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Bossi cambia idea: «Berlusconi e’ il leader. Niente voto di sfiducia».

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(in aggiornamento) «Non voteremo la sfiducia», dice il leader della lega Umberto Bossi da Saluzzo, durante la Festa dell’orgoglio padano. «Se Berlusconi dice che per il bene del Paese bisogna andare avanti così, va bene anche per noi. Lui è il leader». Così Umberto Bossi, che questa sera nel cuneese ha inaugurato la Festa dei popoli padani. «Siamo alleati a Berlusconi, non litigheremo – ha aggiunto – non possiamo votare la sfiducia».

Il Senatùr si è poi espresso sul presidente della Camera: «Fini dice che la Padania non esiste?» ha esordito con una risata. «Non ha capito che siamo un popolo dalla montagna al mare. Siamo più forti di lui e di tutte le stupidaggini che dice. Fini dovrebbe solo imparare a rispettare le regole. Noi la parola con Berlusconi la manterremo, certo che Fini ci ha messo in una bella difficoltà».

Questo è il prologo della Festa di Saluzzo che inizierà venerdì ufficialmente con la cerimonia dell’ampolla alle sorgenti del Po. Il segretario federale del Carroccio ha poi aggiunto: «Il federalismo è bell’ e fatto, adesso passeremo al decentramento. Sposteremo dei ministeri nelle città del nord e anche al sud, perchè no, non va bene che siano tutti a Roma. Faremo come in Inghilterra – ha aggiunto – i ministeri vanno distribuiti perché tutti possano avere dei benefici, e questo è tanto più importante in questo periodo di crisi».

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Elezioni più lontane dopo le parole di Silvio Berlusconi che ha frenato l’alleato Bossi deciso ad andare alla urne il prima possibile. Si va avanti tranquilli, in Parlamento «ci sono i numeri». È quanto ha ribadito la scorsa notte dal Premier che oggi ha riunito a Palazzo Grazioli alcuni ministri del Pdl. Berlusconi ha confermato che si presenterà alla Camera a fine settembre per un discorso sul programma di governo.

Alla fine della riunione nella residenza romana di Berlusconi, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha confermato la linea: «Siamo tutti d’accordo sul non andare a votare e anche da parte della Lega prevarranno la ragionevolezza e la saggezza». Frattini ricorda che il Carroccio ha sempre dato il suo sostegno al Governo. E a chi gli chiede se Umberto Bossi ha tirato la corda con le sue recenti affermazioni, Frattini risponde: «No, no, ha posto il problema di non galleggiare ma si è visto che non è nostra intenzione».

Frattini riferisce inoltre che nel corso della riunione nella residenza romana del presidente del Consiglio non si è parlato né del nuovo ministro dello Sviluppo economico, né del preannunciato incontro con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, relativo al contrasto tra PdL e presidente della Camera, Gianfranco Fini.

E a proposito dei contrasti fra Fini e Berlusconi, Italo Bocchino, capogruppo alla Camera di Futuro e libertà ha annunciato: «Entro oggi ci saranno le dimissioni di tutti i componenti di Futuro e libertà per l’Italia che ricoprono incarichi direttivi nel Pdl a livello nazionale e locale».

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Non possiamo permetterci di non governare per beghe interne. È quanto avrebbe detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante l’ufficio di presidenza. Il premier avrebbe ripetuto che c’è il dovere di andare avanti e che le crisi, se si fanno, si fanno in Parlamento.

Il premier Silvio Berlusconi ha informato oggi l’ufficio di presidenza del Pdl – secondo quanto riferiscono fonti del partito – che dopo l’incontro con il leader della Lega Umberto Bossi di alcuni giorni fa è stata annunciata la richiesta di un incontro con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Un’intenzione che non è stata modificata.

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, risponde a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi ribadendo che non si dimetterà da presidente della Camera e confermando l’intenzione di andare avanti nel ruolo istituzionale per tutta la durata della legislatura. Una richiesta, quella del premier e del leader della Lega, che comunque sarebbe irricevibile secondo valutazioni del Quirinale, sia dal punto di vista costituzionale che parlamentare. Il premier intanto sarà in aula alla Camera per riferire sulla situazione politica a fine settembre. L’intervento è programmato per uno dei giorni tra il 28 e il 30. Bossi dal canto sua alza il tiro e minaccia di portare a Roma 10 milioni di persone, annunciando anche che la Lega è pronta a non votare la fiducia a Berlusconi pur di andare alle urne quanto prima.

Il Pdl insiste: Fini se ne vede andare. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto ha posto alla conferenza dei Capigruppo il tema dell’incompatibilità di Fini nel ruolo di presidente della Camera. Lo ha riferito ai cronisti il capogruppo del Pd, Dario Franceschini al termine della riunione di oggi. «Per definizione il Presidente della Camera è al di sopra delle parti. Questo non vuol dire che egli non possa militare in un partito, dirigere un partito e così via. Ma oggi Fini è in prima fila nello scontro politico, ha addirittura organizzato una scissione dal mio gruppo parlamentare, quello del Pdl. Inoltre nel suo intervento a Mirabello ha dichiarato che siamo morti», ha sottolineato a Sky Tg24 Cicchitto.

«Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, prende atto della dichiarazione del capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, secondo la quale ora ci sarebbe incompatibilità tra il ruolo di Fini e quello di primo deputato di Montecitorio. Non considero necessario – ha detto Fini durante la riunione dei capigruppo – dare alcuna risposta in questa sede».

«Mai nessuno aveva osato usare la terza carica dello Stato per costruirsi una sua fazione e per sabotare gli equilibri politici decisi dagli elettori. Le massime cariche dello Stato sono chiamate ad una funzione super partes, che è totalmente incompatibile con il lavorio partigiano e fazioso a cui Fini ha scelto di dedicarsi», ha detto il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone.

