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ALLA GUERRA
DEL PETROLIO

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(WSI) – Il petrolio è alle stelle e le previsioni sui prezzi delle grandi banche d’affari si trasformano in una lotteria che ne fa precipitare la credibilità. La scorsa settimana Goldman Sachs ha stupito il mercato alzando dell’80% le previsioni sul picco massimo raggiungibile dal barile. La stima sul super-spike price (la punta massima) è arrivata all’incredibile quota di 105 dollari il barile.

Del tutto opposta la valutazione della rivale Merrill Lynch. David Bowers, strategist europeo della banca d’affari ha fatto un parallelo tra la bolla tecnologica del 2000 e l’attuale livello dei prezzi delle commodity. Qualcosa di più di un campanello d’allarme: «Mentre tutti parlano di petrolio a 100 dollari – commenta ironicamente Bower – occorre non perdere di vista la possibilità di una rapida retromarcia dei consumi Usa e potremmo rivedere il barile a 35 dollari».

Insomma, la bolla potrebbe scoppiare. John Normand, capo degli strategist di Jp Morgan, condivide la posizione di Merrill: «Dopo il secondo trimestre 2005 – ha spiegato ieri – i prezzi del petrolio (e dei metalli) scenderanno dai record». Complici il rallentamento della Cina e il rafforzamento del dollaro. Per contro il Fondo monetario – pur escludendo punte a 100 dollari – ritiene che la media dei prezzi nel 2005 si attesterà a 52,23 dollari al barile.

Chi avrà ragione? Difficile dire, perché dietro le quinte (e rigorosamente off the record), gli analisti confessano: «Fare previsioni sul petrolio oggi significa sparare nel mucchio. E ognuno lo fa secondo le proprie convenienze». Con la rischiosa conseguenza di un azzeramento di credibilità delle stime.

Vittorio Mincato, amministratore delegato dell’Eni, dettò la strada lo scorso autunno quando, dopo aver sbagliato le previsioni, decise di arrendersi: «Il prezzo del barile? Serve la sfera di cristallo». Intanto la corsa del greggio fa bene ai conti dell’Eni in proporzione maggiore rispetto ai competitor, e ha portato il titolo al nuovo massimo storico (ieri 20,80 euro, con un guadagno del 2,51%). Segno che il mercato crede che il barile non scenderà tanto presto.

Segnali in questo senso sono emersi anche ieri. L’export russo, che in generale è rallentato per problemi di distribuzione, in marzo è cresciuto dell’11% verso la Cina. Washington, invece, comincia a preparare gli americani a un’estate in cui pagheranno la benzina come non l’hanno mai pagata (2,28 dollari il gallone). Mentre l’Opec negozia con la Ue per creare un tavolo comune di gestione del mercato, di cui i signori del greggio perdono progressivamente il controllo.

Intanto, «le posizioni in acquisto sui futures al Nymex – spiega Roberto Zagatti, di Borsafuture.com – sono coperti solo al 42% da small traders». Il che significa che «gli speculatori sono poco presenti e che l’euforia deve ancora arrivare». Il prezzo del future a settembre batte quello dei mesi precedenti. Nella lotteria del greggio, i più scommettono sull’autunno.

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