Società

CARO BONDI,
CAMBI MESTIERE

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Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Caro coordinatore, non mi incanta. Nel miele della sua prosa da prevosto, c’è puro veleno. Lei cerca di mettermi fuori gioco per ragioni morali, solo perché ho osato dire ad un uomo politico (nel caso specifico, erano due: lei e il suo vice Fabrizio Cicchitto, ma forse a pensarci bene la somma non fa neanche mezzo) di aver sbagliato mestiere. L’ho fatto con poca creanza, ma persino con affetto. Lei si è arrabbiato, non mi aspettavo un grazie, ovvio.

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Però non le permetto di truccare i miei argomenti per rendermi odioso al pubblico: casca male. Sin dalle prime righe, poco gentile Onorevole, sostiene una tesi e la ripeterà tre volte: «Lei tira in ballo il mio aspetto fisico ». Poi si permette una considerazione di indegnità etica nei miei confronti: «Questo argomento rappresenta la parte più deteriore ma al tempo stesso più rivelatrice del pauroso decadimento dell’informazione e della politica in atto nel nostro Paese». Ho riletto i passi del mio articolo che la riguardavano. Mi sono limitato ad annunciare un bacio sulla sua «pelata», come premio nel caso la maggioranza riesca in tutta fretta ad abrogare le leggi che sanzionano con la galera il reato di diffamazione a mezzo stampa. Capisco che abbia orrore delle mie labbra, non me ne parli. Ma dove dovrei baciarla: sul collo? Non ce l’ha, che ci posso fare? Se si facesse trapiantare i capelli come il suo Capo, che notoriamente non attribuisce alcun significato all’immagine e all’aspetto fisico, avrei provato sul ciuffo.

Ma dove sarebbe la denigrazione della persona basata sul suo aspetto fisico? Mistero. A meno che se la prenda con me per interposto Previti, del quale avrei detto che non gradisco baciarlo in volto. Lei, invece, lo farebbe? Se poi pensa l’abbia paragonata a un frate per insultarla, ha proprio sbagliato a capirla, come dicono dalle mie parti. Non alludevo al fisico ma al suo stile. Oggi aggiungerei: falso frate. Ho trasformato Renato Farina in un monsignore, e non mi ha sfidato a duello, al massimo si è offeso perché non l’ho innalzato di rango. Uno è come è. Non è male lasciarsi prendere un po’ in giro. Possibile che lei rida soltanto delle barzellette del suo principale, e non sappia apprezzare un pochino l’umorismo che potrebbe impedire alla politica di essere un’arena dove ci si scanna e basta? Comunque prendo nota: io sarei espressione del «pauroso decadimento » eccetera.

Bravo il nostro Bondi. Quando Berlusconi ha alluso alla magrezza di Fassino, non mi risulta abbia mandato lettere indignate al Giornale di famiglia, e si sia precipitato in televisione a denunciare la decadenza morale della politica. Neanche in privato credo abbia mai eccepito alcunché, semmai si sarà fatto tirare le orecchie perché troppo poco cattivo in tivù. La domanda è questa. Perché lei e Forza Italia ce l’avete con me? Questa non è una lettera ma un tiro di bazooka, per di più sotto la cintura, anche se ahimè lì ormai c’è poco da colpire. Ho provato a scavare tra le righe per capire se, al di là della questione personale, ci sia qualcosa di politico. Niente. Non ho trovato alcun argomento.

Il motivo è presto detto: la politica in Forza Italia (e purtroppo anche al di là di essa) è una questione personale. Tra gli azzurri si esprime in questa angosciata domanda: il Presidente gradirà o no? Il problema vero di Forza Italia è proprio questo. Il lavoro dei suoi capi si risolve nella bravura mostrata a lucidare i bottoni del Principe, e a mostrare la faccia feroce con chi a sinistra o in casa propria osa dire che sì, Silvio è alto, altissimo, ma non supera i due metri. Il mio torto è di aver provato a discutere di politica con Berlusconi. L’ho fatto in tutti questi anni, e non me ne pento. Queste pagine sono diventate il luogo che non c’è nella politica di centro destra. Cioè un punto dove si possa ragionare, picchiare a sinistra (e qui non credo Bondi abbia lezioni da dare) ma anche pulire casa propria, compreso l’appartamento del Cavaliere.

C’è gente brava, bravissima in Forza Italia. Dinanzi a un Pisanu e a un Martino, a un Tremonti e a un Formigoni, mi inchino. Ma devono dedicarsi a questioni di governo. Almeno lì possono esercitare un po’ di competenza. In Forza Italia è impossibile. Lei arriva a dirmi che vuol discutere in privato con me di politica. Perché non chiede al suo adorabile Dottor Berlusconi di mettere su un congresso vero, in cui discutere, persino litigare, invece di cantare messa all’Altissimo anche se francamente non è tanto alto? Questo chiediamo a un leader. Ho trovato qualche frasetta in cui lei parla di se stesso in terza persona, come Maradona. Però Diego Armando faceva gol. Lei no.

