Società

CONTROPIEDE,
I CINESI SI BATTONO
A CASA LORO

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(WSI) – Meglio prevenire che curare. È questa la sintesi dell’internazionalizzazione produttiva di De’ Longhi, la vera riscossa del NordEst. Mentre gli altri dormono o aspettano che la manna arrivi dal cielo, i veneti fanno, e Bepi, come chiamano Giuseppe De’ Longhi a Treviso, ha già fatto. Lui ha agito con decisione, visione, determinazione, per risolvere i problemi alla radice e per evitare che quella che era diventata in Europa una crisi settoriale diventasse una crisi aziendale.

È il modo di agire di chi vive il business sulla propria pelle da imprenditore e non da finanziere: creare opportunità dove c’è sentore di crisi, adattarsi, anticipare gli eventi, cambiare strategia non per sopravvivere, ma per iniziare una nuova era. Lo facevano i grandi generali di un tempo, lo fanno gli industriali previdenti, coloro che sanno vedere all’orizzonte l’arrivo di un nemico e sanno cambiare la propria strategia aziendale in modo tale da salvaguardare i fondamentali dell’azienda creando i presupposti per un ulteriore sviluppo futuro. Così De’ Longhi ha gestito il fenomeno ” crisi del settore” del piccolo elettrodomestico, già in essere da due anni, attuando una strategia di ristrutturazione degli stabilimenti e delle figure professionali, in particolare degli operai, internazionalizzando la produzione.

L’apprezzamento dell’euro rischiava di mettere fuori mercato l’azienda che doveva competere con le multinazionali dell’area dollaro. A fine 2002 il dollaro valeva 0,82 sull’euro, oggi 1,30. Avendo De’ Longhi il 40% del fatturato sviluppato in quest’area, ha avuto una perdita di quasi 100 milioni di euro in questi due anni. Come direbbe Bonolis, quasi 200 miliardi del vecchio conio è costato l’euro alla De’ Longhi.

Anche nel bilancio 2004, la copertura della perdita dei cambi ha influito per circa 10 milioni. Dal bilancio 2004 della De’ Longhi, emergono la sostanza, una crescita in volumi dell’ 8% che per la dipendenza dell’area dollaro ha ridotto la crescita del fatturato allo 0,7% a 1.287 milioni, e la previdenza come stile fondamentale, perché i costi relativi alla ristrutturazione delle attività industriali italiane sono stati totalmente contabilizzati nel conto economico 2004, per un totale di circa 12 milioni. Per il 2005 il Gruppo non prevede di dover sostenere ulteriori oneri straordinari derivanti dal trasferimento delle attività produttive avendo spesato già tutti i costi.

La scelta di aver spesato tutti i costi di ristrutturazione nel 2004 dimostra, come dicono a Treviso, che ” se vede che ghe xe i schei e no i busi” ( l’azienda ha i soldi e non i buchi di bilancio). Questa è la vittoria di un business model valido che entra nel 2005 rafforzato e prevede l’incremento dell’utile netto già a partire dal corrente esercizio. Business model che ha portato il Consiglio d’Amministrazione a deliberare di proporre alla prossima Assemblea degli Azionisti del 28 Aprile il mantenimento di un dividendo di 0,06 per azione invariato rispetto all’anno precedente Il management, guidato da Stefano Beraldo concluderà il turn around industriale portando l’azienda ad avere i fondamentali perfetti al di là del Pacifico ed entrando nel 2006 in perfetta forma sia industriale che finanziaria.

Come dicono a Treviso: ” bisogna risparmiar quando ghe xe i schei perché quando non i ghe xe no serve risparmiar” ( bisogna risparmiare quando ci sono i soldi, perché quando non ci sono i soldi non sreve risparmiare). La ricerca e sviluppo si è concentrata nel caffè, facendolo diventare in nemmeno un anno di attività il primo settore dell’area cottura. La caffettiera Alicia è diventata: ” Alicia nel paese delle meraviglie” per il gruppo del ” Signor Bepi”, come i suoi chiamano De’ Longhi, esattamente come Luciano Benetton è chiamato ” Signor Luciano”.

Il nome proprio preceduto da Signore e non da Dottore con la laurea di corso di studi come Giuseppe De’ Longhi o Honoris Causa come Luciano Benetton, è il vero cavalierato del NordEst. Ma le strategie non si attuano solo attraverso mosse tattiche fatte di numeri e percentuali, ma con la responsabilità sociale e De’ Longhi lo ha dimostrato in occasione del recente accordo sindacale, nel quale, ad esempio, è stata prevista la non applicabilità della ristrutturazione per uno dei due coniugi o coppie di fatto con prole a libera scelta nel caso ambedue fossero coinvolti e la possibilità di usufruire dell’incentivo all’esodo anziché della cassa integrazione per quei dipendenti che intendessero ritornare al paese d’origine.

Sono segnali di una sensibilità sociale che nel NordEst di matrice cattolica è imprescindibile e che deve accompagnare chi vuole muoversi sul mercato in maniera responsabile. La delocalizzazione produttiva della De’ Longhi si attua in Inghilterra, in Cina e in Russia, ove viene praticata con l’etica della grande impresa, non da sfruttatori del Terzo Mondo. In Cina e in Russia la De’ Longhi ha introdotto politiche del personale equivalenti a quelle italiane per quanto riguarda orari, straordinari, sicurezza e mense.

È chiaro che chi ha deciso di firmarsi “De’ Longhi Living Innovation” ha deciso di cambiare pelle. Oggi per le aziende non è facile cambiare, specialmente in Italia, dove l’unica multinazionale che abbiamo è la Fiat. Ma io credo che la Cina con un miliardo di consumatori e la Russia con 250 milioni, possa rappresentare quello che il Brasile è stato per la Fiat: il luogo dove produrre e dove v e n d e re.

De’ Longhi è una multinazionale commerciale importante: vende in 80 paesi con 17 filiali dirette, ma essere una multinazionale significa anche produrre e vendere sul posto in particolare in questi paesi come Russia ( circa 23 milioni) e Cina (circa 20 milioni, principalmente macchine per caffè e deumidificatori) dove i dazi superano il 20%. Ma De’ Longhi produce anche in Inghilterra dove ha un fatturato di circa 180 milioni. Inizia l’era delle multinazionali tascabili e il modello De’ Longhi è quello vincente, con la testa dove ci sono le radici, un forte head office a Treviso, per arrivare in tutto il mondo. Dovrà solo sacrificare la pubblicità T’asciugo De’ Longhi, perché per i cinesi è difficile capire ” Te gà sugà il canal?

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