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(WSI) –
Ben nove dei dieci esperti ascoltati in settimana da Borsa&Finanza sono pronti a scommettere ancora su un buon rialzo delle Borse europee nel corso del 2007. A fronte di un simile e assai consolante ottimismo, soltanto uno di loro mette in conto la possibilità che l’anno si chiuda sui livelli attuali. Ma nessuno vede all’orizzonte un arretramento duraturo delle quotazioni. Insomma, musica per le orecchie degli investitori, se si considera la paura delle scorse settimane.
Proviamo a capire: o la correzione partita verso fine febbraio è già alle nostre spalle o lo sarà nel breve volgere di qualche mese. L’ottimismo viene solo parzialmente temperato dalla consapevolezza che il punto di massima accelerazione dell’economia e degli affari è stato superato. Come spiega Pierre Sabatier della società di consulenza Factset: «I profitti societari hanno corso negli ultimi anni a una velocità mozzafiato, per ben quattordici trimestri consecutivi. L’anno scorso l’indice paneuropeo DJ Stoxx 600 ha registrato un incremento degli utili pari al 14,1 per cento. Purtroppo di tratta di un’andatura insostenibile nel lungo termine. E infatti stanno cominciando a fioccare le revisioni al ribasso.
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Realisticamente, per il 2007, le aspettative prevalenti del mercato puntano a un aumento dei profitti nell’ordine del 7 per cento. Sempre buono, ma non esplosivo come nel recente passato. Ne deriva la conseguenza che il boom degli utili non costituisce più la premessa di una fase espansiva dei listini».
Ciononostante, la tesi rialzista poggia le propria fondamenta su larghe basi. I dividendi, ad esempio, viaggiano ancora col vento in poppa: «Se ci riferiamo all’EuroStoxx 50 – commenta Tammo Greetfeld di Unicredit-Hvb – il dividend yield medio renderà nel 2008 circa il 3,7 per cento. Dunque, una cifra assai prossima agli interessi pagati dalle obbligazioni decennali tedesche. Con la differenza, però, che mentre i dividendi crescono nel tempo, la cedola dei titoli governativi rimane fissa».
Un altro punto di forza delle Borse va poi ricercato nei capitali speculativi: «Il denaro in mano all’industria del private equity – chiarisce Philippe Gijsels di Fortis Bank – ammontava a 200 miliardi di dollari nel 2006, con la prospettiva di passare a 300 miliardi nel 2007. Inoltre, non è inusuale per questi protagonisti del mercato usare una leva di due o tre volte il patrimonio disponibile».
I dati illustrati da Gijsels diventano ancora più sensazionali se visti alla luce di una seconda statistica, messa nero su bianco da Stephen Jen di Morgan Stanley: «L’offerta di azioni da parte delle società quotate – scrive in uno studio fresco di stampa – non tiene il passo della moneta in circolazione. Rispetto a undici anni fa il volume delle nuove emissioni di titoli è calato in termini reali del 34 per cento».
Ciò significa che il ritmo di sviluppo della liquidità supera di gran lunga quello delle nuove emissioni, sicché quando le maggiori risorse prendono la via delle Borse, la pressione degli acquisti spinge inevitabilmente i prezzi verso l’alto. Infine, entra nel novero dei fattori positivi la posizione assunta dalla Federal Reserve americana. Come argomenta Alain Bokobza di Sociètè Gènèrale: «La Banca Centrale statunitense ha lasciato intuire che in caso di bisogno è pronta a tagliare il costo del denaro già nel 2007. Personalmente non sarei sorpreso se lo facesse almeno un paio di volte, dando in questo modo una boccata di ossigeno alle società di Wall Street».
E cosa attendersi invece per il breve termine? «Con buona probabilità ci aspetta un periodo di stabilizzazione – risponde Alessandro Fugnoli, strategist di AbaxBank – Lo scivolone dei listini ha trovato origine nei timori sulla tenuta del settore finanziario americano. In seguito, quando si è capito che i timori erano eccessivi, i venditori sono corsi al riparo e hanno innescato una febbrile attività di ricopertura. È la ragione per cui credo che adesso ci aspetta una fase di pausa».
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