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Conti segreti: una delegazione svizzera attesa a Roma

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Roma – L’occasione per rompere il ghiaccio dopo mesi di polemiche verbali a distanza si presenterà domani a Roma: a Palazzo Madama la commissione finanze del Senato incontrerà una delegazione di parlamentari svizzeri.

Sarà il contesto per cominciare a parlare delle questioni fiscali che hanno raffreddato i rapporti tra i due stati e soprattutto per valutare se anche l’Italia potrà sottoscrivere l’accordo sui capitali esteri depositati nelle banche elvetiche già firmato da Germania e Gran Bretagna.

A partire dall’inizio di agosto le diplomazie politiche, dell’una e dell’altra parte, si sono mosse per aprire la strada a questo traguardo. L’Italia potrebbe incamerare, grazie all’accordo, non meno di 2 miliardi l’anno, la Svizzera verrebbe tolta dalla «black list» dei paradisi fiscali in cui Tremonti continua a mantenerla, ma vedrebbe nel contempo salvaguardato il fortino del segreto bancario; la «traccia» dell’accordo prevede infatti che le banche elvetiche gireranno sì all’Italia il prelievo sui depositi bancari ma manterranno l’anonimato sui titolari dei conti.

Si può fare? La strada è considerata lunga e non sarà certo l’incontro di domani a risolvere tutto.

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Roma – Cinque volte tanto: è quello che potrebbero pagare gli evasori che si «pentiranno» oggi rispetto a quelli che hanno ammesso le proprie colpe nell’ ultimo scudo fiscale. La prima tranche della sanatoria del 2009 tassava i capitali emersi all’ estero al 5%, il possibile accordo fiscale tra Roma e Berna – di cui si parla ora – potrebbe alzare l’ asticella al 25%: è una delle ipotesi che circolano tra gli addetti al settore, non è quindi detto che sia presa in considerazione anche dal governo e Fisco italiano.

Resta comunque il fatto che quel 25% è in linea con gli accordi già firmati da Berna con Londra e Berlino per la tassazione dei capitali di tedeschi e britannici (non residenti in Svizzera) depositati nella Confederazione e non dichiarati al Fisco d’ appartenenza, inglese o germanico che sia. Partendo (e scendendo) da un prelievo massimo del 34%, infatti, l’ aliquota media sui capitali degli evasori tedeschi e britannici «neopentiti» dovrebbe attestarsi intorno al 25%.

Questo vale per chi sceglierà di mantenere l’ anonimato accettando il nuovo prelievo alla fonte da parte degli svizzeri e poi girato a Berlino e Londra, evitando di dichiararsi apertamente al proprio Fisco e pagare le aliquote nazionali intere. Quanto ai redditi degli anni a venire (gli accordi – preliminari – partono dal 2013), Berlino ha firmato con Berna per un prelievo del 26,3%, mentre Londra ha replicato le aliquote nazionali, come il 40% sui dividendi. Se l’ Italia scegliesse la via inglese, dal 2013 i nuovi interessi emersi dalle valli elvetiche verrebbero tassati al 20%.

Tra 25% una tantum e 20% a seguire, «sarebbe un nuovo scudo, con un’ aliquota più decorosa», secondo Tommaso Di Tanno, docente di diritto tributario all’ università di Siena. Ma non sono questi gli unici numeri delle ipotesi italosvizzere in circolazione in questi giorni. Secondo il quotidiano «MF» si potrebbe arrivare a una ritenuta intorno al 30% sui conti correnti intestati a cittadini italiani.

Con il mantenimento dell’ anonimato e la possibilità per il correntista di smobilitare non più del 5% del patrimonio totale ogni sei mesi. Un’ ipotesi, quest’ ultima, però «improbabile, che non risulta essere inclusa negli accordi di Berna con Berlino e Londra», commenta Guglielmo Maisto, docente di diritto tributario alla Cattolica di Piacenza. Se da Roma si guarda con interesse ai modelli inglese e tedesco – e un tavolo di governo dovrebbe aprirsi presto con Berna – restano comunque nell’ esecutivo italiano i dubbi per l’ anonimato che non cade. In una nota del ministero degli Esteri elvetico di ieri, dopo un incontro con il governo ticinese, si legge che «la ripresa dei negoziati con l’ Italia in ambito fiscale è al centro degli sforzi» dell’ esecutivo federale.

All’ inizio di giugno il tema «è stato al centro dei colloqui con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi» e successivamente a tale incontro – scrive Berna – Roma ha dato segnali positivi. Intanto anche Parigi starebbe muovendosi sul fronte elvetico. Lo spiega da Strasburgo l’ eurodeputata Lara Comi, vicecoordinatore del Pdl per la Lombardia: «Sentendo alcuni colleghi sembra che Parigi stia valutando l’ ipotesi di un accordo con la Svizzera».

Quanto alle intese già firmate, quelle con Berlino e Londra, ora cominciano ad arrivare le prime domande dagli operatori specializzati. Un esempio: come fare se prima del 2013 – anno di entrata in vigore degli accordi – qualche evasore decidesse di trasferire il proprio deposito (liquido, azionario o obbligazionario che sia) dal caveau di Zurigo a quello di una più lontana e irraggiungibile (per il Fisco) isola caraibica?

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