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Consulenza finanziaria: si inizia a fare i conti con le commissioni

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Di Benedetta Gandolfi

Mancano pochi mesi per l’entrata in vigore della diretiva Mifid 2 ma i motori sono caldi per adattare i sistemi finanziari agli standard della direttiva. Tra tutti, il Paese che meglio si è adattato è il Regno Unito con la normativa Retail Distribution Review (Rdr). Sono cinque gli aspetti della Mifid 2 che le rispettive autorità di vigilanza nazionali di Uk, Germania, Francia, Lussemburgo, Italia e Svizzera devono adottare: regime di consulenza indipendente, product governance, rebates vietati e regime di incentivi ammessi soggetti a controlli di qualità, informazione ai clienti su prodotti e servizi, programmi di formazione per operatori finanziari.

Ernst&Young ha stabilito una scala composta da cinque stelle dove una indica che si dispone solo dei testi europei mentre cinque corrispondono a un’adozione piena. L’Italia è il fanalino di coda con una sola stella in tutti i fattori citati. Da noi, per come è costruito il mercato, fatto perlopiù da reti bancarie e dove la distribuzione domina, il servizio di consulenza è ancora appannaggio della sola clientela private. Tanto che i consulenti indipendenti sono un numero ancora molto ridotto.

Modelli di consulenza a confronto

Il segno distintivo che contraddistingue la consulenza indipendente è la remunerazione in via esclusiva a parcella (fee only), priva di qualsiasi conflitto d’interesse e senza i costi occulti che caratterizzano il sistema bancario e assicurativo. Ma andiamo con ordine. Si distinguono tre forme di remunerazione:

  • commission only, il consulente/venditore riceve una provvigione dalla banca o rete distributiva (rebates/retrocessioni).
  • Fee and commission: il consulente/venditore riceve sia una provvigione dalla banca o rete distributiva (rebates/retrocessioni) sia un onorario professionale da parte del cliente.
  • Infine, fee only: il consulente riceve solo un onorario da parte del cliente. Solo con questa modalità di pagamento si può parlare di vera indipendenza.

In Uk gli effetti della normativa Rdr si sono da subito riflessi sulla tipologia di entrate delle società di consulenza. Queste applicano il sistema fee and commission e sono in prevalenza di grandi dimensioni: poche case d’investimento con molti advisor per la maggior parte ex commission only.

Emerge un dato su tutti: Secondo il Data Bulletin della Fca (la Consob inglese), rispetto al 2013, quando le commissioni rappresentavano il 56% e le fee solo il 37% del fatturato, nel 2015, le commissioni hanno rappresentato il 31% mentre le fee il 64%. Addirittura, nel 2012, prima della Rdr, le retrocessioni rappresentavano l’80% delle entrate. Secondo le norme introdotte dopo l’entrata in vigore della riforma, in Uk le imprese non sono più autorizzate a percepire retrocessioni nel caso svolgano la nuova attività di consulenza.

“Tutti conosciamo la differenza tra professionisti quali avvocati o commercialisti e dipendenti o agenti: gli uni sono pagati a parcella solo dai loro clienti, gli altri percepiscono uno stipendio o delle provvigioni dal loro datore di lavoro. Più difficile è invece comprendere la differenza di questi ruoli tra gli operatori in ambito finanziario. Ciò che riscontriamo, in Uk come in Italia, è la difficoltà per l’investitore di capire il ruolo di chi gli sta di fronte: è un consulente/venditore o un consulente puro? È un consulente pagato in parte per la vendita e in parte per i consigli oppure solo per i consigli erogati?”, dice Bruno Fanan, che nel 2006 fonda con il nome STUDIOanalysis prima e Tutela Del Risparmio poi, una tra le prime realtà di consulenza indipendente in Italia.

Continua: “Le nuove norme in materia di consulenza finanziaria che dovrebbero mirare ad aumentare la trasparenza sull’attività e su chi la svolge, soprattutto dal punto di vista della remunerazione di chi eroga il servizio, non brillano certo per chiarezza”. E afferma: “Anche in Italia, con la Mifid 2, si andrà nella stessa direzione visto che il concetto di consulenza su base indipendente prevede che l’operatore sia tenuto a valutare un numero ampio di strumenti finanziari, diversificati e non limitati a quelli emessi o prestati da società legate all’intermediario; non accettare o ricevere compensi, commissioni o altri benefici monetari pagati o prestati da un terzo o da una persona operante per conto di un terzo rispetto al servizio prestato”.

Come si stanno muovendo le reti private

Il servizio di consulenza in Italia già oggi può dirsi piuttosto evoluto ma si è sviluppato perlopiù sulla fascia della clientela private. Fideuram eroga il servizio di consulenza a tutti i suoi clienti, 600mila circa, per tutti i prodotti e su tutti i canali. Afferma Antonello Piancastelli, condirettore generale Fideuram: “Il nostro servizio di consulenza è modulare. Si articola in un livello base, già molto sofisticato rispetto alla media di mercato, che non prevede costi aggiuntivi rispetto ai costi gestionali dei prodotti sottoscritti dalla clientela, ed un livello evoluto, chiamato “Sei”, con un approccio differenziato per aree di bisogno, una reportistica dedicata ed una serie di servizi aggiuntivi, come ad esempio la consulenza immobiliare o successoria. La remunerazione di “Sei” avviene tramite un’aliquota che ammonta, in media, allo 0,40% degli asset investiti”.

E aggiunge: “Al di là del dato numerico, ritengo valido il principio in base al quale chi fa consulenza in modo serio deve poter evidenziare come il costo sostenuto dal cliente sia congruo rispetto al suo profilo e al valore del servizio offerto. Al cliente deve sempre essere data la massima trasparenza sui costi applicati, tanto sui servizi consulenziali, quanto sui prodotti. Non dimentichiamo che ci sono costi reali legati alle fabbriche, che vanno riconosciuti”. Anche Banca Euromobiliare ha una lunga storia di consulenza. Il suo servizio di consulenza evoluta si chiama Advisory Suite e offre strumenti di reportistica all’avanguardia per il monitoraggio degli asset.

“Il modello di pricing prevede una commissione percentuale calcolata sul patrimonio del cliente. Le fee di consulenza si basano su un’aliquota definita in base al rischio e sulle masse pesate in funzione della tipologia di asset e nel rispetto di un minimo contrattuale. Queste sono calcolate sul saldo della posizione ottenuto pesando in modo differenziale le componenti del portafoglio: azioni, obbligazioni, ETF, per le quote di fondi e Sicav relativamente alle quali la banca ha stipulato accordi di collocamento e prodotti assicurativi”, spiega il direttore generale Giuseppe Rovani.

Che precisa: “A oggi sono 16.400 i clienti che hanno scelto di ricevere analisi personalizzate attraverso un contratto di consulenza a pagamento. Ogni trimestre è previsto un rendiconto degli asset in consulenza e della composizione del portafoglio con il relativo calcolo e addebito delle commissioni previste”.

La versione integrale di questo articolo è stata pubblicata sul numero di gennaio del magazine Wall Street Italia