La Bulgaria gioca la carta della riduzione delle imposte sulle aziende per attrarre nuovi capitali dall’estero. Il vice ministro delle Finanze, Georgi Kadiev, annuncia che dal 1° gennaio 2007 l’aliquota fiscale che grava sulle imprese scenderà dal 15 per cento al 10 per cento. La Camera di commercio italiana a Sofia comunica che ad oggi sono circa 9mila le aziende italiane che hanno aperto stabilimenti in loco ed è presumibile che questa decisione faccia diventare ancora più appetibile realizzare un’impresa in Bulgaria. I costi di produzione d’altronde sono tra i più bassi d’Europa. Un operaio specializzato guadagna al massimo 350 euro al mese, un dirigente duemila, il gasolio costa in media 85 centesimi al litro, mentre un chilowatt di elettricità industriale non più 0,074 euro. L’Italia attualmente, sempre secondo la Camera di commercio italiana, è al secondo posto per gli investimenti diretti stranieri con un ammontare di 1.322 milioni di dollari. Questi vengono realizzati soprattutto nei settori bancario, energia e public utilities. Tra le nostre aziende più in vista troviamo Enel, Italcementi, Unicredit, RiminiGas, Safil, Calzedonia e Finvetro. Nei primi sette mesi del 2006 il nostro export aumenta di oltre il 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2005. L’Italia è il secondo Paese cliente (import) della Bulgaria e il terzo fornitore (export). I settori più vitali per quanto riguarda l’interscambio sono il tessile e l’abbigliamento, i macchinari, calzature e cuoio. Una parte considerevole delle merci importate in Bulgaria è destinata a essere sottoposta a lavorazione nel Paese, per poi essere riesportata come prodotto finito o lavorato anche in Italia.
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