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BUSH PRONTO A TUTTO, MA L’EUROPA E’ FERMA

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E’ in atto un colossale scontro fra i “pronti a tutto” e i “rassegnati”? Sembra proprio di sì. Dove per i pronti a tutto si intendano gli americani (e due in particolare) e per i rassegnati si intendano i governanti europei. Questa immagine è di uno dei più brillanti analisti milanesi, Alessandro Fugnoli, e merita di essere spiegata con qualche dettaglio in più.
I due tizi “pronti a tutto” sarebbero Alan Greenspan, capo della Federal Reserve americana, e George W. Bush, attuale presidente degli Stati Uniti. Il secondo, come ormai sanno tutti, ha da giocarsi la rielezione alla Casa Bianca, cosa a cui tiene moltissimo, intanto perché chiunque finisca il quel posto vuole rimanerci, ma poi anche perché al padre il gioco non riuscì. E visto che questo Bush è visto da tutti come meno abile del padre, riuscire dove il genitore fallì, sarebbe una gran bella rivincita personale. Pur di rimanere dove si trova, Bush è quindi uno disposto a tutto: tagli fiscali, spesa pubblica, dollaro basso fino a chissà quando. Sa che per ottenere il suo scopo deve assolutamente far crescere l’economia americana e fare almeno un milione di occupati in più prima delle elezioni (novembre 2004).

Greenspan non si gioca il posto, ma si gioca, come annota Fugnoli, un posto di rilievo (e pieno di elogi) nei libri di storia. Finora è stato una specie di uomo-miracolo. Di santo. Uno che è riuscito a fare dieci anni di boom sotto Clinton e che poi, dopo la crisi della primavera 2000, è riuscito a impedire che il sistema economico americano andasse a rotoli, trascinandosi dietro il resto del mondo. Le carte distribuite dalla storia, purtroppo, non giocano a favore di Greenspan. La crisi c’è stata e è stata pesante. E la ripresa sconta pesanti disavanzi e vari pericoli. Ma se Bush non vuole rinunciare al suo posto alla Casa Bianca, Greenspan non vuole rinunciare a riempire i libri di storia. E allora si gioca il tutto per tutto. Molti sostengono che è deciso a tenere il costo del denaro in America a livelli ridicoli (1 per cento) ancora per diciotto mesi, forse anche per due anni. E che non ha alcuna obiezione a lasciare scivolare il dollaro verso il basso fin dove servirà, e questo per dare una mano alla ripresa economica e alle imprese americane. E, naturalmente, lo stesso Greenspan è impegnato a evitare che Wall Street prenda troppe sberle o sberle troppo forti. Anzi, deve essere allegra e vivace, anche se non fuori di senno.
Finora sia Bush che Greenspan hanno messo in campo molta artiglieria per ottenere quello che vogliono. Ma, se sarà necessario, faranno ancora di più. Non hanno altra possibilità, questa è la loro ultima partita, e quindi sono “pronti a tutto”.

I rassegnati sono i governanti europei. Rassegnati perché sanno di non poter fare molto. Il dollaro basso è come un uragano che squassa le loro economie, che ne mette in crisi la competitività e che riduce ancora di più le già molto scarse possibilità di crescita. Ma che cosa possono fare? Subire. Anche se subire li porta, ovviamente, a avere rapporti difficili con i loro governanti e con gli ambienti economici (vedi Berlusconi in Italia). Non possono muoversi e nemmeno possono prendersela tanto con Bush e Greenspan: sanno anche loro infatti che una buona ripresa economica americana, oggi, sarebbe un bene per tutti, sia pure nel medio termine. E quindi se ne stanno lì, bofonchiano, cercano di dare qualche gomitata sugli affari mediorientali, ma di fatto devono subire, in questa fase, l’offensiva economica americana.

Poiché Bush e Greenspan non hanno l’aria di voler smettere tanto presto di fare quello che stanno facendo, la situazione dei “rassegnati” è destinata a aggravarsi invece che migliorare.
E questo, curiosamente, rischia di essere un bene per l’Europa. Infatti i suoi governanti, gli attuali “rassegnati”, si troveranno sempre di più in un vicolo cieco (e pieno di scontenti) da cui potranno uscire solo riprendendo l’iniziativa. E segnatamente l’iniziativa di fare, e alla svelta, quelle riforme che rinviano da anni (per non dire decenni), dalle pensioni al welfare state.
Gli effetti dell’estremismo di Bush e Greenspan sono visibili, maledettamente visibili, verrebbe voglia di dire, già oggi. In questo momento gli Stati Uniti stanno crescendo grosso modo al ritmo del 4 per cento annuo, l’Europa viaggia a stento sull’1 per cento. E la situazione non è affatto destinata a cambiare tanto in fretta. Tanto il ragionieri Rossi quanto il grande uomo d’affari sono in grado di vedere e di misurare tutto ciò. Sono in grado, cioè, di vedere che l’America viaggia quattro volte più velocemente dell’Europa. In un mondo in cui si sa tutto e subito, non pensabile che i “rassegnati” governanti europei possano rimanere tali ancora a lungo. In un modo o nell’altro dovranno muoversi. Intanto potrebbero usare l’influenza di cui dispongono per premere sulla Banca centrale europea affinché si decida a tagliare ancora un po’ il costo del denaro. Ma poi dovranno per forza impugnare l’ascia delle riforme. Ciascuno secondo la propria storia politica e secondo le proprie possibilità. Ma qualcosa dovranno fare.
In sostanza, oggi l’America è come un elefante deciso a tutto, che sta soffocando l’Europa. L’Europa deve decidersi perché, se ci si pensa bene, anche per il Vecchio Continente, questa è una sorta di ultima battaglia. O si fanno un po’ di riforme, e si riprende a correre, o si diventa una grande area sonnolenta e marginale. Rassegnata, appunto.

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