Bossi: 10 milioni di persone a Roma. Se ci sia la possibilità di andare a votare a novembre «dipende da quello che vuol fare Berlusconi». Lo dice il leader della Lega Umberto Bossi alla Camera, ribadendo che «la vera via d’uscita sono le elezioni». A chi evidenzia che sulle urne la parola spetta a Napolitano Bossi replica: «Immaginate se io e Berlusconi portassimo 10 milioni di persone a Roma…. Non riescono a fare un governo tecnico contro me e Berlusconi. Abbiamo milioni di persone con noi. Non hanno il coraggio di fare un governo tecnico contro il Paese. Napolitano? – aggiunge Bossi – Lo vedremo tra 3-4 giorni ma prima devo andare in montagna (al Monviso per la festa dei popoli padani, ndr)».

La via maestra resta quella delle elezioni, ribadisce il leader della Lega. Elezioni alle quali si va «se ci sono le dimissioni di Berlusconi o un voto contrario» sui 5 punti. E a chi gli chiede se ci sia la possibilità che la Lega non voti la fiducia, il senatur replica: «Ci sono anche queste possibilità…». Ai cronisti che gli chiedono come spiegherebbe la Lega ai suoi elettori la scelta di andare subito al voto, Bossi replica: «I nostri elettori, a differenza di quello che dice Fini, sono padani e quindi vogliono la Padania libera, del resto non si preoccupano». Quanto a Fini, il Senatùr dice: «Ognuno si fa uccidere dall’elettorato come vuole». E sulle dimissioni se ne esce a modo suo: «Fini non si dimette? Prrr…».

Casini: «Qui c’è un partito che vuole andare a votare solo perché pensa di guadagnare voti, la Lega, tutto il resto non conta niente. Non contano i problemi del paese, non contano i problemi della maggioranza. Noi diciamo a tutti: aprite gli occhi prima che sia troppo tardi. Non è accettabile che questo partito possa determinare con le sue bizze il futuro del nostro paese». Così il leader dell’Udc al Tg1.

Un «governo a tempo, 90 giorni, con limiti temporali e di competenza per fare due leggi: legge elettorale e pluralismo». Lo propone Antonio Di Pietro, a RepubblicaTv. «Se questo Parlamento avesse la possibilità di cambiare partecipo volentieri ad un governo di transizione – ha detto il leader di Idv -. Ma conosco questi marpioni, per fare due leggi ci stanno due anni al governo».

«Non capisco come Bersani faccia la corte in modo umiliante a Fini e a Casini. Mi sembra anche un fatto masochistico», ha poi detto Di Pietro. «Invece di perdere tempo a leccare il di dietro di Fini e Casini chiediamo a Bersani di accordarsi con l’Italia dei Valori se vuole fare un matrimonio d’amore e non di interesse».

«Siamo per un sistema bipolare e in questo ambito non dialoghiamo e non facciamo ammiccamenti con Fini e con Casini, perché non vogliono stare nel centrosinistra», ha aggiunto il presidente Idv. «Noi intendiamo costruire un centrosinistra che rivendichi orgogliosamente le proprie priorità programmatiche, a cominciare da occupazione, solidarietà, legalità e questione morale. Su questi temi intendiamo costruire una coalizione che abbia come asse portante Idv e Pd e quegli altri partiti della sinistra che ci vogliono stare, a cominciare da Vendola, e poi i movimenti e le associazioni. Tutto questo può vincere, se il Pd decide con chi vuole stare. Il cerino all’opposizione è in mano al Pd, che deve dire se sta da questa o da quella parte. Noi non intendiamo stare né con Berlusconi né con Cuffaro».

Silvio Berlusconi riferira’ in aula alla Camera a fine settembre: e’ quanto deciso dalla conferenza dei capigruppo. La presenza di Berlusconi sara’ probabilmente legata alla discussione sui cinque punti che il governo intende presentare per la fiducia dell’Aula.

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La risposta di Gianfranco Fini a Berlusconi e Bossi arriva in diretta dal Tg La 7 di Enrico Mentana. Non mi dimetto e la legislatura durerà altri tre anni. «Andare a votare adesso è da irresponsabili. Il governo deve pensare a governare. Siamo disponibili a discutere come tradurre in concreto i punti del programma con la Lega e con Forza Italia allargata come l’ho chiamata – dice Fini a chiare lettere – Futuro e libertà sosterrà i punti che Berlusconi presenterà. Ovviamente chiederà di contribuire a scrivere punti. Il governo non deve cercare il modo per andare a votare.

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Il governo deve governare, deve occuparsi dei problemi dell’economia, deve occuparsi dei problemi della sicurezza dei cittadini. Siamo in una condizione sociale estremamente preoccupante, i deputati di Futuro e libertà sono pronti a discutere con Forza Italia allargata, perchè il Pdl non c’è più, e con la Lega, come tradurre in concreto i punti del programma, a partire dalla riduzione delle tasse».

Tanto rumore per nulla. Così Fini condensa gli avvenimenti delle ultime ore. «Berlusconi e Bossi non saliranno al Colle – dice a Mentana – Se lo facessero darebbero al mondo una dimostrazione di analfabetismo del diritto costituzionale. Costituzione alla mano non si chiedono le dimissioni dei presidenti della Camera e del Senato. Faccio invece una previsione: saliranno al Colle per parlare della situazione politica, perché mi sembra naturale e doveroso».

Pensa di dimettersi? chiede Mentana. «Francamente no, a meno che non mi si dimostri che sono venuto meno ai miei doveri di prsidente della Camera. Non mi è vietato fare politica, ho il dovere di far rispettare il regolamento. Sono presidente della Camera, per ora e per tutta la legislatura».

Le rimproverano di non rappresentare la maggioranza, osserva il direttore del Tg La7. «Se me lo dicono gli rispondo che non sono i proprietari delle istituzioni. Sarebbe molto grave, in particolare per il presidente del Consiglio, se qualcuni dicesse “ti abbiamo eletto noi”. Bossi, che è un simpaticone, parla di trasloco di Fini come se la Camera fosse la dependance del Governo. Ma per fortuna i poteri sono divisi e quello legislativo è separato da quello esecutivo».

«In caso di crisi di governo e cioè se il presidente Berlusconi dovesse ritenere di non avere più la maggioranza, la parola passa al Capo dello Stato. Fli ha detto e conferma che vuole che legislatura vada avanti e si dia corso al programma di governo, ovviamente da discutere».

