Citigroup balza del 9,6% negli scambi del preborsa Usa spinta dalle indiscrezioni che la banca in difficoltà starebbe valutando alcune possibilità inclusa una fusione o la vendita di asset. Secondo fonti di New York il Ceo Vikram Pandit e’ uscito allo scoperto durante il board di emergenza (attualmente riunito) facendo capire che si e’ innescato con il colosso bancario il meccanismo che aveva portato al fallimento di Lehman e alle drammatiche vendite di Bear Stearns e Wachovia.
Ma il nostro capitale e’ ‘solido’, ha detto l’amministratore delegato di Citigroup, secondo quanto riportato da Cnbc. Pandit ha precisato anche che la banca non ha intenzione di cedere la banca d’affari Smith Barney.
Il Wall Street Journal ha scritto ieri che una riunione del board è stato fissata per oggi e che Morgan Stanley non sta valutando una possibile offerta.
I timori che l’istituto statunitense non abbia sufficienti capitali per sostenere miliardi di dollari di potenziali perdite ha affossato il titolo che ha lasciato sul campo in una settimana il 50%.
A differenza del Wsj, il New York Times scrive che il management di Citigroup non sta considerando attivamente una vendita, o uno spezzatino, della banca americana. Secondo il Financial Times i membri del board dell’istituto di New York, in allerta e in contatto costante fin da ieri, hanno vagliato una serie di ipotesi preliminari e l’opzione favorita, anche da parte dell’amministratore delegato Vikram Pandit, sarebbe di mantenere l’indipendenza dell’istituto.
Diversi dirigenti della banca – scrive ancora il Ft – avrebbero fatto pressioni, a livello politico, per un’azione politica che riporti la fiducia nei mercati e arresti la caduta libera delle azioni del’istituto. Una proposta avanzata sarebbe quella di re-introdurre il divieto di vendite allo scoperto sui titoli bancari, anche se appare difficile che l’idea trovi il favore delle autorità statunitensi.
Quella che era una volta la più grande banca statunitense ha visto il proprio valore in borsa crollare dai 276 miliardi di dollari della fine del 2006 a circa 26 miliardi ieri, quando ha perso in una sola seduta il 26%, e diventare la quinta banca per capitalizzazione dopo Bancorp. E a rassicurare gli investitori – preoccupati per l’eventualità che dal bilancio della banca escano fuori altre brute sorprese dopo le forti svalutazioni sul credito strutturato – non sono bastati né il rinnovato impegno del principe saudita Alwaleed, né il piano di contenimento dei costi annunciato da Pandit, che prevede oltre 50.000 licenziamenti.
Intanto Christina Pretto, portavoce di Citigroup, senza commentare le indiscrezioni sul board si è limitata a ribadire che la banca ha “un capitale e una posizione di liquidità molto forti oltre a una rete globale unica”. I banchieri e i manager più in vista dell’istituto starebbero facendo del loro meglio per scongiurare una fuga di capitali che svuoterebbe le casse di Citigroup, lasciandola in balia della tempesta.
Alcune fonti anonime citate dalla Bloomberg affermano che, finora, le grandi aziende clienti di Citigroup non avrebbero spostato i loro soldi altrove. Alcuni alti dirigenti, che hanno parlato con l’agenzia statunitense senza essere citati, affermano di essere assediati dai ‘rumor’ di mercato negativi sul conto di Citigroup, fatti girare apposta da investitori che stanno scommettendo al ribasso sulle azioni della banca.
Intanto il direttore finanziario di Citigroup, Gary Crittenden, ha detto ai dipendenti che non sarebbe saggio prendere decisioni affrettate e vendere attività preziose dell’istituto per soddisfare l’appetito degli investitori cercando di far risalire il valore delle azioni. L’istituto potrebbe invece cedere alcune attività ‘non core’, cioé non centrali nel suo business, come ha già fatto nel caso dell’attività di banca commerciale in Germania e nella vendita di Citi Global Services, una divisione indiana che fornisce servizi di back office alle istituzioni finanziarie.