euro sono rischio)

Coop, un business da 151 miliardi di fatturato, come il Pil dell’Ungheria

  • Le Coop al consumo hanno registrato un fatturato pari a 14,5 miliardi nel 2016. Le Coop in generale di 151 miliardi, pari all’8% del Pil italiano e più dell’intera Ungheria. E questo senza contare Unipol, che è controllata dalle Coop.
  • Le Coop controllano il 34% della distribuzione al dettaglio in Italia.
  • Un italiano su tre ha una tessera Coop e uno su cinque compra presso i loro rivenditori.
  • Un milione e duecentomila sono i soci che hanno aderito al prestito sociale, per un ammontare di 10,8 miliardi di euro.
  • Nel 2014 investiti 12,2 miliardi: 3,1 miliardi in titoli di Stato; 2,4 miliardi in obbligazionari, 2,1 miliardi di partecipazioni (in Unipol, Mps e Carige), 1,5 miliardi di titoli non immobilizzati, 2 miliardi di liquidità
  • Due le cause in corso, a Trieste e Udine. Per crac CoopCa sono indaganti in 16 tra ex dirigenti e sindaci. Le accuse: bancarotta, truffa e attività abusiva di raccolta del risparmio.

Fonte dati: Mediobanca, sito Coop e Libro ‘Coop Connection’ edito da Chiarelettere