(Teleborsa) – Saldi ai nastri di partenza in tutta Italia, tra commercianti che alternano attese e timori di non poter rientrare del calo di fatturato per la contrazione dei consumi e consumatori che, pur stringendo la cinghia, continuano a sperare nell’affare. Sono questi i presupposti con i quali, il prossimo primo luglio, cominceranno da Torino per poi proseguire in tutte le principali città, le tradizionali vendite di fine stagione. La cultura per l’eleganza e per il bel vestire che gli italiani hanno nel proprio Dna è un dato di fatto universalmente riconosciuto (l’81%, secondo un’indagine Swg, ci tiene molto o abbastanza) che però ha dovuto fare i conti con i bilanci delle famiglie e con la crisi economica. Dalla metà degli anni ’80, infatti, la quota della spesa per consumi destinata all’acquisto di capi di abbigliamento si è andata via via riducendo passando dal 10% del 1986 all’8% del 2004, fino al 6% di quest’anno. Così l’Italia ha perso il primato che deteneva insieme al Giappone all’inizio degli anni 2000 per la più elevata spesa per nucleo familiare destinata all’abbigliamento, avvicinandosi sempre di più ai più morigerati Paesi del Nord Europa. Le trasformazioni sociali, forse, ma soprattutto la perdurante e preoccupante crisi dei consumi, hanno cambiato le abitudini delle famiglie italiane costringendole a rivedere i bilanci ed a tagliare, anche in modo drastico, alcuni capitoli di spesa. A testimoniarlo sono i fatturati delle imprese che vendono moda e che, secondo un’indagine condotta dalla Fismo-Confesercenti tra i propri iscritti, nel primo semestre del 2010 hanno registrato, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un calo compreso tra il 15 ed il 20 per cento. (segue)
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