Società

C’ ERA UNA VOLTA
IN AMERICA

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*Robert B. Reich, già ministro del Lavoro con l’amministrazione Clinton, è professore di Politica economica e sociale alla Brandeis University. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Mio nonno perse tutti i suoi risparmi a seguito del crollo di borsa del 1929. Dopo di allora non ha mai più avuto fiducia nel mercato azionario. Ma ha continuato a lavorare e, arrivato all’età della pensione, aveva un piccolo gruzzolo. Non era ancora sufficiente a soddisfare le sue esigenze di pensionato. Lui e mia nonna poterono fare affidamento su una pensione che ricevevano ogni mese. Mio nonno morì alla venerabile età di 91 anni. Solo alcuni anni dopo compresi che gli assegni che riceveva mensilmente non provenivano dai versamenti fatti da mio nonno. Provenivano invece dai contributi pensionistici della generazione di mio padre e di mia madre, contributi versati durante la loro vita lavorativa.

Questo era il modo in cui il presidente Franklin Roosevelt aveva organizzato il sistema pensionistico. I versamenti alla previdenza sociale di ciascuna generazione garantivano la pensione della generazione precedente. Mio padre ha appena compiuto 91 anni.

È ancora in buona salute, grazie a Dio. Mio padre ha combattuto nella seconda guerra mondiale e lui e mia madre, come molti della loro generazione, rinviarono a dopo la guerra il momento di avere figli. Io sono nato nel 1946, esattamente all’inizio del baby boom del dopoguerra. Durante gli anni della mia giovinezza i miei genitori gestivano due negozi di abbigliamento. Come mio nonno, lavorarono duro e riuscirono a mettere da parte un po’ di risparmi per la vecchiaia. Ma a tutt’oggi la pensione che percepiscono proviene dai contributi versati alla previdenza sociale dalla mia generazione.

Ora il presidente Bush (un altro esponente della generazione del baby boom del dopoguerra) vuole “sistemare” il sistema pensionistico consentendo ai giovani lavoratori di destinare al mercato azionario parte dei contributi dovuti alla previdenza sociale. Ma una misura del genere non sistemerà un bel niente. Quand’anche si fosse convinti che il sistema pensionistico si troverà a corto di risorse entro il secolo in corso, non si sistemano le cose sottraendo al sistema miliardi di dollari. Il progetto del presidente non farà che aggravare la situazione.

Ci saranno meno risorse per pagare la pensione alla sua e alla mia generazione – e anche meno risorse in serbo per le generazioni future. Non credo che il sistema pensionistico abbia bisogno di alcun intervento. All’inizio degli anni ’90, quando ero ministro del Lavoro, ero amministratore del Fondo Fiduciario della Previdenza Sociale. E quindi so benissimo come vengono fatte queste stime sul futuro.

Se si parte dal presupposto che in questo secolo il tasso di crescita annuo dell’economia sarà più o meno simile a quello degli ultimi cento anni – compresa la Grande Depressione della generazione di mio nonno – il sistema previdenziale potrà pagare la pensione a tutti i pensionati almeno per i prossimi 75 anni. Sì, noi della generazione del baby boom del dopoguerra rappresentiamo una grossa impennata della curva demografica. Quando tutti noi andremo in pensione lo Stato forse dovrà ricorrere per un certo periodo alla fiscalità generale per pagare le pensioni a tutti.

Dal momento che noi tutti abbiamo lavorato e versato i contributi alla previdenza sociale, il sistema ha accumulato molto più denaro di quello di cui ha bisogno per pagare le pensioni agli attuali pensionati. Il governo ha impiegato questo avanzo per ridurre il deficit di bilancio. Quindi siamo in credito. Ma questo non vuol dire affatto che il sistema pensionistico è destinato al fallimento sul lungo periodo.
Ma il progetto del presidente romperebbe il salvadanaio e romperebbe anche l’alleanza intergenerazionale del sistema pensionistico. Ed inoltre sottoporrebbe i lavoratori più giovani al rischio di andare in pensione senza avere nulla in mano.

Con il progetto Bush, i futuri contributi pensionistici dei nostri due figli – che ora hanno 20 e 23 anni – sarebbero ridotti dell’ammontare che essi destinerebbero al mercato azionario privato.

Ciò vuol dire che se i ragazzi avranno poca fortuna sul mercato azionario non avranno alcuna possibilità di cavarsela. La previdenza sociale non interverrà per salvarli dalla povertà in vecchiaia.

Quando perse i suoi risparmi a seguito del crollo di borsa del 1929, mio nonno scoprì che il mercato azionario può essere una gigantesca casa da gioco. (La mia generazione ha fatto una analoga scoperta, su scala più piccola, quando nel 2000 è scoppiata la bolla speculativa delle società telematiche).

Per questo è stata creata la previdenza sociale – per fare in modo che ogni pensionato possa contare su una pensione minima garantita ogni mese Non deve esserci una spaccatura generazionale in merito alla previdenza sociale. È un buon affare per tutti. Voglio che i nostri figli possano contare sulla previdenza sociale quando andranno in pensione così come hanno fatto i loro nonni e bisnonni – e come farò io tra qualche anno.

Perché smantellare qualcosa che ha funzionato così bene?

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Traduzione di Carlo Antonio Biscotto