Se elezioni, Fli prontissima. Parlano delle elezioni Fini ribadisce che, nel caso ci dovesse essere il voto anticipato, gli esponenti di Futuro e Libertà sarebbero «prontissimi. Il mio auspicio è che chi è al governo non deve cercare il consenso, ma dimostrare di saper governare. Se dovesse prevalere l’irresponsabilità noi non ci sentiremo tra coloro che a cuor leggero vogliono andare alle elezioni, ma siamo pronti ad affrontarle, vogliamo fare politica».

Su Montecarlo nulla da nascondere. Quella della casa di Montecarlo «è una vicenda che quando sarà chiara farà ridere. Io non ho nulla da temere e nulla da nascondere», ha detto Fini, denunciando la «lapidazione mediatica» di cui è stato fatto oggetto. Ribadendo di «non essere mai stato lì» e chiedendo che chi dice il contrario «lo dimostri», Fini ha aggiunto di «attendere serenamente» che la magistratura accerti come sono andati i fatti. La campagna stampa di questa estate non ha minato il rapporto con Elisabetta Tulliani, anzi, ha raccontato Fini: «Ci ha unito ancora di più», ha detto chiedendo a Mentana se non fosse il direttore di una Novella 3000.

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Bossi insiste: “Al Quirinale con Berlusconi”. E il Pdl torna in piazza a Milano il 3 ottobre.

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(WSI) – Dopo la strategia messa a punto con la Lega Silvio Berlusconi studia una exit strategy per non farsi logorare dai finiani stretto tra le pressioni della Lega che punta dritto sulle elezioni anticipate ed alcuni dubbi emersi nel Pdl oggi sulle soluzioni da adottare per raggiungere l’obiettivo. Ma il Cavaliere intende salire al più preso al Colle per parlare con Giorgio Napolitano. Un colloquio con il presidente della Repubblica per illustrare la gravità della situazione alla luce dell’intervento di Gianfranco Fini domenica a Mirabello. Un intervento che non ha fatto altro che aggravare una situazione ritenuta dal premier ormai insostenibile da tempo.

Il vertice del Pdl Nel lungo vertice del Popolo della libertà, con i capigruppo, i coordinatori, i ministri Frattini, Matteoli e Vito, ed i sottosegretari Letta e Bonaiuti, si sarebbe discusso proprio di questo, facendo riferimento anche al documento uscito stanotte dopo il vertice con la Lega ad Arcore. Nel corso della riunione qualcuno dei presenti avrebbe comunque invitato il Cavaliere a riflettere sulla opportunità di recarsi al Quirinale senza un fatto concreto che certifichi che la maggioranza non c’è più. Il premier, a quanto riferiscono diversi partecipanti, avrebbe però ricordato la forte pressione di Umberto Bossi per andare alle elezioni il prima possibile. E, alla resa dei conti, avrebbe aggiunto, le elezioni resterebbero comunque l’unica strada praticabile anche per il Pdl di fronte all’impossibilità di governare.

Le dimissioni di Fini da Montecitorio Il convitato di pietra della riunione è stato Gianfranco Fini. Lo stato maggiore del Pdl, riferisce più di un presente, ha ben presente che non è possibile tecnicamente chiedere le dimissioni del presidente della Camera, certo è che se il Parlamento restasse in stallo o in una situazione di ingovernabilità, si ragiona, proprio Fini dovrebbe prenderne atto e fare un passo indietro. La linea del partito sarà tracciata domani sera nel corso della riunione dell’ufficio di presidenza, un incontro in cui si farà anche il punto sul ruolo dei finiani all’interno del Pdl. Non è escluso che si parli anche del capitolo Giustizia. Il premier nei giorni scorsi aveva annunciato che nei cinque punti da sottoporre alla fiducia della maggioranza non si sarebbe fatto accenno al processo breve, ma sembra il tema resti sempre di stretta attualità. Ed è per questo che lo stesso Cavaliere avrebbe fatto il punto con i fedelissimi sulla possibilità di cercare convergenze parlamentari anche su questo argomento. Come su altre misure, come il lodo Alfano costituzionale.

Il Pdl in piazza il 6 ottobre Una grande manifestazione di piazza a Milano, il 6 ottobre, per parlare ai cittadini, spiegare i cinque punti su cui si misurerà la maggioranza e spiegare “le cose fatte dal governo fino a qui”. Sarebbe questa una delle decisioni prese questo pomeriggio a palazzo Grazioli durante il vertice del Pdl con Silvio Berlusconi. Secondo quanto si è appreso il premier, in occasione della festa del Pdl che si terrà appunto il 3 ottobre nel capoluogo lombardo, interverrà personalmente e terrà un comizio.

Bossi conferma la via del voto “Meglio andare subito al voto, prima si fa meglio è. Anche a novembre. Stare nel pantano non sta bene. In questi giorni sapremo cosa fare dopo aver incontrato il presidente Napolitano”. Certo, per la Lega gli spazi ormai sono ridotti al lumicino, se non addirittura azzerati. “Alla fine – aggiunge infatti il Senatùr – bisognerà andare alle elezioni. Fini si è tirato fuori dal partito di maggioranza. C’é la Lega, ma quando non ci sono i numeri cosa dobbiamo fare?”. Il Carroccio, dunque, sembra determinato: o le cose si chiariscono in fretta o si va al voto. Quando? Anche prima della fine dell’anno, dice Bossi, visto che esiste “la possibilità tecnica di andare alle urne prima di Natale”, anche se “è un po’ più complesso”.

Bocchino dice no Le dimissioni di Fini non ci saranno. Il comunicato diffuso da Berlusconi e Bossi ieri sera al termine del vertice di Arcore, secondo Italo Bocchino, capogruppo di Fli a Montecitorio, è “una non-risposta alle questioni politiche che Fini ha avanzato. Per non rispondere c’è un’aggressione che viola il principio costituzionale della separazione dei poteri. Berlusconi si lamenta che il potere giudiziario sconfina nel potere esecutivo, ma poi lui fa sconfinare il suo potere esecutivo in quello legislativo”. Le dimissioni vengono chieste “per intimorire Fini, ma non ci saranno. La sfiducia del presidente della Camera non è prevista, in questo modo si apre solo un conflitto istituzionale”. Anche Carmelo Briguglio esclud “una sfiducia a Fini in Parlamento” perché “non prevista dalla Costituzione”. “Aspettiamo gli sviluppi – spiega l’esponente del Fli – ma escludiano dimissioni del Presidente della Camera”.

