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COMPAGNIE AEREE: EUROPA IN VANTAGGIO SUGLI USA

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Vettori che falliscono e altri che si impongono grazie a una politica di prezzi stracciati. La violenta crisi che ha investito il settore aereo, incidendo significativamente sulla redditivita’ delle aziende, sta ridisegnandone la mappa.

E’ interessante quindi analizzare i motivi alla base della debacle dell’industria e le strategie adottate dalle varie societa’ per competere in un contesto sempre piu’ difficile.

I primi ostacoli incontrati dal settore risalgono alla fine del 2000, con l’inizio della recessione, quando per la prima volta dalla nascita dell’aviazione civile si e’ registrato un calo dei passeggeri.

La situazione e’ peggiorata ulteriormente con gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, che hanno dato luogo a una paura di volare senza precedenti.

Le tensioni internazionali hanno inoltre contribuito a tenere alto il prezzo del petrolio, mettendo in ginocchio molte societa’.

Il boom delle compagnie aeree a basso costo ha fatto il resto, erodendo i margini dei vettori tradizionali.

La crisi del settore aereo e’ globale. Ma a differenza di quanto sta accadendo per altri comparti dell’economia reale, i vettori europei hanno gia’ effettuato importanti ristrutturazioni e sembrano piu’ pronte delle concorrenti statunitensi a sfruttare la ripresa del ciclo economico.

Il recente ricorso all’amministrazione controllata da parte di United Airlines, seconda compagnia aerea americana, ha sollevato dubbi sulle capacita’ di sopravvivenza degli stessi giganti del settore.

Dopo i fatti dell’11 settembre 2001, le compagnie aeree statunitensi hanno beneficiato di massicci aiuti governativi, che se da un lato hanno evitato conseguenze disastrose per il comparto, dall’altro hanno rimandato i necessari tagli ai costi delle aziende, nella speranza di una ripresa del traffico dopo la campagna militare USA in Afghanistan.

Ripresa che non si e’ materializzata anche per il verificarsi di tre circostanze:

  • incremento delle tariffe aeroportuali nei principali hub;
  • elevati tempi di check-in;
  • diminuzione del traffico passeggeri rispetto ai vettori europei.

Gli aeroporti statunitensi, soprattutto quelli internazionali e quelli con maggiore traffico, hanno dovuto effettuare ingenti investimenti nei sistemi di sicurezza. Parte dei costi sono stati trasferiti sulle compagnie, che a loro volta hanno aumentato i prezzi dei biglietti. Le rigide misure di sicurezza, inoltre, hanno allungato significativamente i tempi di imbarco.

Al fine di evitare le attese prolungate negli aeroporti, molti americani hanno cominciato ad utilizzare l’automobile anche per tratte interne di 500-600 km (New York-Boston ad esempio).

Anche sulle tratte transoceaniche, i viaggiatori statunitensi hanno preferito utilizzare vettori europei e asiatici, che effettuano controlli standard.

Per tutte queste ragioni, la crisi del settore aereo USA appare molto seria e non velocemente risolvibile.

Perche’ il comparto si riprenda e’ necessario che si verifichino due condizioni principali:

  • i tagli alle tratte interne non produttive
  • la salvaguardia delle rotte internazionali più remunerative, utilizzando aerei più moderni, con minore disponibilità di posti e minore consumo di carburante.

E’ probabile che, a causa dell’attuale contesto economico, i vettori statunitensi saranno obbligati a cercare nuove alleanze, o attraverso accordi di code sharing o attraverso vere e proprie fusioni con societa’ concorrenti.

Il contesto europeo e’ invece meno preoccupante. Gli anelli deboli della catena si sono immediatamente spezzati con lo scoppio della crisi del settore. Sabena e Swissair sono fallite e altre compagnie di bandiera, quali la nostra Alitalia, Austrian Airlines e la greca Olympic Airways, sopravvivono solo grazie ad interventi statali.

I principali vettori del Vecchio Continente hanno gia’ messo in atto le necessarie ristrutturazioni, e sono quindi ben posizionate per beneficiare della prevista ripresa del ciclo economico. E’ il caso di British Airways, Lufthansa e Air France.

Un segnale che il settore si sta parzialmente risollevando e’ il recupero del traffico passeggeri nell’ultimo trimestre e il boom di societa’ “low-cost” quali la britannica EasyJet-Go e soprattutto l’irlandese Ryanair.

Quest’ultima, nata a meta’ degli anni Ottanta, ha collezionato in quindici anni tassi di crescita annui del 25%, ottenendo una capitalizzazione di mercato pari al doppio di quella di British Airways. Il 23 dicembre 2002 Ryanair e’ entrata a far parte del Nasdaq 100, unica tra le sei societa’ non americane a rappresentare un settore della old economy.

La possibilita’ di applicare tariffe di 10 euro su tratte di primaria importanza come la Londra-Bruxelles e’ consentita dai seguenti vantaggi competitivi:

  • un controllo esasperato sui costi
  • basse tasse aeroportuali e di trasporto.

Ryanair vanta un EBITDA del 36%, contro il 24% di EasyJet e la media del 10%-15% degli altri vettori europei. Essendo proprietaria di quasi tutta la flotta viaggiante, la societa’ risparmia anche sui costi di leasing e sulla manutenzione, che effettua per la maggior parte in prima persona.

Ma la carta vincente delle compagnie aeree a basso costo, e di Ryanair in particolare, sono gli accordi stipulati a costi irrisori con aeroporti regionali. In alcuni casi sono le stesse autorita’ locali ad incentivare tali iniziative, al fine di promuovere il turismo e creare un indotto economico nella regione in questione.

Occorre sottolineare, pero’, che malgrado le previsioni per il settore europeo dei viaggi a basso costo siano in crescita (dall’attuale 7% al 14% nel 2007), gli esperti dubitano che Ryanair riuscira’ a mantenere tassi di crescita annui del 25%, soprattutto a causa degli aumenti delle tariffe aeroportuali. Inoltre, per continuare a crescere a ritmi elevati, vettori come Ryanair dovranno utilizzare anche aeroporti principali, e cio’ comportera’ ovviamente costi maggiori.

In generale comunque il futuro del settore aereo non e’ cosi’ fosco come potrebbe sembrare.

Oltre alle ragioni di cui sopra, la risoluzione della situazione irachena e della crisi in Venezuela dovrebbero riportare il prezzo del cherosene a livelli piu’ sostenibili per le casse delle societa’.

In Estremo Oriente, dove i giganti Singapore Airlines e Cathay Pacific stanno registrando un miglioramento dei volumi trasportati (passeggeri e cargo) e dei margini reddituali, la ripresa e’ gia’ evidente.

E l’Europa non sara’ da meno. In particolare, Lufthansa appare in grado di crescere e da piu’ parti si vocifera che potrebbe comprare parte delle attivita’ di United Airlines.

Negli USA, proprio la capacita’ di quest’ultima di uscire in tempi rapidi dalla procedura concorsuale sara’ il termometro della durata della crisi e della possibilita’ di sopravvivenza di altri colossi del settore, come American Airlines e Delta.

Per il momento e’ consigliabile mantenere sul settore una posizione neutrale, almeno fino alla definizione della crisi irachena. Successivamente si potra’ pensare di acquistare qualche titolo, considerando che molte societa’ quotano a multipli piuttosto sacrificati.

*Federico Schmid è gestore di BNP Paribas – Banque Privée, Italia