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(WSI) – La troika europea costituita da Francia, Germania e Gran Bretagna, impegnata da due anni in una trattativa con l’Iran per bloccare un programma nucleare che potrebbe portare la repubblica degli ayatollah a disporre di ordigni atomici in breve tempo, ha subito uno scacco clamoroso.
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Nella centrale di Isfahan si è avviata la gassificazione dell’uranio, primo passo per il suo arricchimento e questo era espressamente vietato dall’accordo di Parigi, che imponeva una moratoria per tutto il tempo in cui fossero in corso le trattative. Con il suo gesto, accompagnato dalla nomina di un estremista alla guida della delegazione negoziale, il governo di Teheran ha di fatto messo fine al dialogo con l’occidente. Nella sua risposta alla troika, che offriva collaborazione al nucleare civile in cambio della rinuncia a iniziative unilaterali, l’Iran ha ribadito orgogliosamente di sentirsi insultata nella sua autonomia in quanto le ipotesi occidentali tenderebbero a imporre “criteri arbitrari, discriminatori e ingiustificati”.
Il regime di Teheran ha scelto la via della sfida aperta, che il ministro degli Esteri tedesco Joshka Fisher ha definito “un errore dalle conseguenze disastrose”, perché ha ritenuto che la diplomazia europea fosse basata solo sulle parole, senza un’efficace alternativa di forza al rifiuto iraniano. L’illusione che con le dittature si possano risolvere i problemi soltanto ricorrendo alla diplomazia e a gesti umanitari, senza far intravvedere, dietro la carota delle buone intenzioni, il bastone della possibile rappresaglia, dimostra ancora una volta di essere fallimentare. L’ultima iniziativa di questo genere, lo scambio umanitario di permessi di esportazione di petrolio in cambio di cibo e medicinali, offerta a Saddam Hussein, si è risolta in una truffa – la truffa di Oil for food, appunto – senza alcun vantaggio per la popolazione civile irachena, ma con colossali profitti per i gerarchi del regime saddamita e, a quanto pare, per alcuni alti funzionari dell’Onu poco scrupolosi.
Può apparire cinico pensare che la via politica senza l’ausilio della forza non porti da nessuna parte, come lo è constatare, dopo sessant’anni dall’esplosione di Hiroshima, che quella tremenda tragedia ha dato al mondo un lunghissimo periodo se non di pace, almeno di assenza di conflitti armati diretti tra grandi potenze. La nobile utopia kantiana del governo mondiale, se non è sorretta da una forza sufficiente, è destinata a restare tale.
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