Pisanu: “Prassi incostituzionale” Secondo il presidente della comissione Antimafia, Giuseppe Pisanu, “l’intenzione del premier e Bossi di andare al Colle per chiedere le dimissioni del Presidente della Camera Gianfranco Fini non è prassi costituzionale, non si vedono nè infrazioni costituzionali nè di tipo regolamentare che possano motivare la richiesta di dimissioni”. “Le posizioni di Fini – afferma Pisanu – sono criticabili e censurabili come si vuole ma sul resto è meglio andare con cautela ma sono convinto che Berlusconi e Bossi conoscano bene i limiti costituzionali della vicenda e Napolitano li rispetterà con il consueto scrupolo”.

Bersani: “Voto? Nè impreparati né preoccupati” Il partito democratico sarebbe pronto in caso di un eventuale voto anticipato, ma deve essere chiaro che la ‘colpa’ di una precipitazione degli eventi sarebbe del presidente del Consiglio. Lo ha spiegato Pierluigi Bersani a margine di un convegno del Pd replicando, in particolare, a chi gli chiedeva dell’ultima sollecitazione di Nichi Vendola sulle primarie. “Prima di tutto, se si arriva alle elezioni deve essere chiaro che è Berlusconi che ci porta lì, che le elezioni anticipate hanno un padre e una madre – ha spiegato il segretario del Pd – e poi capita, noi non siamo impreparati ma neanche preoccupati”.

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«La decisione del presidente del consiglio Silvio Berlusconi e del ministro per le riforme Umberto Bossi di chiedere formalmente le dimissioni del presidente della Camera Gianfranco Fini è politicamente inaccettabile e grave sotto il profilo istituzionale, violando il principio costituzionale della separazione tra poteri». Lo dichiara in una nota il capogruppo di Futuro e Libertà per l’Italia, Italo Bocchino.

«SI RICORDINO» – «A Berlusconi e Bossi -continua Bocchino – va inoltre ricordato che furono proprio loro a inaugurare nel 1994 la stagione dei presidenti delle Camere di parte, che fino ad allora erano sempre stati concordati con l’opposizione o addirittura assegnati alla minoranza nell’ottica di favorire la nascita di un contrappeso parlamentare. Tale prassi fu modificata quando Berlusconi e Bossi indicarono Carlo Scognamiglio e Irene Pivetti ai vertici di Palazzo Madama e Palazzo Montecitorio». «Successivamente sempre Berlusconi e Bossi – ribadisce il capogruppo di FLI – hanno inaugurato nel 2001 la stagione dei presidenti di Parlamento leader di partito, eleggendo Pierferdinando Casini allo scranno più alto di Montecitorio. Tale innovazione si è poi consolidata con l’elezione di Fausto Bertinotti prima e di Gianfranco Fini poi». «Tutto ciò dimostra pertanto che la richiesta di Berlusconi e Bossi è strumentale, irrituale e irricevibile ed è gravissima sotto il profilo istituzionale, considerato che la terzietà riguarda il ruolo e non la personalità politica, riguarda la conduzione del ramo parlamentare presieduto e non la libera espressione dei propri convincimenti politici», conclude Bocchino.

“Non si è mai visto che il presidente del Consiglio e un ministro della Repubblica si presentino dal capo dello Stato per far liberare il posto da presidente della Camera! Questi, Berlusconi e Bossi, non hanno proprio in mente quali siano le regole istituzionali”. Così Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del Pd, risponde dai microfoni di ‘Radio Anch`io’ su RadioUno Rai all’iniziativa concordata ieri durante il vertice di Arcore.

“Noi pensiamo – ha continuato Ventura – che la priorità assoluta per questo Paese siano il lavoro e lo sviluppo. Bisogna affrontare l`enorme numero di cassintegrati, la questione dei precari della scuola, la disoccupazione giovanile, ma se si apre una crisi siamo pronti a una coalizione che predisponga una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere e che dia stabilità. Perché, a differenza di quello che dice Cicchitto, questo Porcellum ha funzionato malissimo se è vero, e lo è, che la legislatura precedente è durata meno di due anni e questa è già in crisi nonostante i numeri”.

“Il nostro candidato, come dice lo statuto del Pd, è il segretario Pierluigi Bersani”, ha risposto Ventura alla domanda sull`eventualità di primarie. “Vendola? Bisognerà vedere quale sarà la coalizione, ma, insieme ad altri, è certamente una risorsa”, ha concluso.

Dal canto suo Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e tra i collaboratori più stretti e ascoltati dal presidente del Consiglio, ha sottolineato che in caso di elezioni anticipate Silvio Berlusconi le vincerebbe ancora, ma è comunque meglio evitare il trauma.

“Di sicuro ce la fa” a fare una campagna elettorale, ha detto il numero uno del Biscione, “però speriamo non si vada a elezioni, sono sempre un trauma”.

In ogni caso, ha aggiunto Confalonieri alla presentazione della Fondazione Mike Bongiorno, il premier uscirebbe vincitore dal confronto elettorale, “ma bisogna vedere come le vinci le elezioni, se le vinci avendo una maggioranza grande o no”.

Quanto alla definizione di Gianfranco Fini come di un traditore, il presidente di Mediaset ha concluso dicendo che “sono parole che non mi appartengono”.

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Durante la notte il leader della lega, Umberto Bossi, ha sintetizzato al termine del vertice con il premier Silvio Berlusconi la linea condivisa da “tutti” i presenti all’incontro. “Il primo passo non sarà quello delle dimissioni” del governo, ma quello di “chiedere che Fini sia spostato dalla presidenza della Camera. Per ora è questo”.

La Lega poi è tornata a spingere con forza per le elezioni, già in autunno. Ma Berlusconi è cauto e frena l’alleato. Sono queste le posizioni emerse nel vertice ad Arcore tra il Cavaliere e Umberto Bossi, convocato dopo il discorso di Gianfranco Fini.

