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CASE, TASSE, SGRAVI: SILVIO FA LA MANOVRA

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Nove minuti per approvarla, il governo Berlusconi è arrivato all’appuntamento con le idee chiare e senza freni interni. È un cambio d’orizzonte complessivo, a emergere dal disegno di legge in un centinaio di articoli e nel decreto legge, architrave della manovra triennale di stabilizzazione dei conti pubblici. Dal più tasse, più gravami e più spesa pubblica di Prodi, all’esatto opposto.

Il paragone con il decreto Visco-Bersani, che fu il primo biglietto da visita del governo Prodi nel luglio di due anni fa, non potrebbe essere più rivelatore. Quel decreto era fatto all’85% di un temibile giro di vite fiscale, che sarà la vera cifra dell’intero biennio prodiano, e di liberalizzazioni che poi si tradurranno in grandi delusioni e pochi effetti, tranne che per i farmaci generici alla grande distribuzione.

Tremonti, invece, questa volta mira a sette obiettivi insieme. Il primo è l’azzeramento del deficit al 2011 come promesso da prodi al’Europa, ma senza perdere tempo facendo passare i mesi di qui a fine anno. Al contrario, governo e autonomie si vedono subito presentato il conto che ciascuno dovrà onorare, per centrare l’obiettivo. Sono 35 miliardi di euro, e saranno nella massima parte di minori spese.

Ieri è partita la difesa delle comunità montane e delle otto province che nelle aree metropolitane il governo voleva azzerare da subito. Ma “meno spesa” è la cura giusta, in un Paese in cui adottando gli standard efficienti di servizio pubblico in sanità, assistenza e previdenza si individuano almeno 80 miliardi di sprechi, come scrive l’ottimo professor Luca Ricolfi, insospettabile di berlusconismo.

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Il secondo obiettivo è quello di liberare il tempo giusto per la riforma fiscale vera di questa legislatura. Non sarà la delega fiscale che portava l’ali quota massima al 33%, approvata ma inattuata tra 2001 e 2006. Sarà il federalismo fiscale. E per questo occorre liberare i mesi da settembre a dicembre per parlarne in Parlamento e avviarlo nei fatti, invece di perdersi nella consueta finanziaria-omnibus.

Il terzo obiettivo è quello di dare un colpo deciso alla fitta coltre di gravami aggiuntivi introdotti da Prodi e Visco con la scusa della lotta all’evasione, in realtà per accrescere indirettamente la produttività costringendo un paio di milioni di lavoratori autonomi a diventare lavoratori dipendenti, e piccole imprese a chiudere i battenti. Di qui l’abolizione di una estesa serie di obblighi come il libro clienti-fornitori, i massimali bassissimi per gli assegni non trasferibili, l’ob bligo di fido bancario per i creditori del fisco, e via di questo passo. Il quarto obiettivo è di avviare da subito una svolta decisa, rispetto all’appesantimento che il ministro Damiano aveva apposto alla legge Biagi originale, in materia di mercato del lavoro.

Di qui il ritorno del lavoro su chiamata, modifiche alle rigorosissime eccezioni che erano sopravvissute, per motivare la persistenza di contratti a tempo determinato invece di trasformarli automaticamente in assunzioni permanenti. La riforma dei contratti di secondo livello, con il salario di produttività fortemente decontribuito dallo Stato, arriverà entro fine settembre se Confindustria e sindacati approfitteranno di quanto il governo ha già deciso.

Intanto, però, si torna a un po’ di sana flessibilità in più, nel mercato del lavoro, visto che tanto bene ha fatto al bilancio complessivo della nuova occupazione creatasi negli anni pre-prodiani. Il quinto obiettivo è l’avvio concreto del piano industriale della Pubblica amministrazione, promesso da Brunetta e che qui inizia a prendere forma. Dall’alto al basso. Con limiti alle stock option per i manager pubblici e un taglio ai compensi e alla numerosità dei cda delle società pubbliche.

Fino alla mobilità obbligata e alle sanzioni per i pubblici dipendenti meno produttivi. Poi, sesto obiettivo, tempi e procedure stringenti per il nuovo piano energetico che spetterà al ministro Scajola pilotare, in modo da realizzare entro un numero non troppo elevato di anni una percentuale non simbolica di nucleare, per riequilibrare il mix energetico troppo spericolatamente squilibrato verso gas e petrolio. Il settimo obiettivo è quello “culturale”. Ne fanno parte la Robin Tax su petrolieri, banche e assicurazioni, di cui già vi abbiamo parlato e che diventa operativa. Ma anche l’identificazione concreta delle risorse e procedure per il piano casa-popolare e per il cosiddetto social-housing.

E insieme le norme a favore di una decisa liberalizzazione accompagnata da una sensibile apertura ai privati nelle utilities locali, per la gestione dei servizi pubblici, con obbligo di gara e caduta delle concessioni e gestioni in house: tutto ciò che la legge di Linda Lanzillotta prometteva all’inizio, e che mai fu tradotto in legge dal centrosinistra. È l’orizzonte culturale di un liberalismo compassionevole, fortemente intriso di sociale e di attenzione per i ceti a reddito basso e mediobasso, di cui Giulio Tremonti è convinto alfiere.

Farà arricciare il naso a qualche professore ed editorialista sedicente liberista, ma deriva dalla riflessione sulla crisi finanziaria in atto da oltre un ano sui mercati, e sugli effetti sperequativi che essa ha finito per produrre in una società già troppo immobilizzata da statalismi e dirigismi di troppo. Sette missioni in nove minuti. Se davvero le misure vengono approvate entro la pausa agostana e sopravvivono a chi vorrà stravolgerle le e attutirle, è il meglio che il governo abbia mostrato sinora. Stupiteci ancora, grazie.

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