Anche lei, come el Pibe de oro, usa la manina per fare gol. Ma con me non funziona. Ho trovato una sola dichiarazione politica: quando lei rivendica per se stesso il merito di aver lanciato la prospettiva del partito unitario, e poi spiega che non si farà, e me ne spiegherà a voce il perché. Vero. Era il settembre del 2003. Forse noi l’abbiamo anticipata su Libero di un mesetto. Ma non è questo che importa. Noi siamo giornalisti. Lei è la massima autorità di un partito. Se non realizza l’intuizione se ne vada, grasso o magro, pelato o chiomuto, cambi mestiere. Ribadisco. La ritengo una persona perbene, e persino colta. Mi torna in mente come ho saputo della sua notevole esistenza. Scrivevo per il Giornale, anche se non ne ero più il direttore. Osai criticare un po’ le mosse del Cavaliere. Trovai un articolo il giorno dopo su quelle pagine. Una firma sconosciuta, Sandro Bondi, mi criticava. Andò così due o tre volte. Io scrivevo, lui rispondeva. Pensai fosse un nome d’arte. Chiesi alla segreteria conferma. Mi fecero sapere che gli scritti arrivavano dal fax di Silvio Berlusconi, Villa San Martino, Arcore. Come convento, non c’è male.

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e questa e’ la lettera che Sandro Bondi ha scritto a Libero:

Caro Feltri, il suo è giornalismo degradato

di SANDRO BONDI

Coordinatore FI

Gentile direttore, il Suo articolo di ieri mi spinge a scriverLe ciò che da tempo avevo in animo di dire. Lei sostiene senza giri di parole – e questa è una Sua qualità che apprezzo – che io avrei sbagliato mestiere e che Berlusconi avrebbe sbagliato ad affidarmi il coordinamento di Forza Italia, il partito di maggioranza relativa. Per sostenere questa tesi, tira in ballo il mio aspetto fisico – e in questo è in buona compagnia – e soprattutto afferma che tutti gli altri partiti della coalizione sarebbero cresciuti, e Forza Italia invece no. Questa opinione non corrisponde alla realtà, perché se è inconfutabile che Forza Italia in questi anni ha perso purtroppo molti consensi, non è altrettanto vero che gli altri partiti della coalizione viceversa sarebbero cresciuti.

Lascio perdere le considerazioni sull’aspetto fisico delle persone perché trovo che quest’argomento rappresenta l’aspetto più deteriore ma al tempo stesso più rivelatore del pauroso decadimento dell’informazione e della politica in atto da tempo nel nostro Paese. Come se nel passato, che so, le qualità degli uomini politici fossero giudicate dalla loro avvenenza o dalla loro simpatia. Non intendo, tuttavia, rifiutarmi di prendere in esame la Sua opinione su di me e su Forza Italia, il suo passato ed il suo futuro. Per quanto riguarda la mia persona, non c’è nessuno più di me – mi creda, caro direttore – che avverta dolorosamente lo scarto tra le mie capacità e il ruolo che mi è stato assegnato. Averne coscienza – se mi permette – è già importante in tempi in cui questa sembra una disposizione poco diffusa.

Il discorso su Forza Italia, invece, è molto più complesso e necessiterebbe di molto spazio per trattarlo in maniera esauriente. Le ricordo soltanto un punto secondo me fondamentale, su cui ho sempre cercato di richiamare l’attenzione di tutti. Forza Italia aveva ed ha bisogno non solo di una forte organizzazione, ma soprattutto di uno sforzo culturale e politico prolungato, di un investimento progettuale non episodico ma coerente e continuativo, per selezionare un’autentica classe dirigente, sia a livello nazionale che a livello locale, e per costruire un partito con regole democratiche nuove e attraverso una vera vita democratica. A livello nazionale questa classe dirigente c’è già, ed è di una qualità superiore a quella di qualsiasi altro partito politico italiano, ma ha bisogno di sentirsi tale, e cioè di cementare, attraverso un lavoro comune nel tempo, legami di solidarietà, di appartenenza e di proiezione nel futuro. Da Giuseppe Pisanu a Franco Frattini, da Claudio Scajola a Marcello Pera, da Giulio Tremonti a Roberto Formigoni, da Antonio Martino a Renato Schifani, da Enrico La Loggia a Gianfranco Micciché, da Stefania Prestigiacomo a Valentina Aprea e a Margherita Boniver, da Fabrizio Cicchitto ad Elio Vito, Forza Italia può vantare una classe politica che non ha nulla da invidiare a quella di qualsiasi altro partito.

