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CONSUMI USA: COME LEGGERE IL DATO SULLA FIDUCIA

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Il dato sulla fiducia dei consumatori è risultato superiore al consensus di mercato posizionandosi a quota 92,9 da 88,5. Si è registrato un incremento della componente prospettica (da 91,3 a 94,5) ma è stata soprattutto la componente corrente (da 84,4 a 90,6, valore massimo dall’agosto del 2002) a spiegare il recupero di fiducia rispetto al mese precedente. In tal caso il miglioramento della percezione corrente è spiegata in gran parte dalla buona percezione delle condizioni del mercato del lavoro: ad esempio l’hard to get job index si è posizionato ai livelli minimi dal novembre del 2002 a quota 27,6% da 29,9%.

Anche sulla componente aspettative la variabile lavoro ha inciso positivamente: la percentuale di coloro che hanno dichiarato di attendersi un aumento dei posti di lavoro è passata da 15,7 a 18,2%.

Il dato di per sé si è rivelato piuttosto netto in termini di indicazioni soprattutto con riferimento al dato generale sul mercato del lavoro del prossimo venerdì. A tal proposito ricordiamo che l’attuale consensus in termini di non farm payrolls è posizionato a quota 175.000 e vi sono diverse case di investimento che si spingono ad ipotizzare una variazione di +200.000 unità.

Emblematica è invece la prima reazione del mercato. Il dollaro ha registrato finora un deprezzamento verso Euro riposizionandosi al di sopra di quota 1,19. Allo stesso tempo il mercato obbligazionario ha sì registrato una discesa dei prezzi ma in forma piuttosto contenuta. Il mercato azionario ha reagito positivamente ma anche in questo caso in forma piuttosto tiepida con un rialzo dei principali indici Usa compresi nell’ordine dello 0,75%. Un dato netto come quello di oggi (soprattutto con riferimento alla tanto attesa componente occupazionale) avrebbe indotto a pensare ad una reazione più forte, che nel caso del dollaro poteva essere immaginata addirittura nel senso opposto rispetto a quanto poi concretamente verificatosi.

Come spiegare tale reazione? Evidentemente il dato di oggi è servito agli operatori solo per avvalorare l’ipotesi di un buon dato sui non farm payrolls, ipotesi che però era già stata ampiamente incorporata nei giorni scorsi. In sostanza la reazione di oggi potrebbe essere sintomatica di una potenziale maggiore reattività del mercato verso notizie macro negative (almeno se confrontate rispetto alle attese) piuttosto che a quelle positive. In tal caso il principale motivo di attenzione nel breve termine potrebbe essere rappresentato dal dato sul Pil del primo trimestre (in pubblicazione il prossimo giovedì): le attese “core” di mercato sono per una crescita del 6%. Il rischio è di attese eccessivamente ottimistiche per cui paradossalmente un dato anche lievemente al di sotto del 5% potrebbe essere letto come negativo.

La reazione di oggi pertanto, alla luce di tali considerazioni, potrebbe portare nel breve termine alle seguenti possibili implicazioni:

1) si conferma il livello di 1,18 come forte livello di supporto per il cross Euro/Dollaro ed anzi nel breve termine si apre la possibilità per una breve fase di deprezzamento del Dollaro fino a quota 1,21. A tal proposito rileviamo anche che negli ultimi giorni si è registrato un sensibile ridimensionamento del prezzo delle Ram che in genere prelude ad un indebolimento del Dollaro.

Se questa è la view di brevissimo termine ribadiamo però la validità della nostra view di fondo: possibilità di apprezzamento del Dollaro nei prossimi 6 mesi fino a quota 1,15 grazie ai buoni dati macro attesi soprattutto tra maggio e giugno. La ripresa del trend primario di deprezzamento del Dollaro continua ad essere collocata a nostro avviso nei mesi successivi alle elezioni Usa, quando il tema del peso del deficit di partite correnti potrebbe nuovamente rappresentare il mover sul forex;

2) sul mercato dei tassi si conferma come piuttosto rilevante l’area compresa tra il 4,45 ed il 4,5% in termini di tasso a 10 anni Usa. Aggiungiamo però che nel trimestre in corso, i possibili dati macro favorevoli oltre all’attesa di una diminuzione degli acquisti di Treasuries da parte di investitori asiatici potrebbero spingere i tassi fino ai massimi dello scorso anno (4,65%). Ribadiamo allo stesso tempo la nostra view di tassi in calo nella seconda parte dell’anno quando potrebbero emergere dubbi sulla sostenibilità della ripresa in atto, una volta venuto meno il supporto della politica fiscale.

* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.