Con i due leader c’erano i consiglieri più stretti: Denis Verdini e Niccolò Ghedini con il presidente del Consiglio; Roberto Calderoli, Roberto Maroni accanto al Senatùr. Assente, perché impegnato all’Ecofin, Giulio Tremonti.

Fini si è mostrato “ostile” alla maggioranza e ha usato parole “inaccettabili” che lo rendono incompatibile con il ruolo superpartes di presidente della Camera. E di questo Silvio Berlusconi e Umberto Bossi intendono parlare al più presto con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E’ quanto si legge in una nota al termine del vertice di Arcore.

“Nel corso dell’incontro tenutosi questa sera ad Arcore, le dichiarazioni dell’on. Gianfranco Fini – si afferma – sono state unanimemente giudicate inaccettabili. Le sue parole sono la chiara dimostrazione che svolge un ruolo di parte ostile alle forze di maggioranza e al governo, del tutto incompatibile con il ruolo super partes di presidente della Camera”. “Il presidente Berlusconi e il ministro Bossi nei prossimi giorni – si annuncia – chiederanno di incontrare il presidente della Repubblica per rappresentargli la grave situazione che pone seri problemi al regolare funzionamento delle istituzioni”.

LEGA: ELEZIONI 27-28 NOVEMBRE – Come da previsioni, nell’incontro la Lega Nord è tornata a fare pressing, ipotizzando nuovamente la strada del ritorno alle elezioni come la via migliore per uscire dalla difficile situazione venutasi a creare dopo la rottura nel Pdl. La Lega ha anche proposto una data per il ritorno immediato alle urne, quella del 27-28 novembre. Ma il Cavaliere avrebbe invece fatto presente le difficoltà di ottenere le urne già nel 2010, anche alla luce della posizione del Colle.

LA RUSSA – «Che la Lega spinga per andare al voto anticipato non è un segreto e i giornali sono pieni delle posizioni dei singoli esponenti che non devo scoprire io, ma noi confidiamo che la maggioranza possa andare avanti», ha detto il coordinatore nazionale del Pdl e ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in una pausa dell’incontro di Arcore, a Linea Notte del Tg3. La Russa ha spiegato che con Berlusconi e la Lega «è in corso una discussione amichevole in cui si valuta cosa è successo, le prospettive di andare avanti, ma anche che se si fosse costretti ad interrompere la legislatura, di andare al voto». Sul discorso di Fini, La Russa ha spiegato che più delle parole conteranno «gli atti parlamentari» aggiungendo che con l’ex leader di An «nessuno ha mai parlato di compromesso. Fini è presidente della Camera e non un capo di partito. Semmai è capo di un gruppo e, su questo, lo abbiamo avvertito».

PREVERTICE – Prima di ricevere la delegazione leghista, il Cavaliere ha fatto il punto con i «fedelissimi»: Franco Frattini, Mariastella Gelmini, Denis Verdini, Fabrizio Cicchitto, Niccolò Ghedini. Al telefono sente altri dirigenti e consiglieri, come Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. Quest’ultimo, in mattinata, si fa interprete delle colombe: a Mirabello, dice il portavoce, non c’è stato un fatto «traumatico»; il Governo andrà avanti con i «cinque punti». Ma ad Arcore prevale il pessimismo. Chi lo ha visto racconta di un Berlusconi di pessimo umore, deluso, scoraggiato. Ma al di là dello stato d’animo, quello che emerge è un premier indeciso sulle prossime mosse. Ripete che i nodi sollevati da Fini, lungi dall’essere politici, sono personali. Ma è su altro che concentra la sua attenzione: il suo timore è che quella accusa di «incompatibilità» contro l’ex leader di An si trasformi in un boomerang in caso di voto, mostrandolo come l’autore dello strappo. Circostanza che lo penalizzerebbe non poco nelle urne.

CICCHITTO – Ecco perché, come ha detto Cicchitto lasciando Arcore, lo show down dovrà avvenire in Parlamento, non prima. Solo in Aula il premier potrà verificare se il sospetto che i finiani intendano solo «logorare» e «vietnamizzare» (copyright di Osvaldo Napoli) il governo sia vero. Se così fosse Berlusconi è stato perentorio: se rottura sarà, dovrà essere imputabile unicamente a Fini e su un argomento non attinente alle vicende personali del premier, ma su tematiche che interessino i cittadini. Ecco spiegato lo stralcio del processo breve. Il tema non è stato ancora deciso, ma c’è chi scommette che i leghisti proporranno il federalismo come banco di prova visto che Fini ha chiesto che il Sud non venga penalizzato. Comunque sia, l’intento del Cavaliere è di restituire a Fini il cerino. Quello che emerge, dunque, è un Berlusconi ancora orientato a esperire tutti i tentativi prima di gettare la spugna e avviarsi – suo malgrado e sempre che il Quirinale non decida altrimenti – a delle rischiosissime elezioni anticipate. Con la roulette di numeri incerti soprattutto al Senato. Ma se è davvero così, il problema sarà frenare il pressing leghista che, almeno dalle dichiarazioni, sembra puntare dritto alle urne. «Se Berlusconi dava retta a me e andava alle elezioni Fini, Casini, la sinistra… tutti quanti scomparivano», ha ribadito Bossi, che torna a puntare il dito su un aspetto del discorso di Fini: l’apertura su una modifica della legge elettorale. Ancora più esplicito Roberto Cota: «Le parole di Fini pesano come macigni. Margini per ricostruire? La vedo difficile». Ed anche il solitamente ottimista Roberto Maroni vede poche alternative: «L’intervento di Fini apre tanti scenari: un immediato ricorso alle urne o un proseguimento della legislatura con un patto che però c’è già» Il sentiero per evitare il voto, dunque, è strettissimo. E passa per quei finiani ‘moderatì ai quali Berlusconi più volte si è appellato. Anche perchè il dialogo con l’Udc non sembra aver finora prodotto risultati concreti. Ma le speranze sono ridotte al lumicino. Tanto che anche i fedelissimi del Cavaliere iniziano a scalpitare: «Andiamo a votare a novembre o dicembre; a marzo sarebbe troppo tardi», taglia corto Francesco Giro. Mentre Daniele Capezzone ribadisce la richiesta di dimissioni dell’ex leader di An dallo scranno più alto di Montecitorio.

