L’economia ristagna e le imprese polemizzano con gli istituti bancari per le restrizioni sul credito. Sulle banche, al servizio delle imprese e dei loro debiti (caso Cirio) o delle opere pubbliche tramite le loro fondazioni (la nuova Cassa depositi e prestiti), la politica si divide e il governo è spaccato, per metà sta con Antonio Fazio, per metà con Giulio Tremonti.
In tutto questo la Compagnia delle Opere firma invece con Banca Intesa un grande accordo, che offre alle 30 mila imprese associate sotto la sua sigla nuovi prodotti e condizioni competitive per finanziare start up, ricerca, internazionalizzazione, e per il sostegno di un settore spesso disconosciuto nel suo valore economico oltre che sociale, il no profit.
Le anticipazioni alle scuole private dei fondi dovuti dallo Stato fanno la differenza tra tenere una scuola aperta o chiuderla, in attesa del pagamento pubblico. C’era però ieri in Parlamento chi dava dell’accordo una lettura diversa. Come uno “smarcamento” di un pezzo di mondo cattolico, in avvicinamento al prodiano Giovanni Bazoli, da comprendere magari nello slittamento che Udc e An sembrano compiere “oltre” l’orizzonte del governo. Da sommare a scontri nazionali, come sulle Fondazioni bancarie, o locali, come sulla Fiera di Milano.
Nei fatti l’accordo è una cosa buona, e rara di questi tempi. Se un segnale politico c’è, è che perdendo battaglie giuste e abbracciando battaglie perse, è fisiologico che certi consensi si raffreddino. Ma prendersela col raffreddato, invece di curare il raffreddore, è illusione da ingenui. Tanto in medicina quanto in politica.
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