Non siamo catastrofisti, detestiamo il pensiero apocalittico, ma il pessimista è, come tutti sanno, un ottimista che si è informato. Le origini profonde della crisi che si manifesta ormai ogni giorno con bombardamenti e vittime, sgomento e indignazione, sangue e lacrime, sono nel fallimento della decolonizzazione e nel tramonto del comunismo: due immensi vuoti politici al centro della storia contemporanea.
Non sono decisive, sebbene servano la causa della conoscenza, le risposte degli specialisti e degli islamologhi. E’ tutto molto più semplice, e decisiva è solo la riflessione o interpretazione politica. Nel mondo bipolare, retto dalla deterrenza atomica e dal containment esercitato dagli Stati Uniti verso l’Unione Sovietica per quasi mezzo secolo a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, esisteva e funzionava un tragico equilibrio, detto del terrore.
Ogni crisi era “regionale”, oltre certi limiti non si poteva andare, e ogni crisi regionale, ogni pulsione religiosa, ogni sussulto di civilizzazione e di identità si incanalava nello scontro tra due grandi magneti, tra due diversi sistemi di vita, tra due idee di società. Tutto questo è finito, e dalla pace relativa si è passati a una guerra globale.
Chi ancora pensa che siamo alle prese con la “lotta al terrorismo” sbaglia. Sbaglia chi pensa a un’operazione di polizia internazionale con il supporto dell’intelligence o a una campagna umanitaria per lenire le durezze della globalizzazione ovvero dell’incapacità di accettare la modernità da parte di una parte di mondo che vive nel disordine e nella miseria economica e civile.
Non è così: il combattimento è stato dichiarato, nasce da inconciliabilità storica e si risolve in lotta per il potere sul destino comune, e bisogna prendere alla lettera il rifiuto della società fondata sul mercato e sul self interest, sull’individualismo democratico, da parte di quel mondo che ha una visione carismatica, profetica e jihadista della storia. E’ un bacino immenso, quasi un miliardo e mezzo di uomini e di donne distribuiti su diversi continenti e approdati in vario modo in occidente.
Si va dai regimi dei mullah agli Stati canaglia, dalle università islamiche alle madrasse, e la rete terrorista a due anni dall’11 settembre si è con ogni evidenza riorganizzata. Mostra di poter colpire con la sua arma più agile e più forte, il sacrificio di sé dell’esercito dei martiri di Allah. Annientare il terrorismo e integrare nella democrazia moderna l’islamismo sono due elementi intrecciati di una politica da tempi di guerra che durerà anni e anni. Chi non accetta questa analisi fondata sui fatti ha il dovere di proporre un’alternativa altrettanto fondata sui fatti. The dreamers hanno finito di sognare.
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