Il Pdl torna a chiedere le dimissioni del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Vertice serale a Villa San Martino, residenza ad Arcore di Silvio Berlusconi, tra il presidente del Consiglio e i determinati alleati leghisti, preceduto in giornata da una serie di incontri con Nicolò Ghedini, Fabrizio Cicchitto e i ministri Franco Frattini e Maria Stella Gelmini. Intanto il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, è tornato a chiedere le dimissioni del presidente della Camera.

Ad Arcore questa sera sono presenti Berlusconi, con Verdini, La Russa e Ghedini, e Bossi con Calderoli e Maroni. Oltre a loro il segretario della Lega Lombarda Giancarlo Giorgetti, il governatore del Piemonte Roberto Cota e il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. L’orientamento della Lega è per un’accelerazione della crisi.

La Lega ribadisce di essere pronta ad andare al voto di fronte ad uno stallo della maggioranza. Ma Berlusconi vuole verificare il comportamento dei finiani in Aula. La delegazione del Carroccio, stasera avrebbe azzardato l’ipotesi di un voto anticipato a fine novembre, proponendo le date del 27 e 28. «Si tratta solo di un’ipotesi, loro sono più propensi di noi al voto, anche se tutti siamo favorevoli ad andarci se non fosse possibile governare. Ma al momento il Pdl è più favorevole a verificare come stanno le cose in Parlamento», riferisce una fonte del centrodestra. Su questa linea si sarebbe espresso anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni.

La Russa: «Che la Lega spinga per andare al voto anticipato non è un segreto e i giornali sono pieni delle posizioni dei singoli esponenti che non devo scoprire io, ma noi confidiamo che la maggioranza possa andare avanti. Se così non fosse non sarà colpa nostra e siamo pronti al voto», dice il coordinatore nazionale del Pdl e ministro a vertice di Arcore ancora in corso, intervenendo a Linea Notte del Tg3. La Russa ha spiegato che con Berlusconi e la Lega «è in corso una discussione amichevole in cui si valuta cosa è successo, le prospettive di andare avanti, ma anche che se si fosse costretti ad interrompere la legislatura, di andare al voto». Premettendo che «la riunione va avanti», La Russa ha spiegato che quanto detto ieri da Fini «non è importante» in quanto detto «in un comizio. Conteranno invece gli atti parlamentari» aggiungendo infine che con l’ex leader di An «nessuno ha mai parlato di compromesso. Poi Fini è presidente della Camera e non un capo di partito. Semmai è capo di un gruppo e, su questo, lo abbiamo avvertito».

Berlusconi: se sarà crisi, la responsabilità ricada su Fini. Berlusconi è determinato ad evitare che l’eventuale crisi sia imputabile a lui. Chi lo ha incontrato racconta di un premier decisamente deluso dal discorso di Fini, ma intenzionato a guardare avanti. Berlusconi continua a chiedersi come sia possibile che problemi di natura personale stiano trascinando il Paese verso una crisi che di politico secondo lui ha ben poco. Il pericolo che il Cavaliere intravvede è quello di restare con il cerino in mano, nel timore che l’ufficio di presidenza che ha dichiarato l’incompatibilità dell’ex leader di An con il Pdl, faccia apparire il premier come l’autore dello strappo. Circostanza che rischia di penalizzarlo nelle urne.

Ecco perchè, ha detto Cicchitto, lo show down dovrà realizzarsi in Parlamento: tutto dipenderà «da come andranno le cose rispetto al confronto politico parlamentare». Si deve cioè verificare se il sospetto che i finiani intendano solo «logorare» il governo sia fondato. Se così fosse l’unica alternativa sarebbe quella di mettere il gruppo di Fli con le spalle al muro in Aula. Il tema non è stato ancora individuato. L’unica raccomandazione che ha ripetuto Berlusconi ai suoi è stata di evitare argomenti che potrebbero essere utilizzati contro di lui: in sostanza, se rottura sarà, dovrà essere imputabile unicamente a Fini e su un argomento non attinente alle vicende personali del premier (ecco spiegato lo stop al processo breve), ma piuttosto a tematiche che interessino davvero gli elettori.

Il 76% degli italiani ha apprezzato il discorso di Fini. «Quali sono le opinioni degli italiani rispetto all’atteso intervento fatto ieri da Gianfranco Fini a Mirabello? Lo ha verificato per Generazione Italia l’istituto Crespi Ricerche attraverso un panel di individui che ieri hanno visto o ascoltato il discorso e che per il 76% lo ha giudicato complessivamente positivo. Il 63% esprime un giudizio positivo sulle posizioni assunte rispetto al Pdl, Berlusconi e il Governo». Lo scrive il sito di Generazione Italia. «Più tiepida, con un giudizio positivo del 51% degli intervistati, è la reazione rispetto a quanto dichiarato sulla vicenda di Montecarlo che quest’estate ha riempito le pagine dei giornali. La metà del campione si dichiara d’accordo con Fini quando dice che il Pdl non esiste più, anche se il 70% non crede che andrà avanti senza ribaltoni o cambi di campo».

Fini: il Pdl non c’è più. A Mirabello Fini ieri ha definito stalinista la sua espulsione, ma ha poi assicurato: niente ribaltone. Quindi ha proposto un patto di legislatura a tre al premier Silvio Berlusconi e al leader della Lega Umberto Bossi. Governare non può mai, in alcun modo, significare comandare, serve rispetto per il Parlamento, ha detto ancora il presidente della Camera nel discorso di ieri a Mirabello durato circa un’ora e mezzo in cui ha attaccato più volte il presidente del Cosiglio. Fini ha chiesto poi di rispettare tutte le istituzioni, a partire dal Colle e dalle toghe, caposaldo della democrazia. Il presidente della Camera ha definito quindi il garantismo sacrosanto, ma ha anche sottolineato che questo non deve essere “impunità permanente”. Sì quindi a uno scudo per il premier, ma no a leggi ad personam.

