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Come uscire dal debito con l’aggiunta di altro debito

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Il contenuto di questo articolo, un’opinione di Martin Wolf del Financial Times sul ruolo dei disavanzi di bilancio nella riduzione della leva finanziaria, esprime il pensiero dell’autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

“Non si può uscire dal debito con l’aggiunta di altro debito.” Quante volte avete letto questa frase? Si tratta di un cliché. Intendo sostenere che, in prima approssimazione, questa ovvia, persino banale dichiarazione è il contrario della verità, cioè che l’unico modo per uscire dal debito è quello di aggiungere altro debito. Ciò che conta è chi aggiunge il debito e in quale forma.

IL DEBITO USA – Mi concentrerò sugli Stati Uniti, perché è il paese più importante che ora sta passando attraverso il processo di deleveraging post-crisi.

Cominciamo con un fatto ovvio e cruciale: a livello mondiale, il debito netto è pari a zero. Per un singolo paese, il debito netto è quanto gli stranieri hanno prestato ai residenti meno quanto i residenti hanno prestato agli stranieri. Nel caso degli Stati Uniti l’indebitamento finanziario netto alla fine del 2011 è stato del 44 per cento del PIL, circa un ottavo del debito lordo.

Supponiamo che tutte le persone che hanno prestato e preso in prestito sapessero cosa stavano facendo: in tal caso avrebbero fatto una stima imparziale e ragionevolmente accurata del corso futuro dei redditi e dei prezzi delle attività. Allora, salvo qualche enorme e inaspettato shock esterno – una guerra mondiale, per esempio – il debito contratto non creerebbe alcun problema. Semplicemente, rifletterebbe le migliori opportunità nel commercio inter-temporale del risparmio.

Questo, tuttavia, non è il mondo in cui viviamo. Infatti, se vivessimo in un mondo del genere, le grandi crisi finanziarie sarebbero impossibili. (Se non siete d’accordo su questo punto, vi consiglio di leggere qualcos’altro).

Se le persone che hanno preso in prestito, le persone che hanno prestato e gli intermediari che li hanno messi in contatto tra loro hanno fatto grossi errori sulle prospettive future, allora il debito lordo può diventare un problema serio, davvero. Può causare crisi enormi e successive depressioni.

Purtroppo, le persone rimangono regolarmente ingannate dai prezzi crescenti delle attività, in particolare dall’aumento dei prezzi delle case, e quindi prendono in prestito più di quanto dovrebbero. Nel commettere tali errori, essi saranno sempre incoraggiati dagli sciocchi, dai male informati e, soprattutto, da quelli che hanno degli interessi. Forse, la gente pensa, “questa volta è diverso”, per citare il titolo del libro di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff.

Consideriamo ora cosa accade quando i prezzi degli asset cominciano a cadere. I debitori saranno inequivocabilmente più poveri. Anche i creditori si sentiranno più poveri, dato che le loro attività si sono deteriorate in termini di qualità. Gli intermediari finanziari saranno sia insolventi che illiquidi. Ci sarà probabilmente una crisi finanziaria sistemica.

L’offerta di credito al settore privato si fermerà. L’indebitamento si ridurrà. Gli investimenti, soprattutto nelle nuove abitazioni, crolleranno. Gli agognati risparmi degli indebitati aumenteranno, come essi cercano di ridurre il debito eccessivo. I creditori, inoltre, diventeranno molto più cauti, in quanto riconosceranno di essere diventati vulnerabili a un’ondata di fallimento dei loro debitori. L’effetto complessivo sarà grandi tagli alla spesa e una profonda recessione, se non peggio. Una grande crisi finanziaria accelererà i tagli e trasformerà la recessione in una potenziale depressione. Questo, ovviamente, è quello che è successo nel 2008.

Queste forze tendenti a spostare il settore privato in attivo sono molto forti, ma la somma di tutti i saldi del settore finanziario deve essere pari a zero. Questa è contabilità di base. Come ha notato il macroeconomista della Oxford University, Simon Wren Lewis, i saldi finanziari settoriali offrono un controllo fondamentale sulla fattibilità degli aggiustamenti previsti.

Oltre al settore privato, ci sono solo altri due settori: il governo e il resto del mondo. Quindi, se le famiglie e le imprese (il settore privato) sono in attivo, come cercano di fare (o sono costretti a fare) i soggetti sovra-indebitati per ripagare il loro debito, gli altri due settori devono andare in deficit. Questo è esattamente quanto è successo: il governo è andato massicciamente in deficit, non per decisioni di politica attiva, ma a causa del declino delle entrate e della spesa pubblica crescente innescata dalla recessione post-crisi.

L’alternativa sarebbe un surplus estero. Supponiamo, per semplicità, che il governo americano decida di avere un bilancio in pareggio. Supponiamo anche che il settore privato abbia continuato ad avere lo stesso surplus finanziario come dopo la crisi.

Il surplus di conto corrente (conti con l’estero, ndt) nel momento attuale dovrebbe essere al 6 per cento del PIL, con uno spostamento dell’11% del PIL in cinque anni. Per le piccole economie aperte, come l’Irlanda o l’Estonia, un tale cambiamento è ipotizzabile. Per gli Stati Uniti è impossibile senza un crollo delle importazioni, al quale seguirebbe una profonda depressione. La capacità produttiva di produrre un surplus del genere, e la volontà del resto del mondo di accettarlo, semplicemente non esistono, almeno nel breve-medio periodo.
Ne consegue il fatto logico che l’unico modo di acconsentire al bisogno del settore privato di registrare eccedenze finanziarie, è che il governo abbia grandi disavanzi di bilancio. Quindi, che non si possa uscire del debito con l’aggiunta di altro debito, non è solo falso, ma è invece il modo più ovvio di farlo.

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Ora, supponiamo che invece di lasciare che questo accada, venga seguito il consiglio di eliminare subito il deficit fiscale. Che cosa accadrebbe? Se il governo deve eliminare il deficit, anche il resto dell’economia deve andare in pareggio. Se assumiamo un aggiustamento modesto nei conti con l’estero, questo significa necessariamente l’eliminazione del surplus privato. …L’aggiustamento verrà effettuato tramite un crollo dei redditi privati: il settore privato cesserà di essere in surplus perché l’economia cade in una depressione. La riduzione della leva finanziaria quindi dovrà accadere attraverso il fallimento di massa innescato dalla depressione.
Così il deleveraging determinato dalla compensazione di un ampio avanzo privato con un disavanzo pubblico di grandi dimensioni è il modo meno dirompente di assicurare l’aggiustamento post-crisi.