Società

CON LE BANCHE IN AGONIA SIAMO TUTTI PIÙ POVERI

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*Giuseppe Turani e’ editorialista di La Repubblica. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Il maggiore shock della settimana appena finita non è stata l´ennesima forte perdita degli indici borsistici, i 25mila licenziamenti in Bmw o anche in aziende simbolo come Google o Microsoft oppure i mega bonus pagati alla chetichella il 30 dicembre da Merrill Lynch, ma uno studio di Jp Morgan sulla perdita di valore dei colossi bancari nel mondo. Pensare che il valore di Citicorp possa essere passato in pochi mesi da 255 miliardi di dollari a 19 o Royal Bank of Scotland da 120 miliardi a meno di 5 fa veramente molto effetto.

E fa pensare al fatto che non solo gli azionisti di tali banche sono diventati immensamente più poveri, ma probabilmente tutti noi. I vari fondi sovrani e sceicchi, che nei mesi scorsi sono entrati nel capitale delle maggiori banche mondiali pensando di fare dei buoni affari e di essere un po´ i salvatori di questo scassato mondo occidentale, onestamente non fanno molta pena. Il fatto che quelli che per decenni erano stati i santuari della ricchezza siano ridotti a così poco non può non generare un grande shock. Se si avessero ancora dei dubbi basterebbe pensare a Ubs, che da numero uno del private banking mondiale, cioè da banca dei super ricchi, oggi al netto degli aiuti del governo elvetico ha un valore irrisorio.

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Ma perché dovremmo essere tutti più poveri? Perché una minor capitalizzazione delle banche può significare cosi tanto? È semplice: le banche sono i maggiori propulsori del circuito del denaro, se funzionano peggio o se loro stesse hanno meno soldi (quindi ne prestano meno) si inceppa tutto: aziende, consumi, investimenti, tutto quello che dall´epoca del baratto in poi ha fatto girare il mondo. Abbiamo detto e scritto tante volte che l´esplosione del credito al consumo, delle cartolarizzazioni, dei derivati, dello operazioni a leva, delle stesse carte di credito intese come modo di rinviare i pagamenti, era uno degli eccessi che ci avrebbe portati al disastro; ora con le banche senza soldi siamo passati all´eccesso opposto.

E infatti non passa giorno che non si legga di interventi di governi, di stati nel capitale degli istituti, proprio per dare quell´ossigeno che non c´è più. E purtroppo proprio di ossigeno si tratta, perché par di capire che, se si facessero bene i conti, sarebbero fallite tutte, ed ecco che se non ci fosse la mano pubblica tante porterebbero i libri in tribunale. Un vero disastro, di dimensioni planetarie.

Chi avrebbe mai pensato che il signor Abramovic avrebbe dovuto mettere in vendita la squadra del Chelsea e i suoi panfili solo perché le banche gli hanno chiesto di rientrare dai fidi che loro stesse – chissà perché e chissà come – avevano concesso? E come lui tutti quegli oligarchi che fino a poche settimane fa – fino all´estate scorsa – giravano per la Costa Smeralda cercando di comprare ville a dieci volte il loro valore solo per il gusto di far vedere che l´assegno più grosso in giro era il loro. Se da Abramovic a chi non compra più il televisore a rate tutto si sta fermando è proprio vero che siamo tutti più poveri.

Un vicino di casa in più che perde il lavoro, milioni di persone in tutti gli angoli del mondo che sperano almeno nei sussidi di disoccupazione o in meccanismi come la cassa integrazione per avere almeno qualcosa ogni mese, questo è il quadro che abbiamo davanti con sempre maggiore chiarezza. Ed il fatto che tutti i principali uffici studi dicano che la crisi sarà lunga e difficile certo non conforta.

Anzi. La cosa sempre più evidente è che siamo vissuti per anni al di sopra delle nostre possibilità e ora si paga pegno. Qualcuno addirittura preconizza anni e anni di vera e propria miseria con disoccupazione a livelli record, con ridimensionamenti notevoli di status a tutti i livelli e con un crollo dei prezzi di quasi tutti i beni. Probabilmente però non sarà così perché da Obama alla Merkel, dal governo cinese a quello dell´Islanda tutti stanno capendo che i governi, coperti i buchi delle banche, dovranno cominciare a spendere e il loro spending sarà la vera grande stampella delle economie di tutto il mondo nei prossimi anni.

Già mesi fa – con l´idea del mega fondo di Paulson – si temeva la nascita di un grande Iri mondiale, oggi ci siamo in pieno e quasi quasi arriviamo a invocarlo. E infatti i valori pur irrisori delle banche che abbiamo citato prima sarebbero azzerati del tutto se non ci fossero state l´assicurazione verbale e in molti casi l´intervento finanziario dei governi o delle banche centrali. Non hanno alternative gli stati, devono evitare che tutto questo significhi crisi sociale ancor più grave e in fondo hanno, assieme alle banche centrali, la prerogativa di stampare moneta e la stamperanno, immetteranno quel denaro che sembra essere scomparso da ogni angolo del mondo e metteranno olio in tutti i meccanismi inceppati.

In un certo senso si tratta di ricostruire (sia pure con molte correzioni) proprio quel mondo che fino a ieri in tanti avevano criticato. E poiché i governi sembrano molto decisi a intervenire, forse ci si riuscirà. Non a caso la Casa Bianca prevede un 2009 problematico ma un 2010 con una crescita del 5 per cento. C´è solo da sperare che ci riesca davvero. Se si muove l´America, alla fine ci muoviamo tutti.

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