*David Kotok e’ stato tra i fondatori, nel 1973,
della società Cumberland Advisor,
dove dall’inizio ricopre il ruolo
di responsabile degli investimenti.
I suoi articoli e commenti sono
apparsi su «The New York Times»,
«The Wall Street Journal» e
«Barron’s». Cumberland Advisor
(www.cumber.com) ha sede
a Vineland, New Jersey (Usa). Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Ci sono diversi segnali favorevoli per giustificare la tenuta del rally: alcuni settori del mercato del credito (i tassi dei commercial paper piuttosto che l’andamento dei fondi monetari) stanno migliorando. E quando la politica della Fed è stata applicata con la dovuta precisione, i risultati sono stati molto efficaci. C’è ragione di credere che Ben Bernanke, con la stessa strategia, si concentri sul credito al consumo e sui mutui.
Non mancano nemmeno le note negative. Il Libor a tre mesi resta 100 punti base sopra l’Ois (Overnight Index Swaps). Ovvero le banche continuano a non fidarsi l’una dell’altra, al punto che molti istituti preferiscono posteggiare la liquidità presso la Fed allo 0,25% piuttosto che prestarla ad altre banche all’1,25 per cento.
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Un altro segnale negativo riguarda la forbice tra i prestiti corporate. Gli spread nei tassi dei corporate bond sono un termometro molto sensibile, che ha anticipato tra l’altro la crisi del 2007-08. Ora lo spread segnala l’aumento della disoccupazione. In effetti, le previsioni ci dicono che, prima della fine della recessione, si perderanno altri sette milioni di posti, oltre ai cinque milioni già sfumati. È quanto sostiene un eccellente lavoro di Simon Gilchrist e Vladimir Yankov pubblicato sul Journal of Monetary Economics.
È un testo che mi ha molto preoccupato. Di solito, le statistiche sul lavoro sono considerate un «indicatore ritardato»: la disoccupazione cresce anche dopo che è stato toccato il fondo e che la ripresa è partita. Allo stesso modo, il numero dei senza lavoro tocca il suo minimo dopo che l’economia ha già perso velocità. Qualcosa del genere capita ai profitti: la crescita più rapida si verifica al momento dell’uscita dalla recessione e all’avvio della ripresa: le aziende sopravvissute sono più snelle e flessibili, pronte a sfruttare le opportunità del mercato.
Ma prima di riassumere i lavoratori allontanati, le società puntano a investire per aumentare la produttività dei dipendenti rimasti. È il motivo per cui la tecnologia emerge così bene in tempo di recessione. Ed è il motivo per cui noi di Cumberland puntiamo sul settore tech, con un occhio di riguardo particolare al software.
La storia ci dirà se quello del 9 marzo è stato proprio il minimo assoluto. E se il termometro dei posti di lavoro è un indicatore tardivo o meno. La mia impressione, però, è che la situazione sia ben diversa. Noi stiamo investendo come se questo rally fosse solido e capace di correre sulle proprie gambe: una ripresa a V, insomma, in cui il punto più basso è stato toccato il 9 marzo. Ma il timore è che si stia piuttosto vivendo un movimento a W. Insomma, la gamba ascendente della V può essere la seconda discendente della W. Per questo motivo è di rigore stare molto attenti, pronti a cambiar strategia se dai dati lanceranno l’allarme.
Il tasso di disoccupazione in Usa è oggi dell’8,5%. E sta salendo. La maggior parte delle previsioni indicano che crescerà ancora fino al 9,5-10%, tra sei mesi o un anno. Dopo, il numero dei senza lavoro comincerà a scendere lentamente. Non dimenticate che questi dati sono raddoppiati in un anno solo. Non molto tempo fa il tasso di disoccupazione Usa era del 4%. Lo shock, insomma, è stato violento, ed è quel che mi preoccupa di più. Anche perché se l’indicazione degli spread dei corporate bond è corretta, la disoccupazione dovrebbe salire oltre il 10%.
Certo, esiste il lavoro nero. Si parla di una cifra tra i 7 e i 12 milioni di occupati clandestini nell’edilizia o nei servizi. Sappiamo dei trucchi per aggirare le norme sull’occupazione, sia nei momenti di boom che di depressione, cosa che toglie parte del valore alle statistiche. Ma, anche a tener conto dei vari correttivi (tipo quelli adottati da Ned Davis Research) emerge una situazione molto difficile.
Il tasso reale di sottoccupazione, poi, si aggira sul 16%, un record assoluto. C’è una bella differenza tra un posto di manager di medio livello, a 80mila dollari e un impiego in un ufficio da 15 dollari l’ora. È un fenomeno, questo, che sta avendo un forte impatto sui redditi familiari.
Insomma, a tirar le somme emerge che il rally iniziato il 9 marzo può essere sia a V sia a doppia W. Non saprei dire: ci sono segnali a favore sia dell’una che dell’altra tesi. Perciò resto bilanciato a metà: 50% azioni, 50% in bond. Nel breve l’umore è a favore delle azioni. E i T-bond, a questi prezzi vanno venduti. Meglio i corporate a rating elevato e i bond municipali.
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