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CAPITALIA CONTRATTACCA: FALSE LE ACCUSE A GERONZI

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Capitalia passa al contrattacco. E smentisce, con una nota ufficiale, quanto avrebbe dichiarato l’ex patron della Parmalat, Calisto Tanzi, nell’interrogatorio dei pm di Milano il 30 dicembre scorso. L’ex re del latte, come anticipato da alcuni organi di stampa, avrebbe fatto mettere a verbale che il presidente di Capitalia, (all’epoca numero uno della Banca di Roma), avrebbe fatto pressing su di lui e su Tonna per l’acquisto di due società. La prima è la Eurolat, allora di proprietà dell’ex patron della Cirio Sergio Cragnotti, il finanziere d’assalto già ampliamente indebitato con la Banca di Roma. La seconda è la Ciappazzi, acque minerali e bibite, all’epoca di proprietà di Giuseppe Ciarrapico. Due società che Tanzi fu costretto a pagare a un prezzo ben più elevato di quello di mercato, almeno nel caso della Eurolat. Obiettivo della Banca di Roma, accusa Tanzi, sarebbe stato quello di rientrare dal forte indebitamento con Sergio Cragnotti e chiudere la vicenda con Giuseppe Ciarrapico, vicenda lunga fatta di dissesti e debiti mai onorati.

Accuse pesanti quelle di Calisto Tanzi, che arrivano il giorno dopo l’annuncio di Capitalia di mettere a disposizione dei risparmiatori coinvolti nei crac Parmalat e Cirio, circa 60 milioni di euro. Una mossa, che, ad alcuni, è stata letta come una parziale assunzione di responsabilità. Durissima la nota di Capitalia che definisce “pretestuose” le dichiarazioni rese ai magistrati da Calisto Tanzi. “La pretestuosità di tali dichiarazioni – si legge nella nota – è evidente in quanto si riferiscono a transazioni vere, ampiamente documentate e valutate anche da terzi indipendenti, ma soprattutto che nulla hanno a che vedere con i motivi del dissesto di Parmalat”. La nota definisce quindi “umanamente comprensibile” l’obiettivo di Tanzi e di Tonna, che in questo modo tentano “di attenuare le proprie responsabilità”.

Capitalia conferma inoltre la sua disponibilità a fornire ai pm i documenti che “dimostrano in maniera inequivoca la correttezza del proprio operato” e riporta i giudizi di analisti di banche d’affari in merito all’operazione Eurolat. Giudizi che, indirettamente, difendono l’operato di Banca di Roma. Tra questi, quello del Credit Suisse First Boston del febbraio 1999, secondo cui “le sinergie” derivanti “dalla integrazione dei marchi lattiero-caseari di Cirio e Parmalat” consentiranno di “raggiungere una quota di mercato del 40% del latte fresco e del 50% in quello a lunga conservazione”.

Il 26 ottobre del 1999, la banca d’affari Morgan Stanley, scrive invece che “vi sono consistenti complementarietà sotto il profilo geografico tra le due società perché Parmalat è molto forte nel nord Italia mentre Cirio ha le sue radici nel centro sud”.

Per quanto riguarda infine l’operazione Ciappazzi, Capitalia rileva, nel comunicato, che “non esistono valutazioni degli analisti, trattandosi da un lato di un’attività meno che marginale rispetto alle dimensioni del gruppo Parmalat (0,2% del debito lordo quale risultava dall’ultimo bilancio)”. Ad ogni conto, afferma l’istituto, è “facilmente certificabile che si tratta in entrambi casi di investimenti in attività reali, a differenza di quanto sembra emergere per la gran parte degli investimenti effettuati negli anni da Parmalat”. Insomma investimenti produttivi e non di mera alchimia finanziaria.

Una vera e proprio bufera, comunque, quella si è abbattuta questa mattina Cesare Geronzi, già finito nel mirino degli inquirenti per il crac della Cirio. E i riflessi si vedono subito all’apertura di Piazza Affari. Il titolo Capitalia dopo aver aperto in calo di oltre il 4%, recupera, ma rimane sempre sotto pressione. Intanto le Procure di Parma e Milano, che indagano sul dissesto della Parmalat, smentiscono che il presidente di Capitalia sia stato iscritto nel registro degli indagati.

Enrico Bondi è intanto al lavoro per recuperare i soldi necessari per far continuare la produzione della Parmalat. E questa mattina uomini vicini al suo staff, hanno fatto sapere che saranno pronti intorno alla fine di gennaio i conti rielaborati del gruppo. Uno slittamento dovuto allo stato dei conti Parmalat: “pensavamo di trovare 4,2 miliardi di attivo che invece non ci sono”.

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