Ho cercato nel corso di questi ultimi due anni, da quando ho ricevuto l’incarico di coordinatore nazionale, attraverso uno sforzo di direzione politica, di ricerca faticosa dell’unità e dell’armonia, di lavoro costante sul territorio, e attraverso ogni altro strumento, compresi gli scritti e le pubblicazioni, di assecondare e di esaltare la presa di coscienza dell’esistenza di questa classe dirigente, nella convinzione che dalla tenuta di questo gruppo dirigente possa dipendere anche nel futuro la stabilità del ruolo di Forza Italia, come forza politica rappresentativa della maggioranza degli elettori moderati. Fra le altre cose che posso annoverare a mio merito vi è quella di avere in questi anni sostenuto e ingaggiato una battaglia polemica durissima contro la sinistra a difesa delle ragioni di Forza Italia e del Presidente del Consiglio Berlusconi. Un ruolo che, ne sono assolutamente cosciente, ha finito – grazie alla mia generosità – per farmi dipingere come un acritico sostenitore di Berlusconi. Chi mi conosce sa però che le mie qualità sono altre.

Ma non rinnego affatto questo ruolo, che qualcuno doveva necessariamente assumersi. Non pretendo, poi, che Lei riconosca il ruolo che ho avuto nella delineazione e nella prefigurazione, in tempi non sospetti, della strategia politica del partito unitario dei moderati e dei riformisti. Capisco che è impossibile ammettere che Bondi abbia posto al centro del confronto politico italiano – sì, del confronto politico in Italia! – la prospettiva del partito unitario. A quattr’occhi, se n’avrò la possibilità, Le illustrerò anche le ragioni storiche, culturali e politiche per le quali avevo avanzato quella proposta, che oggi purtroppo vedo allontanarsi irrimediabilmente dal panorama politico del nostro Paese, a meno che….. Come vede, io penso che i problemi che dobbiamo affrontare sono ben più seri di quelli che Lei ha sollevato, e ritengo che sia ancora necessario un lavoro paziente, serio e convinto per dare continuità all’esperienza politica innovativa a cui Berlusconi ha dato vita, praticamente dal nulla, nella storia del nostro Paese.

Penso inoltre che per l’assolvimento di questo compito servano l’intelligenza, la serietà, la passione politica e morale di tanti uomini politici e di tante donne e uomini disposti a partecipare ad un grande ed entusiasmante progetto di rinnovamento. Spero che in questo progetto ci possa essere posto anche per me, per le mie poche qualità e per la mia sensibilità. Spero che anche nel futuro ci possa essere spazio in politica per la buona fede, per chi è animato da passioni vere e intende sostenere idee e principi al servizio del Paese. Spero soprattutto che restino aperte le porte dell’impegno politico anche a chi non ha il cosiddetto carisma – una qualità che notoriamente non si trova in abbondanza – o non possiede il pelo sullo stomaco, ma desidera comunque partecipare all’espressione più alta della carità, per citare le parole di Paolo VI.

Un’ultima considerazione: non è la prima volta che Lei mi rivolge apprezzamenti di carattere personale o che esprime giudizi in merito alle mie posizioni politiche. Li trovo sempre stimolanti e intelligenti, come tutto ciò che Lei scrive. Fatico, tuttavia, a comprendere la coerenza delle Sue posizioni: una volta elogia le posizioni di Oriana Fallaci, un’altra volta mi rimprovera per i principi che difendo sul valore della vita e sulla difesa della civiltà cristiana dell’Occidente. Questa mancanza di coerenza, un istintivo rigetto per la forza stringente e feconda del ragionamento politico, non è solo un tratto distintivo che si può rinvenire nelle Sue posizioni, ma è purtroppo molto diffusa in una certa cultura di destra, che rivela la sua intrinseca debolezza e la provocatoria impotenza proprio in quanto si fonda spesso su un individualismo umorale privo di lucidità politica. Con stima

P.S. Le sorprese della vita, e soprattutto l’estro e la generosità di Berlusconi, hanno fatto sì che diventassi coordinatore del maggior partito italiano. Lei dice che potrei stare più utilmente in convento, anche se Lei non mi sceglierebbe neppure come priore. Vede, caro direttore, per me la cosa più bella non è diventare priore, ma da priore tornare il più presto possibile a fare l’umile frate. Ciò che spero, fuor di metafora, possa accadere dopo il successo di Forza Italia e di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del prossimo 9 aprile.