TORINO (WSI) – La crisi economica, si sa, non lascia scampo e molti piccoli imprenditori per poter sopravvivere e non mandare sul lastrico la propria attività e di conseguenza anche i propri dipendenti e le loro famiglie, decidono di non pagare le tasse, a cominciare dall’Iva, utilizzando i soldi non pagati al Fisco per gli stipendi dei dipendenti e in generale per tenere ancora in vita l’azienda.
Una situazione che è stata chiamata “evasione di sopravvivenza” e che ha spinto la Corte di Cassazione ad annuale un’ordinanza del tribunale di Pescara che aveva deciso per il sequestro preventivo dei beni della società di Corrado C., manager di un’azienda del settore costruzioni, indagato per non aver versato l’Iva per un importo pari a 170mila euro. Negli anni il manager aveva chiesto al Fisco una tregua specie con Equitalia al fine di rateizzare le somme richieste e ora il sequestro ingiunto dal tribunale pescarese pesa sull’azienda come una spada di Damocle e avrebbe seriamente messo a rischio la vita stessa dell’impresa.
La Cassazione ha rigettato l’ordinanza, rilevando che il manager pur evasore continuava la sua attività, vinceva gare d’appalto ma riceveva troppo in ritardo quanto dovuto, ritardi che hanno messo in ginocchio l’azienda.
“Tutti gli elementi a discarico sono stati ignorati dal Tribunale, che non ha neppure spiegato le ragioni poste a sostegno della propria decisione (…) La pubblica amministrazione – responsabile delle sue difficoltà – non può adesso presentargli il conto, rischiando di farlo affondare”.
Dito puntato dei giudici della Cassazione quindi contro la pubblica amministrazione, rea di contribuire ad affondare le aziende. Secondo gli ultimi dati di Bankitalia, i debiti della PA hanno toccato il culmine nel 2011 con 91 miliardi e ad agosto 2015, l’ultimo aggiornamento pubblicato dal MEF, le pendenze arretrate erano calate a 38,6 miliardi, destinate però ad aumentare per i lunghi tempi di attesa per i pagamenti, da 60 a 100 giorni.