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni torna a minacciare il voto subito, dopo che ieri il leader della Lega, Umberto Bossi, aveva già detto: «Per Berlusconi la strada è molto stretta: se tutti i giorni deve andare a chiedere i voti a Fini e a Casini per far passare una legge non dura molto».

Un nuovo patto per finire la legislatura? «Un patto di governo c’è già ed è quello preso con le elezioni. Se l’intenzione dei finiani è di continuare ad attuarlo, non c’è problema; ma se invece quel patto viene violato, il problema c’è ed è serio – ha detto Maroni chiudendo le porte a ogni ipotesi di un nuovo accordo – L’intervento di Fini apre tanti scenari. Una fine traumatica della maggioranza con immediato ricorso alle urne o un proseguimento della legislatura con un patto che, e su questo sono d’accordo con Umberto Bossi, che però c’è già». Quanto all’ipotesi di votare in primavera Maroni ha sottolineato che il Viminale «è sempre pronto per il voto», ma solo se, ha concluso, ci sono «le condizioni» e cioè «se e quando il presidente della Repubblica deciderà».

Bersani: Berlusconi vada al Quirinale. «Qualsiasi ennesimo tentativo di coprire la situazione con pezze a colori non potrebbe nascondere la crisi politica del centrodestra. Il rischio vero che abbiamo davanti è che questa crisi la paghi il Paese, a fronte di politiche di governo fino a qui inefficaci e da domani completamente impotenti. Meglio prendere la strada maestra e riconoscere la crisi politica, affidandosi come la Costituzione richiede al Presidente della Repubblica e al Parlamento», dice il segretario del Pd a proposito dell’incontro di questa sera tra Berlusconi e Bossi e della riunione del Pdl di domani.

Rotondi: «Nessuno ci ha consultato nemmeno oggi. Le agenzie di stampa e i tg dicono che il premier ha consultato i fedelissimi, per ora prendiamo atto di non essere tra questi. Intanto loro fanno i vertici e fanno chiacchiere ed io preparo le elezioni con i miei», dice il ministro, che oggi ha sentito il sottosegretario Giovanardi, il governatore Caldoro e i parlamentari Dc/Psi.

Fini non è super partes e quindi è incompatibile col suo ruolo istituzionale, queste le prime dichiarazioni trapelate dal lungo vertice tra Berlusconi e Bossi a villa San Martino. “Nel corso dell’incontro tenutosi questa sera ad Arcore, le dichiarazioni dell’onorevole Gianfranco Fini sono state unanimemente giudicate inaccettabili. Le sue parole sono la chiara dimostrazione che svolge un ruolo di parte ostile alle forze di maggioranza e al governo, del tutto incompatibile con il ruolo super partes di presidente della Camera”. È quanto si legge in un comunicato diffuso al termine del vertice di Arcore tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il leader della Lega, Umberto Bossi. “Il presidente Berlusconi e il ministro Bossi – viene aggiunto – nei prossimi giorni chiederanno di incontrare il presidente della Repubblica per rappresentargli la grave situazione che pone seri problemi al regolare funzionamento delle istituzioni”.

Spunta l’ipotesi: 27-28 novembre alle urne La delegazione del Carroccio, secondo qualcuno, avrebbe anche azzardato l’ipotesi di un voto anticipato a fine novembre, proponendo le date del 27 e 28. “Si tratta solo di un’ipotesi, loro sono più propensi di noi al voto, anche se tutti siamo favorevoli ad andarci se non fosse possibile governare. Ma al momento il Pdl è più favorevole a verificare come stanno le cose in Parlamento”, riferisce una fonte del centrodestra bene informata sull’andamento dell’incontro. Sottolineando che su questa linea si sarebbe espresso anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni.

La Russa: “Pronti ad andare avanti, ma anche al voto” Che la Lega spinga per andare al voto anticipato “non è un segreto” e “i giornali sono pieni delle posizioni dei singoli esponenti che non devo scoprire io”, ma “noi confidiamo che la maggioranza possa andare avanti”. Se così non fosse “non sarà colpa nostra e siamo pronti al voto”. Così il coordinatore nazionale del Pdl e ministro della Difesa, Ignazio La Russa, fotografa la situazione, a vertice di Arcore ancora in corso, nella maggioranza. Intervenuto a Linea Notte del Tg3 La Russa ha spiegato che con Berlusconi e la Lega “è in corso una discussione amichevole in cui si valuta cosa è successo, le prospettive di andare avanti, ma anche che se si fosse costretti ad interrompere la legislatura, di andare al voto”. Premettendo che “la riunione va avanti”, La Russa ha spiegato che quanto detto ieri da Fini “non è importante” in quanto detto “in un comizio. Conteranno invece – ha sottolineato – gli atti parlamentari” aggiungendo infine che con l’ex leader di An “nessuno ha mai parlato di compromesso. Poi – ha aggiunto – Fini è presidente della Camera e non un capo di partito. Semmai è capo di un gruppo e, su questo, lo abbiamo avvertito”.

L’umore del premier Chi ha raccolto le confidenze di Berlusconi oggi ad Arcore, racconta di un presidente del Consiglio decisamente deluso dal discorso di Fini, ma intenzionato a guardare avanti. Ad andarlo a trovare sono stati in diversi: in mattinata i ministri Mariastella Gelmini e Franco Frattini; all’ora di pranzo i vertici del Pdl, Fabrizio Cicchitto, Denis Verdini e Niccolò Ghedini. Il premier, a quanto si apprende, continua a chiedersi come sia possibile che problemi di natura personale stiano trascinando il Paese verso una crisi che di politico, a suo giudizio, ha ben poco. Ma al di là di queste considerazioni, il pericolo più imminente che il Cavaliere continua ad intravede è quello di restare con il cerino in mano. Il timore che aleggia ad Arcore è che l’ufficio di presidenza che ha dichiarato “incompatibilità” dell’ex leader di An con il Pdl, faccia apparire il premier come l’autore dello strappo. Circostanza che, soprattutto in caso di elezioni, rischia di penalizzarlo nelle urne. Ecco perché, come ha detto Cicchitto uscendo, lo show down dovrà realizzarsi necessariamente in parlamento: tutto dipenderà, ha ribadito il capogruppo del Pdl alla Camera, “da come andranno le cose rispetto al confronto politico parlamentare”. Tradotto: si deve verificare se il sospetto che i finiani intendano solo “logorare” il governo sia fondato. Se così fosse, si è ragionato ad Arcore, l’unica alternativa sarebbe quella di mettere il gruppo di Fli con le spalle al muro in aula. Il tema su cui farlo non è stato ancora individuato. L’unica raccomandazione che ha ripetuto Berlusconi ai suoi è stata quella di evitare argomenti che potrebbero essere utilizzati strumentalmente contro di lui: in sostanza, se rottura sarà, dovrà essere imputabile unicamente a Fini e su un argomento non attinente alle vicende personali del premier (ecco spiegato lo stop al processo breve), ma piuttosto a tematiche che interessino davvero gli elettori.

Stato maggiore del Pdl Oggi sarà la volta del Pdl: un summit con i vertici del partito. Silvio Berlusconi, a meno di cambiamenti di agenda, riunirà infatti lo stato maggiore del Popolo della libertà per una colazione di lavoro nel primo pomeriggio a palazzo Grazioli. Dovrebbero partecipare all’incontro i capigruppo e coordinatori del Pdl, il Guardasigilli Angelino Alfano, i sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti.

Bossi: “Se Berlusconi mi dava retta andava alle elezioni” “C’era un presidente della Repubblica che non voleva le elezioni anticipate, ma bastava mandare un milione di scalmanati a Roma e vedevi che succedeva – ha detto il leader della Lega Umberto Bossi – se Berlusconi dava retta a me e andava alle elezioni, Fini, Casini, la sinistra, tutti questi scomparivano”. “Il patto che ci interessa è quello elettorale. Non può essere diversamente – ha concluso il leader leghista – una legge elettorale non ci può essere. E’ la lunga mano della sinistra. A me non interessa”

Maroni: “Pronti a votare anche domani” “Con il discorso di Fini di ieri si sono aperti molti scenari, c’è stata la fine traumatica della maggioranza, io sono per l’immediato ricorso alle urne”: il ministro dell’Interno Roberto Maroni si dice pronto alle elezioni, anche domani perché “nelle parole di Fini non vedo possibilità di andare avanti nella legislatura. Condivido le parole di Bossi – ha aggiunto Maroni – non c’è un problema di patto di governo, il patto c’è già, quello con i cittadini”. Il ministro dell’Interno ha affermato che “il Ministero è sempre pronto per attuare le procedure di votazione, se e quando il presidente della Repubblica deciderà. L’ufficio elettorale è sempre allertato, si può votare anche domani”, ha concluso Maroni che si trova a Parigi per un seminario ministeriale sul tema dell’asilo e della lotta contro l’immigrazione irregolare.

Bonaiuti: “Nessun trauma…” Il discorso di Fini non rappresenta un “fatto traumatico” e il governo andrà avanti portando all’esame del parlamento i “cinque punti” su cui il Pdl ha scelto di verificare la tenuta della maggioranza. Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, lo dice durante una videochat sul sito web del Tg1. “Sono anni che ci sono questi discorsi, che sono in ballo gli attacchi di Fini e dei finiani, non è che l’abbiamo scoperto oggi. Il discorso di ieri era nella linea di una serie di intenzioni politiche espresse in questi due anni. Non è che sia avvenuto un fatto traumatico e dirompente”. Dunque, per Bonaiuti non ha senso chiedersi se le elezioni sono più vicine: “Non do mai questi giudizi, significa che ci vestiamo da mago Zurlì… Stiamo al giorno per giorno. Dipende da come andrà il confronto in parlamento, andiamo a vedere, ci sono questi cinque punti che sono la continuazione di un programma che abbiamo cominciato a realizzare ed è quello su cui tutti i deputati del Pdl, della Lega, sono stati eletti”.

Cicchitto: “Fini lasci Montecitorio” Il ruolo di presidente della Camera non può sommarsi a quello di capo-partito, è una “contraddizione” di cui Fini deve “farsi carico”. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, polemizza con Fini, gli rimprovera di avere prodotto un “vulnus di notevoli proporzioni” con le posizioni assunte sulla legge elettorale e lo invita a “non dare lezioni”. “Per quello che riguarda il presente e il futuro, nel momento in cui il presidente Fini dichiara che il Pdl è finito e dà vita a Futuro e libertà, che ha già il suo gruppo parlamentare, è evidente che, se non ci troviamo di fronte a un nuovo partito, poco ci manca. Per quello che riguarda il futuro, bisogna capire e verificare il più rapidamente possibile se ci troviamo di fronte a una linea fondata sulla contrattazione politica, oppure sull’intenzione di logorare fino allo sfinimento il governo Berlusconi. Il presidente della Camera deve essere per definizione al di sopra delle parti anche per gli enormi poteri istituzionali di cui individualmente gode. Nessuno può contestare che oggi il presidente Fini è in a prima linea nello scontro politico: ha fondato un nuovo gruppo parlamentare e ha creato le premesse per la nascita di un nuovo soggetto politico. Fra i due ruoli c’è una contraddizione evidente della quale egli stesso si deve far carico”.

La risposta di Berlusconi ad Atreju Il presidente del Consiglio risponderà a Fini chiudendo la festa di Atreju 2010, domenica 12 settembre alle 11 al Parco del Celio a Roma. Sarà intervistato, come da tradizione, dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, incontrerà i ragazzi e risponderà alle loro domande. Il premier doveva aprire la festa di Atreju mercoledì 8 alle 18 ma “per quel giorno – ha spiegato il ministro – è previsto uno dei peggiori nubifragi degli ultimi anni. Sarà la prima uscita pubblica di Berlusconi dopo le vacanze saranno raccontate le sfide che il governo si propone. Il premier risponderà inoltre al discorso pronunciato ieri dal presidente Fini a Mirabello”. Il ministro ha precisato che “anche il presidente della Camera, come ogni anno, era stato invitato alla festa di Atreju, ma non è stato possibile incastrare la sua presenza con i suoi impegni”.