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COMINCIA LA TERZA CAMPAGNA ELETTORALE

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(WSI) – Ancora un mese di berlusconismo
e di campagna elettorale, la
terza di quest’anno. Nonostante la
delusione per la mancata spallata
al governo Prodi e le conseguenti
polemiche interne con i moderati
dell’Udc, aperti al dialogo bipartisan
e soprattutto consapevoli che
gli avvisi di sfratto sono meno realisti
di una nuova traversata nel deserto
dell’opposizione, Silvio Berlusconi
non molla e rilancia la crociata
anti-Unione in vista del referendum
di fine giugno sulle riforme
costituzionali della
Cdl, forte anche
del boom di preferenze
personali alle
comunali di Milano e
Napoli.

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Un dato,
questo, sottolineato
ieri con strategica
precisione per zittire
gli alleati malpancisti:
«Forza Italia si conferma il primo
partito italiano anche in una
competizione amministrativa, sul
terreno a noi più sfavorevole, superando
addirittura il 32 per cento
a Milano. Grazie a coloro che
mi hanno premiato con 52.576
voti di preferenza a Milano,pari a
un quarto del risultato ottenuto
dal nostro movimento,e con oltre
10.000 voti a Napoli».
Del referendum, poi, oltre che
dei risultati elettorali, il Cavaliere
ha parlato ieri in un breve vertice
forzista con Tremonti, Bondi, Cicchitto,
Vito e Schifani e il ragionamento
conclusivo è stato quello di
fare una campagna basata soprattutto
sui contenuti della riforma
Calderoli e più in generale sul lavoro
svolto nella scorsa legislatura
e che oggi la maggioranza di centrosinistra
vorrebbe demolire con
apposite controriforme.

Una riflessione
più morbida rispetto ai toni
ultimativi dell’ultima campagna
elettorale, ma che in ogni caso è
delimitata da due paletti al momento
ben piantati:nessun dialogo
con l’Unione (ieri per esempio anche
An ha chiuso all’ipotesi di accordo
istituzionale sulle presidenze
di commissione) e la
speranza che la vittoria
dei sì alla consultazione
confermativa del 25
giugno (in cui non è
previsto il quorum) indebolisca
Prodi al punto
da farlo cadere.

In
pratica, la stessa linea
dura della Lega che si
prepara a dare battaglia in tutto il
nord produttivo, ma non quella di
Fini e Casini che comunque, a
scanso di equivoci,sono decisi a ufficializzare
il sì al referendum la
prossima settimana: il 6 giugno si
terrà l’esecutivo di An, il giorno
successivo la direzione dell’Udc.
Per i due alleati dell’ex subgoverno,
la partita referendaria ha significati
diversi. A Fini, in questa
fase dello scontro tra il falco Berlusconi
e la colomba Casini, sta a
cuore soprattutto l’unità della coalizione.
Ergo, meglio prendersi un
altro mese di tempo per «riflettere
bene» e «lavorare uniti in vista dell’appuntamento
del 25 giugno».

Insomma, una proposta di tregua
armata nell’opposizione allo «scopo
di non precipitare gli eventi e
non prendere decisioni affrettate»
sul futuro della Cdl. Aggiunge un
autorevole esponente di An: «Casini
deve capire che il futuro della
coalizione deve essere affrontato
in modo condiviso con Berlusconi
e che adesso il valore dell’unità è il
bene più prezioso». Sul metodo
poi da seguire per la costruzione di
questo futuro, o meglio per la
rifondazione del Polo (come titolava
ieri insolitamente il Giornale
berlusconiano: «Dalle urne esce
un Polo da rifare») tutto dipende
dall’esito referendario,
compreso il
percorso per il
partito unitario
che al momento,
continua
la fonte di
An, «non è al primo
posto in agenda
».

Per quanto riguarda
poi il referendum vero e proprio,
An assicura l’impegno massimo e
il portavoce Andrea Ronchi dice
che «lavoreremo ventre a terra in
questa campagna e studieremo
iniziative mirate per rendere significativo
il dato finale».
L’Udc, invece, già ragiona sul
dopo-referendum, almeno sul piano
del dialogo bipartisan. Lo si è
capito ieri dall’intervento di Casini
alla Fondazione della Camera dei
deputati, dove il leader centrista è
subentrato a Giorgio Napolitano
alla presidenza.Casini ha ricordato
che l’essenziale è «non lasciarsi trascinare
dallo spirito di parte» e che
nella Costituente del ’48 «la preoccupazione
costante fu quella di
creare un’intesa la più larga possibile
sul testo della nuova Costituzione
».

Un modo chiaro per dire,
come spiega un casiniano autorevole,
«che dopo il referendum sia
che abbiano vinto i sì, sia che abbiano
vinto i no, bisognerà sedersi
tutti insieme,
maggioranza e
opposizione,
per una nuova
intesa». Ed è
con questa riserva
mentale,allora,
che nella
direzione della
prossima settimana,
l’Udc
delibererà il suo
sì al referendum:
«Del resto queste
riforme le abbiamo sempre
votate nei quattro passaggi parlamentari.
Speriamo anche di convincere
Berlusconi a non fare una
nuova crociata contro Prodi perché
non basterà una vittoria col
16 per cento dei sì a dargli la spallata,
tanto per fare un esempio».

E Follini che invano chiede la libertà
di coscienza? Risposta da
via Due Macelli, sede dell’Udc:
«Verso coloro che non si adegueranno
alla linea del partito non ci
sarà alcun ostracismo, nessun atteggiamento
di chiusura.A patto,
però, che non contribuiscano ad
alimentare tensioni interne».

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