Società

CACCIATORI
E PREDE

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Quale sarà la prossima banca italiana a finire nella rete? Per analisti e gestori interpellati da B&F è Bpi la maggiore indiziata. Un coro unanime che sa tanto di cronaca di un’Opa annunciata. Ma dal sondaggio emergono anche attori con un doppio ruolo: cacciatori e prede. Sono le banche di media capitalizzazione, considerate i principali catalizzatori nella nuova tornata di M&A. Si tratta di Capitalia, che sfiora i 15 miliardi o Sanpaolo Imi (a quota 26,6 miliardi) e Mps (con 12,8 miliardi). UniCredit invece, che dopo la fusione con Hvb capitalizza 61 miliardi, è ritenuta al riparo da avances esterne. Così come Intesa e Bpu. Certo è che, dopo il blitz di Bnp-Paribas su Bnl, la corsa al consolidamento è ripartita. E le scomesse, ora, sono aperte.

Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca sul
link INSIDER

PATTI INSTABILI. Nel novero delle prede finiscono le banche il cui azionariato presenta possibili incrinature. È il caso di Sanpaolo Imi. In un clima reso instabile dalla querelle nata dal convertendo Fiat tra la famiglia Agnelli e l’Istituto torinese, le mosse del Santander che compare nel patto di sindacato (9,76%) devono ora essere passate ai raggi X. La banca spagnola già in passato aveva puntato gli occhi sui fondi del gruppo presieduto da Enrico Salza. Adesso, con l’uscita di scena dell’altra spagnola, il Bilbao, le carte in tavola sono cambiate e Santander potrebbe puntare direttamente alla banca. La versione ufficiale del presidente Emilio Botín, per ora, è che niente cambierà fino alla scadenza del patto, nel 2007. Intanto l’istituto di credito torinese potrebbe agire come polo aggregante: è noto l’ambizioso piano di espansione nel settore retail attraverso l’integrazione con CariFirenze. Che fa gola anche in ambito internazionale grazie al suo punto di forza: Findomestic, la società di credito al consumo controllata al 50% dalla banca toscana e per l’altra metà da Bnp Paribas. Mentre nel mirino del Santander potrebbe esserci anche Capitalia, su cui da tempo si azzardano scenari da risiko. Anche perché nel patto di sindacato è presente Abn Amro che potrebbe cedere la sua quota dell’8% per concentrarsi su Antoveneta. Non prima però del 22 ottobre, data di scadenza degli impegni dell’olandese nella banca romana. Al patto di sindacato di Capitalia, inoltre, fa capo il 31% del capitale: un azzardo definirlo blindato. Situazione diversa per Intesa: ha un patto di sindacato solido, ma al cui interno pesa l’incognita Crédit Agricole, che ha una quota del 18%. Ovviamente il socio francese ha sempre detto che terrà fede all’impegno che lo tiene legato all’istituto di Corrado Passera fino al 2008 e che non mira all’acquisizione.

RICETTA SALVA-CRISI. Un’aggregazione può essere anche funzionale a rimettere a posto conti in disordine. E come ricetta salva-crisi la potrebbe usare la Popolare di Intra, da mesi in difficoltà per via del coinvolgimento nel crac del gruppo Fin.part. I primi nove mesi del 2005 della Intra si sono chiusi con una perdita di 83 milioni, e nuovi forti accantonamenti potrebbero essere effettuati anche nel quarto trimestre. E la piccola banca verbana ha ammesso di essere alla ricerca di un partner tra le Popolari di dimensioni comparabili. L’istituto di credito presieduto da Cesare Ponti punta a individuare un alleato per poi procedere a un’integrazione. Alla porta ci sarebbero già la Bper e la Popolare di Vicenza, mentre il Credito Valtellinese e la Bpm potrebbero uscire allo scoperto presto. A un’alleanza potrebbe tendere anche la Pop Italiana. Nonostante il neo amministratore delegato Divo Gronchi insista nel dire che il gruppo manterrà l’indipendenza, non mancano gli indizi che fanno pensare all’ipotesi contraria. Sconfitta nella battaglia Antoveneta, ancora sotto choc per le indagini giudiziarie, con una base di soci in cerca di una nuova identità, ha le carte in regole per finire nella rete.

QUESTIONE DI PREZZO. Anche le banche con bilanci solidi e caratteristiche di eccellenza potrebbero essere interessate a entrare nell’arena dell’M&A. Certo, non ad ogni costo. È il caso di Credem. Dopo la scomparsa di Achille Maramotti (la famiglia detiene il 35,5% della controllante Credemholding), i rumor sul futuro della banca emiliana sono aumentati in modo esponenziale. E non è un mistero che la famiglia miri a concentrarsi sul core business dell’abbigliamento, con Max Mara. Inoltre il Credem è stato spesso indicato come potenziale preda per Deutsche Bank, Banca Lombarda o Mps. Anche il Banco di Desio resta al centro delle manovre, malgrado l’istituto sia saldamente in mano agli azionisti tradizionali, la Brianza Unione di Luigi Gavazzi e la famiglia Lado. E tra i gioielli sotto i riflettori c’è infine Banca Lombarda, che ha una struttura azionaria estremamente polverizzata. Nel patto di sindacato, che sfiora il 50% del capitale, gli azionisti non possono detenere, per statuto, quote superiori al 5%. E di fatto la maggior parte non raggiunge neppure l’1%. Il gruppo ha annunciato il piano strategico triennale finalizzato «alla crescita in un’ottica di autonomia». Ma senza disdegnare «occasioni di fusioni e acquisizioni». Inoltre, in base al piano, al 2008 l’utile netto dovrà salire a 390 milioni, con Roe pre-tasse del 24% e cost-income al 47%. Obiettivi «aggressivi», che aumentano l’appetibilità del gruppo.

CHI PUÒ CORRERE DI PIÙ. Insomma, le occasioni per salire sul tram dell’Opa ci sono. Al di là del fattore speculativo, però, il settore bancario può offrire diversi spunti sul lungo periodo. Qui il gruppo «vincente» è UniCredit: il suo p/e è 16,35, a sconto di quasi il 7% sulla media del settore. Decisamente sottovalutata risulta la banca più gettonata dagli esperti, ovvero la Popolare di Verona e Novara, che tratta a 13,7 volte gli utili del 2005, il 22% in meno rispetto alla media del settore. E anche Intesa: ha un p/e di 13,87.

Copyright © Bloomberg – Borsa & Finanza per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved