Società

CONCERTAZIONE, RITO JURASSICO

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(WSI) – La riunione di qualche decina di rappresentanze sociali e d’impresa con il governo, per esaminare le linee della politica economica, è l’espressione più solenne del rito della concertazione. Può essere di una qualche utilità, purché lo si valuti per quel che è. Non un consesso di disinteressati sostenitori del cosiddetto “interesse nazionale” ma, al contrario, un incontro di esponenti (dire rappresentanti è forse un po’ troppo) di legittimi interessi parziali e spesso particolari, che puntano a influenzare le scelte a proprio vantaggio.

Gli industriali preferiscono incentivi per sé e riduzioni delle imposte sui profitti a un calo delle tasse generalizzato. Non c’è da scandalizzarsi, ma neppure da credere che lo facciano perché colti da un’improvvisa preoccupazione per le sorti della ricerca e della tecnologia, nella quale hanno investito, nei vent’anni precedenti, metà dei loro concorrenti europei e un quarto di quelli americani.

I sindacati, divisi su ogni prospettiva per il futuro, in preda a una grave crisi di rappresentanza, sono uniti solo nel rivendicare la conservazione. Bisogna conservare lo Stato sociale – costruito quando abbondavano i bambini e l’età media era di dieci anni più bassa – Stato che, non essendo stato riformato, è tra i più costosi e inefficienti del mondo.

Bisogna conservare un sistema pensionistico destinato al collasso, bisogna soprattutto conservare e aumentare la spesa pubblica, proprio quella corrente, fatta degli stipendi degli inamovibili dipendenti pubblici. Per farlo, questi difensori dell’interesse pubblico chiedono di alzare l’inflazione programmata, che poi si riflette in rincari per tutti. In compenso non si debbono ridurre le tasse, in modo che si possa continuare ad aumentare le maestre nelle scuole con meno allievi.

Ormai i sindacati, in tutta Europa, sono forti solo dove si lavora meno, in alcune grandi fabbriche cogovernate dai consigli dei delegati, nel pubblico impiego e fra i pensionati (che non lavorano più). Quelli che lavorano di più, titolari e dipendenti delle aziende familiari o piccole e medie, giovani che si arrabattano nel mercato del lavoro flessibile del terziario, non trovano adeguata rappresentanza nel salotto buono della concertazione, né dalla parte sindacale né da quella aziendale.

Anche gli interessi parziali rappresentati, naturalmente, hanno diritto a essere interpellati. Basta non confonderli con quelli “generali”, che, se ci sono, sono ben altri.

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