(Teleborsa) – I cinesi di Prato con i materiali importati di bassa qualità danneggiano nel tessile il vero Made in Italy come nell’alimentare lo Stato italiano fa con il pecorino che produce in Romania e “spaccia” con marchi che richiamano il Belpaese. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’articolo pubblicato dal New York Times (NYT) sulla comunita’ cinese di Prato che con la sua intensa produzione di articoli di vestiario ha offuscato la distinzione tra “Made in Italy” e “Made in China”. L’alimentare, insieme alla moda, è – sottolinea la Coldiretti – il settore del Made in Italy che piu’ soffre della concorrenza sleale delle imitazioni sui mercati internazionali, tanto che si stima un fatturato del Made in Italy taroccato a tavola sul mercato mondiale pari a quasi 60 miliardi di euro, tre volte superiore a quello delle esportazioni dei prodotto alimentare originale. La scoperta della partecipazione della società Simest controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico nella fabbrica rumena denominata Lactitalia che vende formaggi con marchi che richiamano al Made in Italy come Toscanella, Dolce Vita e Pecorino ha l’aggravante, rispetto alla presenza dei cinesi nel tessile, che l’intera produzione del “finto” pecorino, dall’allevamento al formaggio finito, è fatta all’estero con i soldi pubblici, a danno dei produttori italiani e dell’immagine del vero Made in Italy sui mercati internazionali. La società romena Lactitalia, posseduta al 29,5 per cento dalla Simest, controllata dal Ministero dello Sviluppo economico, e per il 70,5 per cento dalla Roinvest con sede a Sassari fa capo alla famiglia Pinna. La presenza di prodotti di imitazione del Pecorino Romano sui mercati internazionali è – conclude la Coldiretti – la principale ragione del calo del 10 per cento delle esportazioni dei formaggi di pecora Made in Italy con la quale viene motivata una insostenibile riduzione dei prezzi riconosciuti agli allevatori in Sardegna dove un litro di latte viene pagato solo 60 centesimi per litro di latte, in calo del 25 per cento rispetto a due anni fa.
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